Galatea Galatea

Galatea

Letteratura straniera

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Galatea, la statua che la dea Afrodite ha reso viva in uno slancio di benevolenza verso Pigmalione, il grande scultore greco, è ora una donna a tutti gli effetti: la sua bellezza uguaglia, o probabilmente supera, quella della marmorea opera d’arte del suo creatore. Dopo averla presa in moglie, l’uomo pretende che lei lo ripaghi incarnando altissime virtù di obbedienza e umiltà, assoggettandosi al suo desiderio. Così, per quanto Galatea provi un sottile piacere nell’usare la propria avvenenza per manipolare lo sposo, in lei comincia a farsi strada un sentimento di ribellione. Nell’ossessiva speranza di fermarla, il marito la tiene sotto stretta sorveglianza in una clinica, controllata da dottori e infermiere. Ma quando le nasce la figlia Pafo, in Galatea si desta un vigile istinto materno, pronto a esplodere al primo segno di pericolo. Ormai è troppo tardi per ostacolare la decisione di spezzare le catene della sua prigionia, costi quel che costi.



Recensione della Redazione QLibri

 
Galatea 2021-11-15 11:52:41 C.U.B.
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    15 Novembre, 2021
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Garlaschelli feat Miller

Si lamentano della mia pelle fredda, per forza ripeto.
Un tempo ero di pietra.
Osservano che sono terribilmente pallida, certamente asserisco ogni volta.
Un tempo ero di pietra.
Lasciatemi libera, portatemi al sole. Il sole scalda la pietra.

Rivisitazione in chiave moderna del Mito di Galatea e Pigmalione, è un racconto che vorrebbe parlare di un amore controverso. Di esercizio del potere e di sottomissione, di solitudine, umiliazione e sofferenza, di candore e coraggio. Di bellezza, di maschilismo, di una ragazza dalla pelle algida, della dolcezza di una madre. Di un uomo in carne e ossa con un cuore di marmo e di una donna di pietra, con un cuore pulsante.
Vorrebbe, scrivo obbligata al condizionale, poiché buono sarebbe il potenziale se il contenuto fosse sviluppato opportunamente.

Il nome di Miller come autrice permeava di una certa sicurezza il lettore inconsapevole che è in me. Ebbene, dimenticativi della penna voluttuosa e corposa della scrittrice di Circe -che avevo divorato- questo è un raccontino appena schizzato e nemmeno troppo bene, purtroppo.
Breve e con una penna poco curata, da solo non avrebbe potuto essere pubblicato ed infatti il volume è accompagnato dalle belle illustrazioni di Ambra Garlaschelli, specializzata in arti visive.
Chiamiamo le cose col loro nome, più che un embrione di Madeline Miller corredato delle immagini dell’italiana, lo definirei un piacevole albo di Garlaschelli, argomentato da un cenno letterario di Miller.

Consiglio vivamente di sfogliarlo in libreria, piuttosto che acquistarlo on line. Credo sia il modo migliore per valutare se possa essere un libro adatto ai propri gusti o meno, non avendo nulla a che vedere con la produzione precedente dell’americana. Diversamente, se amate la grafica, sono immagini molto belle, appassionate ed evocative.

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