Il ballo delle pazze
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Un'occasione persa
Poteva essere molto interessante approfondire l'argomento dei manicomi femminili nella Francia di fine '800, dello stato in cui vivevano le donne che vi erano rinchiuse e del modo in cui venivano "utilizzate" come cavie. Poteva essere anche un'occasione per capire con che criterio vi venissero richiuse: erano davvero pazze o bastava che la famiglia volesse liberarsi di loro e pagasse per farle rinchiudere? Di certo non lo scopriremo con questo romanzo in quanto tutti gli interessanti spunti che dà non vengono approfonditi, è tutto molto superficiale e abbozzato. Francamente non lo consiglierei, mi piacciono i romanzi un po' più strutturati e che raccontano molto anche riguardo al contesto storico e sociale.
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Realmente pazze?
Nella Parigi di fine Ottocento sorge un luogo separato dal resto della città, un ospedale, un manicomio femminile, la Salpêtrière, in cui vengono recluse donne considerate scomode dalla società misogina dell’epoca. Qui ogni anno si svolge “il ballo delle pazze”, un evento atteso con impazienza dalle alienate che, mascherate e agghindate per l’occasione, diventano una forma di intrattenimento per i borghesi parigini, accorsi per soddisfare la propria curiosità sul misterioso ospedale del Dottor Charcot.
Alla Salpêtrière si incontrano Eugénie, Thérèse, Luoise e Geneviève, quattro donne molto diverse tra loro, le cui storie però si intrecciano, poiché accomunate – ognuna a modo suo – dalla volontà di ribellione allo strapotere maschile.
Con il suo Ballo delle pazze – romanzo che, seppur breve, risulta ben sviluppato e convincente –Victoria Mas, autrice esordiente francese, conduce il lettore tra le mura della Salpêtrière, tracciando un interessante spaccato di una società in cui le donne isteriche e pazze dovevano essere a tutti i costi controllate, anche a prezzo di cure disumane. Ma saranno davvero pazze le donne della Salpêtrière?
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Una follia
Libro interessante, a volte crudo, alte volte inquietante nelle verità che ci racconta. La vicenda si svolge in u manicomio nella Parigi di fine ottocento. Quello che succede dentro l'ospedale è il riflesso di quello che accade fuori: ciò che è diverso, che non si riesce a controllare o modificare va contenuto in qualche modo. Così il manicomio diventa un luogo per nascondere le figli o le mogli che potrebbero provocare imbarazzo. Non un luogo di cura, ma un posto dove tenere il diverso, l'eccentrico, il ribelle. Ma non solo perché non farne oggetto di osservazione: a livello scientifico, invitando a vedere esperimenti scientifici ben oltre il limite del cattivo gusto e a volte della crudeltà. Ma no, andiamo oltre e organizziamo un ballo in maschera, sperando che una di queste donne abbia una crisi isterica e offra divertimento alla buona società.
Libro interessante, che pur romanzato, offre comunque molti spunti di riflessione, primo fra tutti quello di ricordare ancora una volta quanto è importante nascere nel periodo storico giusto.
Salpêtrière
«È una responsabilità che le sopraffà, una ribalta che le turba. In quelle donne che la vita non ha mai messo in luce, un interesse così poco consueto ha un effetto che sconvolge. Di nuovo.»
Luci e ombre si celano dietro la storia della Salpêtrière, quella casa di cura, quel gruppo ospedaliero, quel manicomio nato nel diciassettesimo secolo e destinato a ospitare tutte coloro che non rappresentavano la volontà comune, coloro che andavano ordine l’ordine precostituito, che erano titolari di un pensiero diverso da quello delineato dalla maggioranza. Sorto come luogo finalizzato ad accogliere i reietti, i barboni, le prostitute, i delinquenti di bassa lena, si trasforma ben presto in quella struttura per malate mentali atto a ricevere, isteriche, alienate, donne scomode per la loro condotta alla società maschile.
«I sogni sono pericolosi, Louise, soprattutto quando dipendono da qualcun altro.»
Quattro le storie che si intrecciano: quella di Eugénie, di Therese, di Luise e Geneviève. Donne con vite diverse e storie diverse ma che sono simbolo di ribellione a quel volere altrui che le esclude, che è espressione di razzismo e discriminazione ma anche di crudeltà gratuite. Donne che hanno pagato per quel desiderio di ambizione di chi, in quelle strutture, riteneva di poter trovare quella fama e quel successo che avrebbe fatto passare alla Storia.
«Preferisce credere che Blandine ci sia, che la accompagni, che vegli su di lei. Credere significa già aiutarsi.»
E non importa se per quella fama e quel successo sono altri a pagare. E non importa se per quel successo occorre dare spettacolo con ipnosi, elettroshock e “cure” disumane. Non importa di quel da queste verrà pagato.
Un romanzo corale che porta l’attenzione del lettore su una pagina del nostro passato sulla quale più volte ci siamo interrogati ma che ancora oggi chiede di essere conosciuta, compresa, analizzata. Per capire, per andare oltre il pregiudizio, per tenere conto di quell’anima che viene esposta a un ballo di follia che è metafora, simbolismo, apoteosi. Un titolo che si interroga altresì sui legami, le speranze, i desideri, le atrocità, le sconfitte, il vivere.
«Poche cose fanno male come veder invecchiare i propri genitori, constatare che quella forza, un tempo incarnata da persone che pensavamo immortali, ha lasciato il posto a una fragilità irreversibile.»