I giorni dell'eternità
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Recensione della Redazione QLibri
I giorni dell'eternità.
Il tanto atteso “I giorni dell’eternità” è l’ultimo capitolo della nota e complessa trilogia “The Century” di Ken Follet. In 1224 pagine il britannico si mette a dura prova, lecito è il quesito: sarà all’altezza delle aspettative dopo la realizzazione di due altrettanti tomi sulla storia del ‘900, romanzi di altissimo livello, dettagliati nel midollo, argomentati con maestria e delineati con la penna di uno dei più grandi autori del nostro tempo, o sarà vittima; come per molti altri scrittori, della maledizione del terzo e conclusivo volume con epilogo relativamente soddisfacente?
Sin dalle prime pagine il ritmo è incalzante e scorrevole, Follet non lascia spazio ai dubbi e per il lettore è esattamente come rimettere il play nel dvd messo in pausa durante la visione per quella piccola interruzione che come sempre giunge sul “più bello”; il romanzo riparte senza sbavature a pochi anni di distanza dal punto in cui si è interrotto con la ormai ventinovenne Rebecca, insegnante di lingua Russa in un istituto scolastico, convolata a nozze con Hans, un uomo che credeva essere un funzionario del Ministero di Giustizia tedesco. L’impostazione è la medesima: le 5 famiglie che conosciamo sin da “L’a Caduta dei Giganti” ci accompagnano anche in questa avventura ma diverso è lo scenario poiché sono abbandonati i temi delle Grandi Guerre presenti rispettivamente nel primo e secondo capitolo dell’opera e sono abbracciate le tematiche della Guerra Fredda, dei diritti dei neri, la caduta del muro di Berlino, la guerra del Vietnam, la dipartita del regime comunista fino ad arrivare ai giorni nostri.
Le problematiche non sono affrontate singolarmente, anzi! Lo scenario costruito riesce ad abbracciare più realtà, ad esempio, mentre da un lato l’autore narra della vicenda dei missili di Cuba del 1962 introducendo il personaggio di Fidel Castro e riportandoci a ritmi serrati le decisioni del presidente Kennedy e quelle del Primo Segretario Nikita Sergeevi? Chruš??v alternando la narrazione tra i due universi, dall’altro ci descrive la lotta dei diritti mediante la spiccata personalità di Martin Luther King (sin dalle piccole conquiste quali il sedersi liberamente su un autobus o l’aver diritto agli stessi bagni delle persone non di colore) o ancora ci offre un panorama senza mezze misure delle due Germanie così come ci mostra una Gran Bretagna dinanzi alle sue prime riforme post conflitti mondiali; una Inghilterra dove la ormai settantaquattrenne Ethel Williams poi Leckwith, lei che era una semplice governante ragazza madre, fa il suo esordio da pari promuovendo i diritti degli omosessuali, il tutto con la premessa ed il ricordo di Robert Von Ulrich il carismatico ed apprezzato gay tedesco scappato ne “L’inverno del Mondo” dalle persecuzioni naziste. Molti di voi che hanno letto le precedenti opere diranno che Follet ha sempre trattato più scenari contemporaneamente, è vero, ma in questo caso diversa è l’impostazione con cui si accinge a farlo. Non sono più i grandi paragrafi che conoscevamo, non intercorrono più un centinaio di pagine tra ciò che accade in Germania e ciò che accade negli Stati Uniti, le decisioni del presidente Kennedy sono alternate immediatamente a quelle di Nikita Sergeevi? Chruš??v: il lettore non si trova nel 2014 quando legge ma nel 1962 e percepisce sulla pelle le difficoltà di quel periodo e di quelle disposizioni.
