Il bambino. Varsavia 1943. Fuga impossibile dall'orrore nazista
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quelle braccia alzate..
Una storia fotografica ci accompagna lungo gli anni di pura crudeltà europea, gli anni della Seconda Guerra Mondiale, gli anni dell’idea di sterminio di un popolo: gli ebrei. Un racconto che ripercorre la storia dai primordi dell’ideologia nazista e i suoi primi accenni, nel 1913, fino ad arrivare agli anni ’80 che hanno visto la popolazione ebraica insediata in una nuova terra concessa dagli inglesi: la Terra d’Israele dove era destinata a nascere “una nuova società libera ed egualitaria”. Dan Porat nota nel museo dell’Olocausto di Gerusalemme, lo Yad Vashem, la fotografia di donne che escono in fila da un portone, tenute sotto tiro da soldati nazisti, e in primo piano un bambino con un berretto in testa, le mani in alto e l’espressione terrorizzata. È da questa immagine simbolo dell’Olocausto che Porat nel suo libro “Il Bambino. Varsavia 1943: fuga impossibile dall’orrore nazista” (Rizzoli, pag. 318, € 15,00) parte per fare una inchiesta storiografica del periodo e una ricerca sull’identità del fanciullo.
“Molti, quasi tutti, invocano Dio. Muto come una sfinge, Dio non risponde. E voi, popoli della Terra, perché tacete, non vedete che ci stanno uccidendo? Perché non dite niente?” così una giovane donna del ghetto racconta quei terribili giorni sul suo diario. Lo studio si basa principalmente su un resoconto tecnico della campagna Gross Aktion – la distruzione del ghetto di Varsavia – ordinata dal Reichsführer Heinrich Himmler e guidata dal generale delle SS Jürgen Stroop che viene reso testimonianza di altro valore storico grazie alle fotografie scattate durante l’impresa. Parallelamente al rapporto del generale si intrecciano storie di vita sia dei cacciatori, tra cui quella del generale Stroop – dai primi accenni di idealismo nazionale al processo -, che delle prede, tra cui Rivkah – una ragazza ebrea attiva nella resistenza. Grazie al superstite Natanya Tsvi Nussbaum (1935-2012) che ha raccontato la sua dolorosa esperienza durante la guerra, l’autore è riuscito a donarci un romanzo basato su testimonianze incrociate a date e fatti storici. L’obiettivo di Porat è di far sì che parole e immagini si aiutino a vicenda per salvaguardare i sentimenti delle persone e promuovere il loro sapere.
Pubblicato sul giornale “Il Tempo” di Roma