Narrativa straniera Romanzi storici I fratelli Ashkenazi
 

I fratelli Ashkenazi I fratelli Ashkenazi

I fratelli Ashkenazi

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Israel Joshua Singer, fratello di Isaac Singer, affronta il tema dell'ascesa e della decadenza borghese, attraverso le vicende di una famiglia immerse nella storia dell'ebraismo polacco, lungo l'arco di quasi un secolo. Un romanzo di impianto pienamente ottocentesco in cui lo sviluppo borghese si accompagna alla miseria del proletariato, le prime e contraddittorie lotte sociali e la progressiva presa di coscienza da parte dei lavoratori ai dissidi nazionali dell'impero zarista e al suo sfacelo, per arrivare alla rivoluzione e alla costituzione dell'inquieta e caotica repubblica polacca. Singer ricrea in una folla di personaggi, di eventi e di vicende private tutta la fenomenologia culturale, storica e politica di una pagina importante della storia polacca.



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I fratelli Ashkenazi 2020-04-16 06:18:17 Giulian
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Giulian Opinione inserita da Giulian    16 Aprile, 2020
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Ricco e documentato

È una saga familiare che interessa un periodo di circa un secolo. Come in ogni saga, i personaggi sono innumerevoli, forse anche un po’ troppi (quando si inizia un capitolo in cui viene introdotto un nuovo personaggio, il lettore può provare talvolta una certa insofferenza, poiché diventa difficile raccapezzarsi fra le tante figure, con la sensazione di aver raggiunto la saturazione). Comunque fra tutti i personaggi spicca Simcha Meyer, a mio parere il vero protagonista della storia. Persino suo fratello gemello, Yakob Bunim, a dispetto del titolo del romanzo ha un ruolo solo secondario: raggiunge la ribalta solo sul finale, mentre per tutto il racconto è solo l’alter ego di Simcha, le cui caratteristiche opposte a quelle del fratello servono per lo più a dare risalto a queste ultime.
Comunque tutti i personaggi di spicco del testo hanno un connotato comune: la totale dedizione verso un obiettivo, da raggiungere indipendentemente dalle conseguenze. Per alcuni è la completa consacrazione alla religione (ne è un esempio il padre dei due gemelli, Abraham Hirsh Ashkenazi, così devoto da diventare indifferente alle esigenze familiari o alle critiche altrui); per altri l’ amore, così forte da diventare morboso (come quello di Gertrude per lo zio Jacob); per altri la passione politica (vedasi Tevyeh e Nissan sul versante socialista; o Von Heidel-Heidellau sul versante opposto); per altri ancora, e specialmente per Simcha Meyer, il potere economico e capitalistico. In quasi tutti i casi questa abnegazione viene miseramente delusa e finisce in un nulla di fatto, trasmettendo un senso di amaro pessimismo.
Memorabili in questo testo sono le pagine di storia, veri e propri affreschi di vicende e periodi realmente accaduti: straordinario il capitolo sul pogrom di Leopoli (quello del 1918), bellissimo quello sull’inflazione che seguì la I guerra mondiale. In realtà tutto il libro può considerarsi un saggio storico dello sviluppo industriale polacco fra 800 e 900 e dell’apporto ad esso dato dalla comunità ebraica.
La religiosità ebraica come viene descritta è impregnata di formalismi, spesso di ipocrisia, tormentata da divisioni ed apostasie, percorsa da fierezze ed umiliazioni.
Comunque il libro è soprattutto una documentata narrazione dei soprusi, delle discriminazioni, delle persecuzioni subite dagli ebrei dell’Europa centro-orientale e in Russia molto prima dell’avvento di Hitler. La storia narrata nel libro cessa prima dell’avvento del nazismo e ciò fa capire come l’antisemitismo propagandato da Hitler avesse radici profonde e molto lontane.
La prosa di Singer è molto ricca, ridondante, spesso ripetitiva, ma chiara e scorrevole. Ho letto il testo nell’edizione Newton Compton: il fatto che mi sia costato solo 4,90 euro per 630 pagine non giustifica a mio parere i molti refusi tipografici (quelli che sfuggono ai correttori automatici); anche certi svarioni grammaticali (vedasi un “più infimo” a pag. 208) sfuggiti ai due bravi traduttori rivelano un lavoro affrettato da parte dei curatori editoriali, e questo non rende onore a un grande autore come Israel Singer.
Il libro è da leggere, anche se “La famiglia Karnowski” mi è sembrato più appassionante.