Per semplicità di inquadramento l’opera può dirsi simbolicamente suddivisa in tre blocchi: una prima parte dove la tensione si taglia con la lama di un coltello ed è la predetta fase iniziale della Guerra Fredda, una seconda dove si crea una sorta di apparente situazione di stallo in cui tutti gli avvenimenti salienti degli anni ‘70/’80 scorrono incalzanti e dove sembra che mai potrebbero crearsi i presupposti per la fine del silente conflitto ed una terza dove muta completamente lo scenario e si aprono le prospettive della rinascita da un lato e di quei conflitti che porteranno all’attuale situazione mondiale dall’altro. Non solo, Follet riesce a mettere in evidenza anche i limiti delle super potenze che da molti sono idealizzate (es. la forte ritrosia nutrita nei confronti delle persone omosessuali e le lunghe ed osteggiate lotte per l’affermazione di qualsiasi diritto riconosciuto non da meno la cura dell’AIDS).
E’ dunque un romanzo in cui tutti possono rispecchiarsi; dai più giovani che hanno il vago ricordo di quel che è stato “Il Muro”, ai più grandi che non possono dimenticare gli anni delle censure musicali e letterali ma nemmeno dei conflitti che si sono spostati sul versante asiatico o ancora del Primo uomo sulla Luna.
Pur restando la inequivocabile penna di Follet il linguaggio si depaupera delle formalità tipiche dei primi del Novecento e degli anni ’40 giungendo ad essere più vicino alle epoche in cui è ambientato: muta in relazione allo scorrere del tempo.
A mio modesto giudizio il romanzo è ben costruito, completo ed esaustivo. Rallenta leggermente nella parte centrale, cosa che credo sia comprensibile vista la mole e le “questioni” trattate. Ne consiglio la lettura a tutti, non solo a chi ha letto i precedenti volumi perché lo scrittore riesce a spiegare la storia in modo da farla apprezzare anche a chi non è amante del genere e soprattutto perché permette al lettore di farsi un’idea sua, non influenzata dalle parole di chi scrive. La persona che si accinge a sfogliare le pagine di questa trilogia, riscopre passaggi del nostro passato a cui non aveva dato peso o che semplicemente non erano stati trattati nel percorso scolastico formativo o che meramente non era ancora in grado di notare a quel tempo. E’ un’opera minuziosa nella sua costruzione ed emblematico è il finale: il romanzo si conclude nel 2008 con le elezioni del primo presidente di colore. Dove? Nella retrogada America. Il traguardo più grande della storia americana.
La risposta al quesito iniziale? Si. Follet mantiene alto il livello della Trilogia anche nel suo epilogo e non delude le aspettative del fedele lettore.
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- L'inverno del Mondo
- A tutti.
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XX SECOLO SECONDO K. FOLLETT
Faccio una recensione del terzo libro ma parlerò della trilogia in generale senza mettere altre due recensioni. I libri non mi sono dispiaciuti e la storia tranne che nel primo libro è scorrevole nonostante la mole; la divisione in famiglie con capitoli dedicati ad ogni famiglia all’inizio ti manda un po’ in confusione ma dopo ci si fa l’abitudine. Nonostante tutto mi aspettavo di più, non so bene il perché ma è così. Riponevo speranze in Ken Follett e anche se la sua scrittura iperdescrittiva è piacevole e avvincente, dopo che si son letti molti dei suoi libri, alla fine si sa già che riproporrà sempre la stessa storia, con differenti personaggi ma con le stesse descrizioni e vicende. Se da un lato è un’arma vincente in fatto di popolarità, inevitabilmente si perderà qualcosa in fatto di qualità. E’ solo un’opinione personale da lettore di Ken Follett.
Ovviamente ci sono donne forti, già mature e coraggiose come in tutti i suoi libri, ci saranno tragedie e ci saranno avvenimenti storici importanti con i nostri protagonisti a farne parte. A differenza di altri suoi libri questi sono più ostici secondo me, sia per fluidità che per vicende narrate; sicuramente non aiuta il fatto di aver diviso la storia in così tante famiglie. Non mi pento di aver letto la trilogia del secolo e non è stata una lettura sprecata perché alla fine qualcosa mi ha dato, la cosa però che infastidisce è il suo mettere bene in evidenza le sue idee politiche e morali facendo diventare un po’ tutto bianco e nero, senza sfumature. E’ un po’ troppo ridondante come le caratteristiche praticamente uguali di tutti i personaggi dei suoi libri. Non voglio criticare Ken Follett (che a me piace), ma vorrei solo fare un’analisi dopo averne letti molti di suoi libri. Dopo questo libro credo di essere arrivato alla saturazione per quanto riguarda i suoi libri; li porterò sempre nel cuore ma è ora di passare ad altro.
