Belgravia
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Il passato "non" è una terra straniera
Cosa accomuna i Bellasis, conti di Brokenhurst, antica stirpe appartenente alla migliore aristocrazia britannica, e i Trenchard, l’oscura famiglia di un costruttore che proviene dal commercio e ha edificato il famoso Belgravia, il quartiere più alla moda nella Londra del primo Ottocento? A unirli un filo tanto sottile quanto possono diventarlo le ferree convenzioni sociali quando c’è di mezzo un importante segreto da proteggere. Un segreto che, se rivelato, ha il potere di precipitare nella polvere e innalzare alla gloria la vita di molte persone.
Fra piccoli e grandi intrighi, amori ostacolati, fraintendimenti, scalate sociali, Julian Fellowes, il premio Oscar autore della celebre serie tv "Downton Abbey", traccia con mano felice, leggera e sicura un’opera che è un ibrido perfetto tra il feuilleton ottocentesco, il romanzo storico e la commedia degli equivoci. La penna dello sceneggiatore di "Downton Abbey" si riconosce nello stile curatissimo, nella deliziosa e delicata ironia, nei dialoghi tanto garbati quanto acuti e frizzanti, nei personaggi articolati e multi sfaccettati, mai tutti bianchi o tutti neri, nell’intreccio basato su una fitta serie di intrighi e rimandi dialettici tra upstairs e downstairs, tra il mondo dei padroni, più o meno ricchi, più o meno aristocratici, più o meno amati, ma pur sempre padroni, e i ranghi dei domestici (ancora più serrati di quelli della buona società), a volte fedeli servitori, a volte quasi amici devoti, a volte arrivisti pronti a tradire e ricattare per ottenere denaro o una promozione.
Se il mondo downstairs costituisce l’altra faccia del mondo upstairs, a fare da contrappeso agli aristocratici Brockenhurst sono invece i Trenchard, il cui capofamiglia, James, è tenacemente impegnato fin da giovane in un’ardua scalata sociale, tanto goffo e imbranato nei salotti londinesi quanto capace, spregiudicato e determinato negli affari. Ben diversa è la moglie Anne, tranquilla, riservata, ancorata alla sobria realtà, eppure rassegnata sostenitrice degli irrealistici sogni di gloria del marito. Ancora diversi sono gli anziani coniugi Brockenhurst – abile e determinata lei, apatico e distratto lui – che hanno perso a Waterloo il loro unico figlio ed erede diretto e vivono quello che gli rimane con l’amara consapevolezza che nulla resterà del loro passaggio sulla Terra quando l’avranno lasciata. Tutti loro sono legati dal mistero che ruota intorno a Charles Pope, giovane borghese di belle speranze, serio, lavoratore e affidabile, esattamente l’opposto di John Bellasis, nipote ed erede dei Brockenhurst, un gaudente scapestrato che vive solo per divertirsi e sperperare denaro mentre attende di entrare in possesso dell’eredità degli zii, ammesso che qualcuno non riesca a portargliela via. Un sottile gioco di equilibri, quello su cui "Belgravia" si regge con spontanea, elegante perfezione e che ha permesso a un enorme segreto di restare nascosto per venticinque anni fino alla comparsa improvvisa di Charles Pope. È il suo arrivo sulla scena di Belgravia, tra i salotti e i ricevimenti dell’alta società londinese, a mettere in moto una catena di eventi, equivoci e fraintendimenti che, nonostante la prevedibilità del finale, è uno spasso dalla prima all’ultima pagina.
Il passato è una terra straniera, scrive Julian Fellowes rifacendosi a un vecchio modo di dire, un mondo lontano, diverso dal nostro e ormai dissolto nelle nebbie del tempo, anche se in fondo gli uomini e le donne, con i loro sentimenti, i loro desideri, le loro paure, le loro ambizioni, sono sempre gli stessi. Per i Bellasis e i Trenchard, però, la situazione è ben diversa e quello che credevano morto e sepolto è ancora drammaticamente vivo, pronto a bussare alla porta, alterare gli equilibri e sparigliare le carte in tavola, mostrando tutta l’assoluta, beffarda imprevedibilità del destino. Il passato, dopotutto, non è affatto una terra straniera.