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I fratelli Ashkenazi 2020-02-26 12:22:02 siti
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siti Opinione inserita da siti    26 Febbraio, 2020
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Nel cuore della Storia

Dopo aver letto “La famiglia Moskat” e “La famiglia Karnowski”, per citare le due più conosciute saghe familiari della letteratura yiddish, l’una del premio Nobel Isaac B. , l’altra del fratello Israel J. e dopo aver inseguito per alcuni anni le rappresentazioni del popolo annientato, in terra europea come in terra americana per il tramite di J. Roth e del suo “Giobbe” o attraverso Malamud e il suo malinconico commesso, davvero non pensavo di poter nuovamente imbattermi in una narrazione che potesse uguagliare le precedenti. Inutile dire che il corposo romanzo di Israel J. Singer ha oltrepassato ogni mia aspettativa, con il suo solito stile pacato e asciutto, con un’ inesauribile capacità narrativa, a cui basta un unico colpo di fioretto per arrivare al cuore e per il suo tramite passare alla mente a suggerirle le verità nascoste ma già rivelate e contenute, come arcani misteri sopravvissuti al tempi, nei sacri libri della Bibbia. Non occorre crederci a tali verità, ci si riveleranno comunque nel nostro percorso di vita e anche noi avremo un momento nel quale, ripiegati su noi stessi, cercheremo il significato della nostra esistenza, domandandoci se quella vissuta è stata degna di noi. Tale è il lascito di questo coinvolgente romanzo storico, di ampio respiro, poggiato su solida ambientazione storica e geografica: la Polonia e i possedimenti dell’impero russo negli anni cruciali compresi tra la seconda rivoluzione industriale e la prima guerra mondiale, passando per la rivoluzione russa e terminando con l’involuzione economica generata dalla sovrapproduzione sul finire degli anni venti del secolo scorso. Una narrazione dunque che intrecciando la storia universale a quella particolare punta i suoi riflettori sul nucleo originario di quella che poi sarebbe diventata la fiorente e feconda industria tessile di ?ód? . Protagonisti due fratelli ebrei, gemelli diversi, Jacob Bunim e Simcha Meyer, pur senza fare della loro originaria diversità e del loro antagonismo, l’unico e riduttivo fulcro narrativo. Direi anzi, che le loro storie individuali scorrono su binari paralleli, con rari e sporadici incontri che fomentano il seme della discordia la quale però è sempre taciuta, sottintesa, mai dunque direttamente rappresentata ma quasi filtrata dal succedersi incalzante degli eventi, della vita. Un romanzo che permette di approfondire altresì la parabola crescente dell’odio antisemita, il suo montare in una terra dove tedeschi ed ebrei avevano creato, dal nulla, ricchezza e prosperità e con esse disparità e differenze di classe, una terra capace di digerire il capitalismo borghese solo quando non generato dagli ebrei. Uno scritto che restituisce dunque una visione più completa della storia, inserendo le comunità ebree in qualità di protagoniste in quel parossismo capitalista che generò poi solo abominio e violenza. Da leggere, sicuramente.

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La famiglia Karnowski
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I fratelli Ashkenazi 2017-06-17 14:30:58 catcarlo
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    17 Giugno, 2017
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Una parabola borghese