E’ uno scrittore che avrà sempre successo (meritato), ma per me i suoi migliori lavori rimangono pilastri della terra e mondo senza fine. Dell’ultimo libro posso dire solo che l’ho trovato scorrevole, con poco approfondimento (normale) ma alla fine il suo lavoro lo fa. Il ritmo è abbastanza sostenuto e tranne che nella parte centrale si legge molto velocemente. Non lo consiglierei come primo libro di Ken Follett perché come ripeto, il primo libro della trilogia è quello più ostico ma se si vuole una storia da più punti di vista dello scenario del XX secolo allora fa per voi. Classifica personale : La caduta dei giganti, i giorni dell’eternità, l’inverno del mondo.
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SEMPLICEMENTE TERZO VOLUME
Ultimo volume della trilogia "The Century". Sinceramente avevo delle aspettative alte dopo aver letto i primi due volumi per me ben scritti e soprattutto ben strutturati, ma devo dire che la parte storica, in questo volume, prende davvero troppo il sopravvento e il romanzo sembra più un saggio storico. Vengono toccati i più importanti fatti storici che hanno caratterizzato il periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale alla caduta del muro di Berlino, quindi all'inizio si sofferma alla divisione di Berlino, poi passa alla crisi di Cuba, all'assassinio di Kennedy e poi quello di M.L. King, successivamente il Vietnam, il razzismo e i diritti civili in USA, ecc. Alla base di un bel pezzo della narrazione del romanzo, vi è l'utilizzo della storia del rock e poi, come al solito, un eccessivo uso di vicende e descrizioni sessuali, dove tutti vanno a letto con tutti. In questo terzo libro si sviluppano e si completano tutte le vicende dei personaggi che Follet ha inserito.
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KEN FOLLETT E LA “SUA” STORIA DEGLI ANNI ‘60-‘80
Tornano le vicende delle famiglie Peskov, Williams, von Ulrich, Dewar e le loro varie derivazioni, mentre sullo sfondo si dipanano i grandi avvenimenti della seconda metà del XX secolo: la crisi di Cuba, la lotta per i diritti civili in America, gli omicidi politici, la tragedia della divisione del popolo tedesco, lo scandalo Watergate, la crudeltà del comunismo e dei Gulag in URSS e così via, sino all’epocale crollo del Muro di Berlino ed alla fine del comunismo in Europa.
“I giorni dell’eternità” mi è restato per quasi sei mesi confinato in un angolo, in attesa di essere letto. Come lettore accanito, oltre che collezionista compulsivo, non potevo non averlo; soprattutto dopo aver divorato i primi due volumi della Century Trilogy, ma avevo un po’ di timore nel prenderlo a mani. In effetti, dopo aver apprezzato tantissimo “La caduta dei giganti”, ero restato un po’ meno soddisfatto dal secondo: “L’inverno del Mondo” che si era rivelato molto più banale e artificioso.
Quindi il volume conclusivo della trilogia se ne stava a prendere polvere per il mio timore restare deluso.
Mi sbagliavo: “I giorni dell’eternità” non è stato motivo di delusione quanto di profonda irritazione.
Intendiamoci, Ken Follett è sempre un ottimo narratore, lo stile è fluido e accattivante, e riesce quasi sempre a catturare l’attenzione del lettore, anche con un tomo di 1200 pagine.
Ma se queste sono le buone notizie le cattive sovrastano di gran lunga i lati positivi del romanzo.
