I giorni del potere
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La storia prende vita
È una fredda, piovosa mattina del 110 a.C., a Roma, e due uomini assistono nella folla ai sacrifici rituali per inaugurare il nuovo consolato. Caio Mario è un ricco generale di origini italiche che aspira a una brillante carriera politica, ma, sebbene disponga del denaro e delle capacità necessarie, la sua nascita non aristocratica e non romana frena le sue ambizioni. Giunto all'età di 46 anni, è ormai troppo anziano per diventare console e ha quasi abbandonato ogni speranza, nonostante qualcosa dentro di sé, un istinto misterioso, gli ripeta di continuo all'orecchio che Roma ha bisogno di lui.
Di fronte a Mario c'è Lucio Cornelio, che è l'esatto opposto: un giovane biondo e affascinante, di nascita romana e di antico, purissimo sangue nobile. In teoria avrebbe la strada spianata per diventare console. Peccato che il ramo della gens a cui appartiene sia decaduto e che suo padre abbia completamente scialacquato quel che restava del denaro di famiglia. Per accedere al cursus honorum è necessario avere un patrimonio e dunque anche il giovane Lucio, come il maturo Mario, anche se per il motivo opposto, vede i suoi sogni di gloria svanire nel nulla. O almeno così sembra. Tutto sta per cambiare e le loro strade sono destinate ben presto a incrociarsi.
"I giorni del potere" è il primo romanzo di una lunga saga ambientata nell'antica Roma, nei difficili decenni di passaggio dalla repubblica al principato, e ha tutte le carte in regola per essere considerato il romanzo storico ideale. L'autrice, la scozzese Colleen Mccullough, si mostra molto più abile e documentata nel raccontare l'antica Roma di molti suoi colleghi italiani, nonostante la maggiore lontananza geografica e culturale. Non è caso, in fondo, se i suoi romanzi sono spesso citati come fonti dagli storici nei loro lavori.
Il contesto storico, sociale e culturale degli ultimi decenni della repubblica romana è ricreato alla perfezione in ogni suo minimo aspetto: gli avvenimenti e i personaggi principali, gli usi e i costumi, da quelli ufficiali e più celebri a quelli più banali e quotidiani, la rappresentazione della città di Roma, la cui descrizione urbanistica è così accurata da dare l'impressione di trovarsi davanti a una cartina, il modo di pensare e di comportarsi, le battaglie, i banchetti, l'amore, l'amicizia, i giochi politici, le elezioni dei magistrati, la corruzione. Tutto prende vita, concretamente e magnificamente. Il tramonto della repubblica, che apre la strada alle guerre civili, è rappresentato in tutte le molteplici, complesse sfumature, molto meglio di quanto potrebbe fare qualunque manuale di storia: il declino progressivo degli antichi valori, il diffondersi della corruzione, l'aumento dei poveri nullatenenti, che dalle campagne si spostano in città, l'importanza sempre maggiore attribuita all'accumulo di denaro inteso come strumento per conquistare il potere, la comparsa sulla scena politica di uomini nuovi, ovvero di nascita non nobile, ma ben diversi da Caio Mario, spesso poco competenti, disposti a sobillare la folla e a compiere qualunque atto, per quanto scellerato, pur di guadagnarsi un posto di rilievo.
"I giorni del potere", inoltre, sfugge a una vera e propria "maledizione" che affligge molti romanzi storici scritti negli ultimi anni: far agire, parlare e pensare i personaggi come se appartenessero alla nostra epoca. Nel romanzo di Colleen Mccullough Mario, Silla e tutti gli altri personaggi sono davvero uomini e donne del loro tempo e non capita mai che pronuncino una frase o compiano un gesto che appare troppo moderno o comunque distante dalla mentalità e dalla cultura della loro epoca. Sembra di avere di fronte i veri Mario e Silla, come se fossero usciti da un libro di storia. Non si tratta di statue, però, di accurate e fredde rappresentazioni di grandi personalità: oltre a essere autenticamente storici, questi personaggi hanno tutta l'umanità di persone qualunque, con pregi, difetti, desideri, passioni, ambizioni, debolezze.
Leggere questo libro equivale a una splendida immersione totale nella storia romana e, nonostante la mole, la narrazione scorre quasi sempre in modo rapido e piacevole. Per chi ama queste vicende e questi personaggi non si può consigliare niente di meglio.
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Gli ultimi anni di Roma repubblicana...
Ho deciso di scrivere la mia opinione su "I giorni del potere" non perché spinto dall'improvvisa infatuazione dovuta ad una recente lettura del romanzo della McCullough, ma, al contrario, sull'onda (e all'ombra) di un ricordo consolidato, ma , ahimè, ormai tanto lontano nel tempo; preferisco non calcolare quanto!
Girellando sul sito di Qlibri mi sono accorto con stupore e rammarico che nessuno aveva degnato di alcuna considerazione questo volume. La cosa mi è sembrata così ingiusta da voler colmare la lacuna.
