I Borgia. Danzando con la fortuna
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Gloria e tramonto per i Borgia
Siamo nell'anno 1502: la stella della famiglia Borgia è allo zenit. Rodrigo, papa Alessandro VI, con la sua sagacia diplomatica condita con abbondanti dosi di crudele spregiudicatezza e di spudorata corruzione, domina la scena politica dell’Italia rinascimentale. Suo figlio Cesare, detto “il Valentino”, abbandonato l’abito talare, s’è rivelato un condottiero abile e audace: in pochissimi anni, grazie anche agli abbondanti finanziamenti che gli giungono dal papato stesso, oltre che alla feroce determinazione con cui si sbarazza di nemici dichiarati e alleati timidi, ha conquistato moltissimi staterelli, dando vita al temuto ducato di Romagna che, mese dopo mese, allarga i suoi confini nell'Italia centrale. Lucrezia s’è rivelata una importante pedina sullo scacchiere politico: data in sposa ad Alfonso d’Este ha assicurato l’amicizia o, quantomeno, la necessaria neutralità di Ferrara. Nulla sembra poter fermare il dilagante espandersi del potere di questa famiglia di origini spagnole. Addirittura la ribellione dei mercenari, che Cesare aveva assoldato per le sue conquiste, diviene una ghiotta opportunità per chiudere i conti con alleati incerti e vecchi nemici e per estendere ulteriormente i confini del ducato. Niccolò Machiavelli, nelle sue vesti di inviato della repubblica fiorentina, osserva con estrema perspicacia e preveggenza l’evolversi di questi avvenimenti ed individua proprio in un “Principe” come Cesare Borgia colui che potrebbe dare una svolta decisiva alla caotica situazione politica italiana. Ma la Fortuna, che sinora si è schierata dalla parte dei Borgia, volge loro, improvvisamente, le spalle: la morte di Alessandro, per una improvvisa malattia che prostra fin quasi al decesso anche Cesare, interromperà quel cammino trionfale che appariva inarrestabile. Solo Lucrezia si salverà dalla rovina e, come duchessa di Ferrara, darà vita ad una delle corti più colte ed importanti per il clima intellettuale dell’inizio del XVI secolo.
Con questo libro Sarah Dunant chiude il ciclo dedicato ai Borgia proseguendo senza soluzione di continuità il precedente “Sangue e Onore. I Borgia” nel quale erano stati presi in esame i primi anni del papato di Alessandro VI.
Con uno stile fluido e accattivante l’A. ripercorre gli ultimi anni della parabola storica di questi discussi personaggi con lodevole vivezza ed equilibrio.
Quando si parla di Borgia, è inevitabile che sorga prepotente la tentazione di fare un romanzo ad effetto, infarcito di episodi scandalosi, truculenti omicidi e scontri passionali. L’A., invece, riesce a ripercorre con grande rigore storico quegli anni cruciali per la storia italiana, dando vivacità agli attori del dramma senza trasformarli in personaggi da fumetto come spesso è accaduto. In questo lavoro descrittivo molto aiuta l’introduzione della figura di Machiavelli il quale, da osservatore esterno, fornisce una chiave di lettura accurata dei vari personaggi, quasi come uno scienziato che li osservasse al microscopio.
Ancor più che con il romanzo precedente, in questo volume, l’A. concede pochissimo alla fantasia letteraria e si appoggia soprattutto alla ricca documentazione pervenutaci che, è evidente, ha ampiamente consultato e studiato. I personaggi, così, prendono vita a tutto tondo e ci si trova immersi appieno nella vita delle corti rinascimentali con ricchezza di particolari.
Tema centrale del romanzo, ben evidenziato dal titolo originale “In the Name of the Family”, è l’esaltazione dell’amore reciproco che legava questa famiglia sui generis, amore, non incestuoso come malignarono gli oppositori, ma solo paterno, filiale e fraterno, amore che spesso guidò le loro mosse più della smania di potere o dell’agone politico. Questo è forse l’aspetto più rimarchevole dell’opera presa nel suo complesso (cioè dei due volumi considerati unitariamente): l’ammirevole intenzione di spogliare la storia dei Borgia dalla congerie di invenzioni e concrezioni accumulatesi nel tempo e spesso inventate ad arte dagli avversari dell’epoca al solo scopo di calunniarne la memoria deformando l’immagine da consegnare alla storia. Nel romanzo, nei limiti del possibile per un opera di fantasia, viene restituita la realtà di una famiglia crudele e spietata, sì, corrotta, pure, ma non più di quanto lo fossero tutti gli altri protagonisti di quella turbinosa epoca. Ci sono restituiti un Cesare Borgia, inesorabile e sanguinario, ma pure condottiero geniale, uomo politico di grande lungimiranza e illuminato amministratore dei territori conquistati, tanto da godere dell’ammirazione del Machiavelli; una Lucrezia, bellissima e sensuale, ma anche amante dell’arte e della cultura, splendida mecenate a Ferrara; ed un Rodrigo/Alessandro, corrotto e lussurioso (quantomeno per un sacerdote), ma amorevole con i figli, devotissimo alla Madonna e di gusti frugali a differenza del resto del clero che lo circondava.
Quindi, un buon libro che consente di aprire una finestra, senza preconcetti, su uno dei nostri periodi storici più affascinanti. A voler trovare proprio un difetto nell'opera, per altri versi godibilissima, ho notato che in taluni passaggi si fa un accenno a determinati episodi o situazioni senza entrare maggiormente nello specifico, quasi una strizzata d’occhio al lettore presumendo che sia edotto, con il rischio, però, che chi non dovesse sapere ciò di cui si sta parlando, possa non comprendere appieno tutte le implicazioni sottese a determinati gesti. Tuttavia questo lieve difetto non spoglia la gradevolezza della lettura.