Innanzi tutto l’obbligo che l’autore si è autoimposto sin dall'inizio - far diventare i componenti delle sue sei, sette famiglie, testimoni di tutti gli eventi più salienti del XX secolo - si è trasformato in un clamoroso autogol. In certi momenti dover, per forza, infilare uno o l’altro dei personaggi nel luogo e nel momento in cui s’è fatta la storia diventa, dopo un po’, stucchevole se non veramente ridicolo; di una comicità involontaria e deprimente: che dire di Maria Summer che si trasforma nella “deep troath” del caso Watergate o Jasper Murray testimone dell’omicidio di M.L. King?
Per non dire di queste famiglie che a distanza di decenni vedono i loro destini incrociarsi e separarsi di continuo come una sorta di quadriglia su scala mondiale. Del resto le vicende dei vari personaggi, appena si allontanano, anche solo per poco, dai riflettori della grande storia, divengono di una banalità sconcertante, con unioni e separazioni, grandi amori ed odi eterni, degni di una sceneggiatura da soap opera tipo “Beautiful”.
Ma questi sono i peccati minori che vengono commessi nel libro.
Follett si è dato come compito quello di narrare le vicende del “secolo breve” visto attraverso gli occhi della gente comune, tuttavia, proprio per questo motivo, aveva l’obbligo, nei confronti dei lettori, di essere obiettivo, proprio perché la “gente comune” può trovarsi indifferentemente da una parte o dall'altra delle varie barricate che le vicende della vita innalzano. Invece ha mal pensato di schierarsi.
Non credo che nessuno abbia dubbi su quali sia la collocazione politica di Follett, tuttavia in un romanzo storico, che non vuole essere un pamphlet, il narratore dovrebbe essere, se non proprio obiettivamente imparziale, quantomeno equidistante dai fatti. In particolare quelli realmente accaduti che fanno da fondale alle vicende fittizie non dovrebbero essere presentati in maniera travisata ad arte.
Così, purtroppo non avviene ne “I giorni dell’eternità”: per Follett tutti coloro che si posizionano anche solo di poco a sinistra o a destra di quella che per lui è l’opinione politica ideale e corretta sono tutti “brutti, sporchi e cattivi”; tra l’altro, il più delle volte, in modo stupido ed illogico.
I suoi personaggi principali (i componenti delle famiglie), invece, sono sempre, infallibilmente, dalla parte che, per l’autore, è, di volta in volta, quella giusta. Singolare, sotto questo aspetto, che l’unico elemento di disturbo, quel Erik von Ulrich, il figlio di Walter (protagonista indiscusso di parte tedesca ne “La caduta dei Giganti” e martire del nazismo nel secondo volume), ragazzo simpatizzante nazista poi convertito improvvisamente al comunismo più abietto, non compaia neppure nel terzo volume, e senza neppure una parola di giustificazione.
Ne “I giorni dell’eternità”, per ognuna delle famiglie, appaiono solo le figure più political correct. Queste prendono sempre e solo la decisione più giusta e coraggiosa. L’unica pecora nera è Cameron Dewar che, in quando repubblicano, incarna quanto di più abietto e stupido l’autore gallese individua nella società americana non liberal.
Ma la cosa che più disturba è che, questa operazione, già di per sé discutibile, venga fatta, senza alcun pudore, anche per i personaggi storici, dei quali si evidenziano solo gli aspetti che fanno più comodo alla tesi generale che si vorrebbe far prevalere.
A questo punto, però, vien voglia di ricordare a Mr. Follett che Cruschev non rappresentò solo il primo tentativo di “disgelo” in URSS, ma fu anche quello che mandò i carri armati in Ungheria nel 1956. Kennedy fu tirato per i capelli nella difesa dei diritti umani, ma l’effetto dei suoi errori in politica estera si è protratto per anni dopo la sua morte. Fu Nixon, pur con tutte le sue ombre, quello che riuscì a porre termine all’intervento americano in Vietnam e riavvicinò la Cina agli USA. Fu anche grazie alla politica di Reagan (sia pure attraverso la minacciata escalation militare) che si arrivò al punto di rottura della fragile economia sovietica, con il conseguente crollo del comunismo in Europa. Nel romanzo, poi, non c’è una parola per i disastri del presidente Carter in Iran e Somalia, per l’intervento inglese nelle Falkland, il terrorismo palestinese degli anni settanta e così via.