Questa premessa serve a giustificare il fatto che i ricordi non sono freschissimi e, quindi, non sono in grado di fare un resoconto dettagliato del libro, né commentare puntualmente i vari passaggi della narrazione.
Peraltro l'argomento è arcinoto a chi ha anche solo una infarinatura di storia romana.
Il romanzo comincia con il non troppo casuale incontro tra il vecchio senatore Caio Giulio Cesare (nonno di quello ben più famoso che cambierà il volto di Roma) con un non più giovanissimo, ma ancora ambiziosissimo, ex pretore: Caio Mario. Il primo ha il nome e la casata (che addirittura pretende di far risalire i propri natali al dio Marte) il secondo i soldi, necessari per una folgorante carriera politica, ed il genio politico e militare. Non ha, però, la dignità della stirpe, essendo un homo novus. Inevitabile l'alleanza ed il matrimonio della bellissima Giulia con il 'campagnolo' Mario. Da questa unione di famiglie la gens Iulia otterrà i soldi per consentire la carriera politica ai suoi giovani discendenti, mentre Mario trarrà la forza per divenire l'uomo più potente in Roma, sette volte console, omaggiato delle più prestigiose corone militari e del titolo di padre della patria. Durante la sua strada verso il successo e la fama eterna incontrerà un altro gigante, Lucio Cornelio Silla, patrizio decaduto, ambizioso e spregiudicato come e più di Mario. Inizialmente i due si spalleggeranno per darsi man forte nel raggiungimento dei rispettivi obiettivi; poi, però, inevitabilmente, si troveranno nemici giurati su due fronti opposti.
Il volume termina esattamente nel 100 a.C., con una nascita di un bambino con un grande futuro: Caio Giulio Cesare
Questo volume (pubblicato per la prima volta nel 1990) è il primo di un ciclo di sette romanzi che ripercorrono tutti gli ultimi anni della storia di Roma repubblicana e si arrestano all'instaurazione del principato da parte di Caio Giulio Cesare Ottaviano, il futuro imperatore Augusto.
Con questo romanzo io ho conosciuto la McCullough che, forse un po' snobisticamente, avevo sempre negletto in precedenza, perché autrice di "Uccelli di Rovo".
E con questo romanzo ho imparato ad amare il suo stile letterario e la sua stupefacente cultura umanistica e storica.
La McCullough conduce per mano il lettore nella Roma del primo secolo a.C. facendolo sentire a suo agio nei vicoli del Palatino o nel Foro, sui campi di battaglia delle legioni e su quelli, non meno cruenti, del Senato, come se gli episodi narrati siano storia contemporanea. I personaggi sono così vividi che, chiuso il libro, sembra quasi di poterli ritrovare in mezzo a noi, per strada.
L'abilità della scrittrice sta proprio nel miscelare vita pubblica e pettegolezzo privato (godibilissime le epistole che fa scambiare a quei grandi della storia), grande evento e faccende quotidiane. Il tutto è condito da una tale accuratezza storica che è valsa una laurea honoris causa all'autrice.
A voler proprio fare il pignolo, ricordo che le prime cento pagine di questo volume si sono rivelate le meno scorrevoli, forse perché l'autrice (o il traduttore) dovevano ancora ingranare la marcia giusta. Oppure forse perché questo lettore (mea culpa!) non era ancora entrato in sintonia con il testo. Ma cosa sono 100 pagine a fronte dell'opera completa? Credo che il ciclo in totale conti più di ottomila pagine! E sono ottomila pagine che, anche a volerle leggere tutte di fila, una dopo l'altra, scorrono lisce dalla prima all'ultima.
Purtroppo nel 2007 la scrittrice ha detto STOP e non ci sarà un seguito che racconti le vicende dell'Augusto imperatore e dei suoi successori. Già il settimo volume ("Cleopatra") le era stato quasi estorto da amici, critici e lettori, perché lei, forse, avrebbe preferito fermarsi alla morte di Cesare (innegabilmente suo grande amore) ed alla guerra civile che ne seguì.
Comunque l'intero ciclo è un pezzo di letteratura di grande valore assoluto.
Vorrei precisare: non sono libri di storia né sono romanzi storici, ma sono storia narrata come un romanzo. Proprio su questo punto vorrei esprimere un ultimo commento, pieno di rammarico ed invidia. Come mai, visto che questa è, in fondo, storia d'Italia, noi italiani dobbiamo prendere lezioni da una autrice inglese, naturalizzata australiana, che non è neppure specializzata in storia o letteratura classica, ma è un medico?
Tutti le opere italiane dedicate all'antica Roma in cui mi sono imbattuto o sono pedanti resoconti pieni solo di date e di riferimenti documentali, ma privi di anima, o retorici e stucchevoli agiografie, oppure romanzetti in cui l'ambientazione è solo un pretesto per raccontare d'altro.
Peccato, perché la storia romana ha un fascino sempre vivissimo oltre che spunti di attualità impressionante (che talvolta richiamano in modo imbarazzate anche la politica dei nostri giorni) che sarebbe bello vedere meglio valorizzati.