Molti sono gli argomenti che si intrecciano nel lento fluire di questo vasto romanzo, tanto che in conclusione non si sa da dove cominciare per un riordino delle intense emozioni che il testo sa generare. Il fratello del premio Nobel Isaac racconta con estrema energia e una chiara visione d’insieme un secolo nella storia di Lodz, dalla trasformazione da borgo rurale in operosa città grazie allo sviluppo dell’industria tessile nella prima metà dell’Ottocento fino alla decadenza completatasi nel primo dopoguerra percorso da spettri che si materializzeranno di lì a poco. Dai telai a mano alle grandi fabbriche: due comunità immigrate, quella tedesca, ma soprattutto quella ebrea sono alla base di una simile fioritura, peraltro basata sullo sfruttamento feroce di una manodopera che solo con lentezza e dopo molti lutti riesce a far valere i propri diritti, almeno in parte, sulla spinta delle idee socialiste. A simboleggiare la parabola di una borghesia rampante, ma la cui carica è di breve durata stanno i fratelli del titolo, gemelli diversissimi figli di un pio studioso delle sacre scritture, ma pronti a dimenticarne gli insegnamenti per gettarsi nel nuovo secolo giungendo fino a cambiarsi di nome. Simcha Meyer (poi Max) si deve sudare il successo e per raggiungerlo non si fa scrupoli di sorta, tra matrimoni di convenienza per non parlare dei divorzi (le vessazioni alla prima moglie sono di efferata cattiveria) e pratiche commerciali poco corrette, mentre a Jacob Bunim (Yakub) le fortune e l’amore cadono in grembo quasi non cercate in una vita da gaudente. Da qui il sentimento livoroso del primo per il secondo che però non esiterà a rischiare in proprio per recuperare il fratello travolto dalla rivoluzione sovietica,:ultima evoluzione delle dinamiche di famiglia che sono descritte con altrettanta abilità di quelle sociali, ben restituendo la veloce mutazione dei rapporti interpersonali che si concretizza nel giro di un paio di generazioni (chissà che avrebbe pensato il vecchio Rev Abraham apprendendo che uno dei suoi rampolli sarebbe convolato a nozze in un turbine di passione con la figlia dell’altro…). Singer non si limita a seguire le vicende degli Ashkenazi e delle altre famiglie che si sono arricchite: la sua attenzione è rivolta con pari interesse alle masse operaie sfruttate, fra le quali spiccano figure dedite alla causa fino allo stremo delle energie con una (forza della) disperazione che solo a tratti lascia spazio a una comicità amara. Del resto, il tocco sorridente che alleggerisce un buon numero dei capitoli iniziali, in special modo quando l’autore rievoca gli usi polverosi che contraddistinguono le relazioni familiari e personali nel giudaismo chassidico, si va via via spegnendo non solo per l’accresciuta tragicità dei comportamenti dei singoli, ma anche per l’avvelenarsi di un ambiente che peggiora con il passare del tempo. A dispetto (e in certa maniera a cagione) del successo e del tentativo di integrazione, gli ebrei diventano vittime di un antisemitismo che rialza la testa nei momenti di difficoltà: ogni volta che la quotidianità si inceppa scatta il pogrom istigato soprattutto dalla parte polacca della popolazione, tanto che il rigido e detestabile dominio tedesco sulla città nella prima guerra mondiale risulta per la comunità israelitica meno doloroso dell’avvento della Seconda Repubblica in Polonia

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I fratelli Ashkenazi 2015-09-16 08:31:03 GPC36
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GPC36 Opinione inserita da GPC36    16 Settembre, 2015
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Nei vortici della storia