Il libro è afflitto da due gravi difetti ottici. Strabismo nei confronti dei fatti che non s’incastrano bene nel mosaico complessivo che si vuole comporre e presbiopia per i fatti troppo vicini al punto d’osservazione dell’autore. Evidentemente, infatti, dovendo narrare di fatti non solo letti sui libri di storia, ma vissuti in prima persona e, quindi, emotivamente più carichi di significato, non è riuscito a rimanere imparziale, compiendo il più grosso errore di uno scrittore: il coinvolgimento psicologico nelle vicende che narra.
Ciò non di meno, è riuscito ugualmente a farmi commuovere narrando le vicende finali del crollo del Muro di Berlino, come quando, 25 anni fa, vedevo le immagini il TV (accidenti!).
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Completare la trilogia è d'obbligo, ma...
Sono finalmente arrivata alla fine della lunga, intricata, complessa storia delle 5 famiglie dislocate nel mondo, le cui vicende personali si intrecciano più o meno amabilmente con gli eventi storici più significativi dell'ultimo scorcio di secolo.
Purtroppo però, a differenza degli altri due romanzi, trovo quest'ultimo certamente non il migliore per una serie di motivi sotto elencati:
1) Mi sembra che in questo romanzi manchi di una storia pregnante intorno alla quale far ruotare gli eventi storici; mentre nei precedenti dalle storie di Ethel Williams, di Maud e Walter e dei fratelli Peskov si dipanavano le vicende storiche e soprattutto ti restava la tensione di sapere come sarebbe finita, qui, invece, i fatti personali sembrano slegati tra loro e con la storia.
2) Follett volutamente usa mettere personaggi inventati vicino a quelli storici per mettere in risalto la parte storica e questo rimane il principale pregio della trilogia, ma in alcuni momenti mi è sembrato che questa tecnica sia stata una forzatura (es. quando Jasper Murray assiste alla morte di King).
3) C'è un eccessivo affastellamento di nomi che rischiano di confondere e di creare inutili lungaggini.
4) Data la mole di informazioni ed episodi appartenenti a ciascun personaggio, spesso l'autore è costretto a fare dei "pit stop" per meglio spiegare e collocare l'azione di quel personaggio. Si ritorna indietro si fa riferimento a fatti già noti con il risultato di una certa ridondanza che appesantisce il romanzo.
In compenso, però, rimane estremamente originale il modo in cui viene raccontata la storia del Novecento, ancor più fatti come quelli dagli anni' 60 agli' 80, che sicuramente non si dimenticheranno più.
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Riscoprire la storia
Con i giorni dell'eternità si conclude la trilogia che vede come protagoniste cinque famiglie dislocate in diverse parti del mondo: America, Russia, Inghilterra e Germania.
Già con la caduta dei giganti e l'inverno del mondo, Ken Follett descrive magistralmente gli eventi più significativi che hanno caratterizzato tutto il novecento.
E' come un lungo viaggio nel tempo, alla scoperta non solo di fatti degni di nota, ma anche dei sentimenti e delle emozioni di chi ha vissuto in prima persona l'orrore delle due guerre e la dittatura del comunismo.
Il periodo in questione è quello che va dal 1961 al 1989. Gli eventi narrati sono molteplici a partire dall'elezione del presidente Kennedy e della sua uccisione fino alla tanto attesa caduta del muro di Berlino.
E' un libro piacevole, avvincente che tiene col fiato sospeso fin dalle prime pagine. La scrittura è veramente semplice e lineare quasi superiore a qualsiasi testo di storia contemporanea, ma queste sono qualità ben conosciute dell''autore che libro dopo libro si dimostra essere un grande scrittore.
E' impossibile non farsi trascinare nella lettura, e non amare i personaggi descritti, non provare gli stessi sentimenti di patriottismo che hanno caratterizzato la maggior parte di loro.
