Fratelli d'anima Fratelli d'anima

Fratelli d'anima

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Un romanzo che mostra come nel naufragio totale della civiltà rappresentato dalla Grande Guerra non soltanto l'Europa, ma anche una parte non trascurabile dell'Africa perse la sua anima e la millenaria tradizione che la custodiva. Sul fronte occidentale, nelle trincee francesi, tra i soldati bianchi coi loro vistosi calzoni rossi spiccano i fucilieri senegalesi, «i cioccolatini dell'Africa nera», come li chiama il capitano Armand. Prima di ogni assalto, il capitano non manca di ricordare loro che sono l'orgoglio della Francia, «i più coraggiosi dei coraggiosi», un autentico incubo per i nemici che hanno paura dei «negri selvaggi, dei cannibali, degli zulù». I senegalesi ridono contenti. Poi, mettendosi in faccia gli occhi da matto, sbucano, fuori dalla trincea con il fucile nella mano sinistra e il machete nella destra. Alfa Ndiaye e Mademba Diop sono amici, fratelli d'anima cresciuti insieme in Africa, lontano dai freddi accampamenti del fronte. Quando in trincea risuona il colpo di fischietto del capitano, escono anche loro dal buco urlando come selvaggi indemoniati per non apparire meno coraggiosi degli altri. Un giorno, però, Mademba Diop viene ferito mortalmente e, con le budella all'aria, chiede per tre volte ad Alfa di dargli il colpo di grazia. Per tre volte Alfa si rifiuta e, dopo una lunga e atroce agonia, Mademba muore. La morte dell'amico consegna Alfa all'impensabile, a tutto ciò che gli antenati e il mondo di ieri avrebbero proibito e che invece la grande carneficina della guerra moderna concede.



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Fratelli d'anima 2019-06-12 09:28:52 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    12 Giugno, 2019
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La devastante realtà della guerra

Prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra, la guerra di trincea, la guerra del corpo a corpo, la guerra dove protagonista indiscussa è la fisicità perché perdere un metro significa perdere la linea del fronte a favore del nemico.
I loro nomi sono Alfa Ndiaye e Mademba Diop e sono fratelli d’anima. Sono cresciuti insieme in Africa, lontano da quei freddi accampamenti del fronte in cui il conflitto bellico li ha trasportarti. E quasi a voler rendere vivido quel senso di disperazione e perdita che la storia ha inizio con la morte. Con il decesso di Mademba Diop che un giorno come un altro viene ferito mortalmente e che, mentre le sue budella sono sparse ovunque, chiede all’amico Alfa di dargli il colpo di grazia. Per tre volte e per tre volte Alfa si rifiuta. È devastato il protagonista, è sgomento di fronte a quella carneficina che lo ha relegato a combattere per la Francia contro il mostro dagli occhi azzurri. E loro, loro che, sulla scia della propaganda, non erano partiti altro che per cogliere quell’opportunità di diventare qualcuno, di avere il loro riscatto, di scalare quella posizione sociale per vivere più dignitosamente, sono nel vortice. La Francia aveva bisogno della loro forza selvaggia, dell’uomo nero che in preda a quell’Amok inarrestabile avrebbe sventrato, ucciso, urlato, decapitato il nemico al fischio del capitano Armand. Tuttavia, la dipartita del fratello d’anima, dell’amico più che amico, è una ferita che non può risarcire e di cui deve vendicarsi. Perché quella morte è una sua responsabilità. Un’ossessione. Un’ossessione che si tramuta in uno sdoppiamento di personalità in cui l’eroe non distingue più il suo essere da quello del compagno scomparso, un’ossessione che non si placa nemmeno con la vendetta e che riesce a trasformarsi soltanto in un rimpianto per quella vita che l’altro non potrà vivere.
Il tutto attraverso profonde e dettagliate descrizioni che traportano il lettore in quegli anni, che gli fanno respirare e toccare con mano l’orrore, l’insopportabilità della devastazione, che sono un pugno nello stomaco.
Meritatamente vincitore del Premio Strega Europeo 2019, “Fratelli d’anima” di David Diop è un elaborato forte, dalla scrittura vivida e quindi perfetta espressione delle voci dei protagonisti, dal contenuto indelebile e dalle molteplici riflessioni intrinseche.

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