Il titolo del romanzo sintetizza in modo sin troppo esplicito il suo contenuto: la storia di una famiglia che è nello stesso tempo storia della comunità askenazita, il ceppo ebraico dell’Europa orientale. Ambientato nelle province polacche dell’impero russo, in un arco temporale che va dalla seconda metà dell’ottocento al secondo decennio del novecento, la narrazione delle vicende di una famiglia ebraica è, come nel “La famiglia Karnowsky”, il filo conduttore di una storia ben più ampia.
I due fratelli gemelli, rappresentano due volti di un’identità ebraica che Singer ritrae con autenticità, senza sconti, partendo dal loro padre, Abraham Hirsh, ricco commerciante e capo della comunità ebraica della città di Lodz, rigoroso osservante della cultura chassidica, studioso del Talmud. Il rigido rispetto di una serie dettagliata di norme di comportamento, di minuziose ritualità, la scala di valori che deriva dalla inflessibile ortodossia ne fanno una figura sconcertante agli occhi degli estranei alla cultura dell’ebraismo dell’Europa orientale: la sua principale preoccupazione per gli ebrei della sua comunità, prigionieri dopo una sommossa contro l’occupazione russa, non è cercare di farli uscire di prigione, ma evitare che si trovino a mangiare cibo non rispondente ai principi della cucina kosher; considera apostata un ebreo della comunità locale che lavora come tessitore in un’azienda tedesca, un “crimine che andava oltre qualsiasi misfatto che potesse aver commesso in passato”, perché sarebbe stato obbligato a lavorare di sabato, avrebbe mangiato cibo non kosher e forse persino carne di maiale;
La parte iniziale del libro è un’immersione nella tradizione, nelle ritualità e nella cultura chassidica. Israel Singer, figlio e nipote di due rabbini, di due scuole diverse, la descrive con precisione e ricchezza di dettagli, ma anche con distacco emotivo. Non vi sono segni di rimpianto per un mondo che all'epoca della pubblicazione del libro (1936) mostrava già segni di declino e che la shoa avrebbe poi tragicamente sradicato. Gli stessi due figli, nonostante la speranza di Abraham Hirsh, di farne “ebrei timorati di Dio” si staccano dalla tradizione, dalla frequentazione della sinagoga, anche se restano legati alla comunità ebraica, in particolare con un matrimonio deciso dalle famiglie con il supporto di mediatori . Questa parte, ricca di descrizioni e particolari, può essere indigesta a chi non è interessato o incuriosito dalle regole ossessive dell’ebraismo chassidico.
Il romanzo decolla quando i due fratelli gemelli iniziano il loro percorso di vita autonomo. Due percorsi distinti, contrapposti, antagonistici fra Simcha Meyer, il primo nato, quindi anche se per pochi minuti con i diritti di primogenitura, e il secondogenito Jacob Bunim. L'uno determinato, caparbio, intelligente e astuto, spregiudicato mira unicamente al successo economico; il secondo troverà nelle sue qualità estetiche e nella simpatia suscitata da un carattere gioviale le armi vincenti per una carriera altrettanto brillante, ma fortemente aiutata da fattori esterni alle sue scelte e alla sua volontà.
Il racconto della vita dei due fratelli si dilata in una trama più ampia che diviene romanzo storico, in cui entrano via via la rivoluzione industriale, l’evoluzione economica della città di Lodz, le conseguenti tensioni sociali, la prima guerra mondiale, la rivoluzione d’ottobre. Una sequenza di avvenimenti cui fanno da sottofondo le tensioni ed i conflitti interni ad una comunità in cui si trovano a convivere, interagendo per i rapporti economici e di lavoro ma senza integrarsi, polacchi, russi, tedeschi ed ebrei; questi ultimi destinati ad essere oggetto a ripetizione di gravi atti di pesante intolleranza. I conflitti dei “gentili” contro gli ebrei sono il primo segnale della tempesta in arrivo, il terreno di coltura dell’antisemitismo nazista che il romanzo non fa a tempo a cogliere. Singer descrive con giusta indignazione il pogrom di Leopoli degli anni venti, in cui morirono settantadue ebrei, senza poter immaginare che la stessa città, alcuni anni dopo la pubblicazione del libro, sarebbe stata teatro di un eccidio ben più tragico, con l’annientamento di una comunità ebraica stimata in duecentomila persone.
Il romanzo presenta una ricca galleria di personaggi che si arricchisce progressivamente: fra questi spicca Nissan, l’ebreo che dedica la propria esistenza alla lotta proletaria, sino alla rivoluzione d’ottobre, mettendo nell'adesione ideologica al marxismo lo stesso rigore che il padre rabbino metteva nell'applicazione del Talmud e ricadendo nelle stesse amare frustrazioni per le delusioni causate dalla realtà dei comportamenti umani.
Non vi è spazio per i sentimenti in questo libro, né sembra possano esserci in una comunità ebraica in cui le donne hanno un ruolo pesantemente marginale: una comunità in cui hanno un ruolo determinante interessi economici e stratificazione sociale come Singer descrive senza remore e sfumature apologetiche. Solo nella lotta di Simcha Meyer, nel suo cadere e risollevarsi si può vedere l’allegoria di una comunità gravata dal “fardello primordiale dell’essere ebrei, il duplice peso di questo mondo e del prossimo” e che negli anni venti inizia a fare i primi passi per tornare alla terra promessa della Palestina.
Non vi è in questo libro l’emozione dei sentimenti che si trova in “Giobbe” di Joseph Roth né la rigorosa scansione temporale e spaziale del successivo romanzo di Singer “La famiglia Karnowsky”; Lo stile è asciutto, il libro è corposo. Tuttavia il romanzo, con una vigorosa e rigorosa descrizione delle tragiche vicende in quella parte dell’Europa che è stata epicentro delle tragedie del secolo scorso, offre un quadro storico di notevole interesse.

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"Giobbe" di Joseph Roth; La famiglia Karnowski
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