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1961-1989: il passato che durerà per sempre
" 'Tesoro', rispose Maria, 'è una lunga storia.' "
Sono le sette, semplici parole che compongono la frase di chiusura del romanzo, e quindi della magistrale trilogia follettiana dedicata al leggendario, indimenticato e indimenticabile 'Secolo Breve'.
Sulla scia già delineata nei testi precedenti, sono sempre cinque le famiglie su cui si poseranno indiscreti gli occhi dell'autore e dei lettori, mentre i vari protagonisti si ritroveranno 'costretti' a muovere i propri passi in un mondo che, nel quasi trentennio che abbraccia gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, ha subìto sconvolgimenti globali tali da lasciare in eredità un pesante fardello anche all’attuale e alle future generazioni.
È soprattutto grazie a un'accurata e puntigliosa documentazione se possiamo incanalarci in scenari poliedrici e variopinti, che spaziano dagli sperduti campi di 'lavoro' siberiani sino al fumoso glamour di cui pullulano le strade di San Francisco e Parigi, senza dimenticare i frequenti e svolazzanti accenni a una Germania fratturata sin nel profondo dall'invalicabile Muro di Berlino.
Dall'ambientazione ai personaggi la musica non accenna e non accetta modifiche, in quanto tutti i protagonisti sono ben inquadrati attraverso un occhio terso e lungimirante, mentre, loro malgrado, sembrano quasi recitare il ruolo di burattini in mano a un orwelliano 'Grande Fratello', abile nel miscelare le rispettive scelte di vita quotidiane con la Storia vera e propria: in merito a quest'ultima considerazione, è sufficiente accennare al lato più bieco e intransigente del comunismo sovietico unito all'integralismo vendicativo della Stasi, ai fratelli Kennedy con i loro punti di forza e i loro lati oscuri, alla crisi prima di Cuba e poi del Vietnam, alla spaccatura statunitense sui diritti civili che ha contrapposto il carisma e la determinazione di Martin Luther King e il fare aggressivo e menzognero del governatore dell'Alabama, all'affermazione mondiale del rock 'n roll, ai caldissimi scioperi del Sessantotto, al proliferare dell'arma a doppio taglio delle intercettazioni sino al punto di rottura del WaterGate con Nixon, all'impossibile convivenza fra il Cremlino ultraconservatore e la 'Primavera di Praga' più moderata e revisionista, e infine alla caduta del regime comunista con il crollo del Muro di Berlino e il disfacimento definitivo dell'Urss con Gorbacev.
Se pensate che la lettura di 1216 pagine sia impegnativa e laboriosa, credetemi se vi dico che non è nulla in confronto al preparare la relativa recensione cercando di sintetizzare al massimo le oltre sedici pagine di appunti che costituiscono fabula e intreccio del romanzo. Spero tuttavia di aver fatto un buon lavoro, e di non aver affatto sminuito il magnifico congedo di una trilogia-capolavoro della letteratura contemporanea.
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"L'inverno del mondo", entrambi dello stesso autore.
La fine del..secolo!
E si conclude così, il '900 di Ken Follett.
Si conclude una bellissima storia di cinque famiglie che, nei vari angoli del mondo ha superato il secolo delle due Guerre, del progresso e del regresso storico-culturale.
Si conclude un libro che ha tenuto milioni di persone attaccate alle oltre 3000 pagine complessive della trilogie e, nel mio caso mai annoiando e riuscendo a creare dei colpi di scena tra i personaggi avventurandosi con competenza nei meandri della storia.
Il primo libro "La Caduta dei Giganti" per me è il migliore della trilogia e tra i più belli di Follett, le famiglie ed i personaggi prendono forma, con caratteristiche e tratti della personalità che passeranno in eredità ai figli e nipoti che saranno i protagonisti delle due opere successive.
"L'Inverno del Mondo" ci porta alla metà del secolo, alla presa del potere del nazismo e del comunismo, e pur essendo il periodo storico maggiormente trattato da Follett in passato, le vicende dei protagonisti vivono avventure e sventure altalenanti, con dei colpi di scena a volte forzati. Pur parlando di un bel libro, è stato quello che ho amato meno.
Con questi presupposti mi sono avvicinato al terzo ed ultimo capitolo della serie. Ho riscoperto il piacere di leggere Follett, che mi ha fatto ripercorrere gli anni della Guerra Fredda con storie intense e vere, con vicende che, nonostante sapessi per conoscenza scolastica l'esito storico, rimanevo incollato alle pagine in attesa di un colpo di scena che mi ribaltasse le sicurezze dettate dalle mie riminiscenza scolastiche (tranquilli...la storia è sempre quella..Follett non la riscrive =...questo mi sento di potervelo anticipare..hhehhe).
Arrivato alla fine del libro mi sono sentito "svuotato".
Mi mancheranno le cinque famiglie raccontate, ormai mi sentivo "adottato" da ognuna di loro, ho vissuto momenti difficili con Lyoid nella Grande Guerra, ho strimpellato nelle tournèe degli anni '60 con Willy e Dave, ho schifato il razzismo con George, contrabbandato wisky con Lev ed abbattuto il Muro con Lill.
Grazie per questa bella avventura Ken Follett.
Ci vediamo tra altri cent'anni con il prossimo riassunto del secolo!!! =)
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e la storia si conclude!
Un libro di mille e più pagine non può tenerti sulla corda in maniera continua senno, alla fine, avresti bisogno di un cardiologo... partendo da questo presupposto il libro di Follett regala sprazzi di alta tensione e momenti di calma apparente!
Punti a favore: le storie delle 3 famiglie si uniscono alla Storia in una maniera quasi simbiotica e ti lascia una traccia indelebile dei momenti che anche tu, grazia alla TV, hai vissuto in prima persona...
Punti a sfavore: limitati gli eventi storici narrati! Del tutto assente l'Italia, la religione, sia il cattolicesimo che l'Islam, vengono presentati in maniera negativa quando, invece, la Chiesa nell'ultimo secolo ha avuto un peso fondamentale nella caduta del muro e nel tentativo di portare avanti un dialogo tra le due superpotenze (Giovanni XXII durante la crisi missilistica di Cuba non dice niente?)
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una lettura piacevole con momenti di noiav
Ken Follett conclude la sua ambiziosa trilogia sul " secolo breve " con un romanzo lunghissimo , fluviale , nel quale mantiene lo stesso canovaccio delle prime due parti : descrivere reali avvenimenti storici nello stesso tempo con lo scrupolo dello storico e la freschezza del romanziere, descrivere la vita di quattro immaginarie famiglie novecentesche ( inglese, americana, tedesca e russa, chissà perchè la storia francese non lo ha mai interessato, la storia italiana si capisce che è stata sempre un pò periferica ) inserendola nel vortice di quegli eventi drammatici. Alcuni personaggi sono stati eliminati, le nuove generazioni si affacciano all'orizzonte , anche se nessun nuovo personaggio, tranne forse gli " americani ", appare molto riuscito. Bisogna dire che il nuovo periodo storico non aiuta molto Follett : un , un conto è descrivere la tragedia del nazismo , altra cosa e' raccontare la nascita dei gruppi rock degli anni sessanta, la Russia staliniana ha un pathos e un " fascino perverso " diverso dai grigi anni di krusciov o , peggio ancora , di Breznev e potrei proseguire... Solo i capitoli avvincenti e documentati dedicati alla crisi dei missili a Cuba , in cui il mondo rischiò l'olocausto nucleare,e la descrizione delle lotte contro la segregazione razziale negli USA , hanno il fascino della grande storia e, non a caso , in queste parti Follett dà il meglio di sè. la parte centrale dedicata alla famiglia inglese appare francamente noiosa. IN ogni caso tenere viva l'attenzione del lettore per oltre mille pagine non e' affatto semplice !! Ultima osservazione : qualcuno ha mai detto a Follett che le sue pagine dedicate alle " scene d' amore " o alla descrizione del sesso sono francamente scialbe e deludenti.? Urge consulenza , magari femminile !!