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Ambizione, invidia, amore nella Londra dell'Ottoc
Benvenuti nella Londra del 1840, tra ricevimenti, sale da tè e splendidi palazzi nobiliari.
Il romanzo di Fellowes, pur essendo una vicenda ambientata nel passato, sapientemente ricostruita con dovizia di particolari e verosimiglianza, ci vuole raccontare qualcosa sugli esseri umani, sul loro bisogno di amare, di sentirsi protetti da una famiglia, su quanto possano riuscire ad essere invidiosi, avidi, bramosi di potere, soli.
“Il passato, ci viene ripetuto spesso, è una terra straniera, in cui le cose si facevano diversamente. Potrebbe essere vero, e lo è a tutti gli effetti quando si tratta della morale, dei costumi, del ruolo delle donne, dell'aristocrazia e di mille altri dettagli della vita quotidiana. Ma esistono anche analogie. L'ambizione, l'invidia, la rabbia, l'avidità, la cortesia, l'altruismo e, soprattutto, l'amore muovono da sempre le scelte umane.”
Dopo un breve antefatto che si svolge a Bruxelles nel 1815, ci troviamo a Londra, nel 1841, nel quartiere di Belgravia. Anne Trenchard, la moglie di un ricco costruttore privo di origini nobiliari, è stata invitata a prendere un tè dalla duchessa di Tavistock. Nell'occasione si ritrova casualmente a parlare con un'interessante nobildonna: appena scopre di chi si tratta si trova a rivivere gli eventi cruciali che si svolsero a Bruxelles nel 1815 e che cambiarono per sempre la sua vita e quella della contessa con cui sta parlando, Lady Brockenhurst. Da quel momento prende avvio una storia familiare avvincente e piacevole da leggere: tra ricevimenti, feste, soggiorni in campagna e pranzi in club aperti a soli uomini, possiamo comprendere che i sentimenti che muovono gli esseri umani sono gli stessi in qualunque epoca e, aggiungerei, a qualunque latitudine.
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Intrighi e segreti nell’Inghilterra vittoriana
Per inquadrare questo romanzo basta citare alcune note biografiche sul suo autore. Il nome di Julian Fellowes è infatti inscindibilmente legato alle grandi rappresentazioni dell’aristocrazia inglese di fine Ottocento, raccontata attraverso gli scandali familiari, le consuetudini, gli amori e, non ultimi, i pettegolezzi che animano i grandi salotti così come le scale della servitù. Come nel pluripremiato film Gosford Park o nell’amatissima serie televisiva Downton Abbey, di cui ha curato la sceneggiatura.
La narrazione ci porta immediatamente in uno dei balli più celebri della storia, quello che la Duchessa di Richmond tenne a Bruxelles nel 1815, alla vigilia della battaglia di Waterloo. Ci ritroviamo così immersi tra abiti eleganti, uniformi di gala, splendidi gioielli e giovani amori nati tra le danze, come quello tra la bella Sophia Trenchard, figlia di un ricco commerciante dotato di grande fiuto e goffa ambizione, e Lord Edmund Bellasis, erede di una delle più blasonate e rigide famiglie inglesi, i Conti di Brokenhurst. La guerra coprirà di polvere e sangue le loro giovanili speranze ma, venticinque anni dopo, queste due famiglie, così lontane per posizione sociale, si ritroveranno unite nel condividere e proteggere un misterioso segreto che le legherà per sempre.
Le tipiche ambientazioni vittoriane, di tè pomeridiani ed eleganti ricevimenti, si animano di sospetti, intrighi e complotti per raccontare un’avvincente saga familiare e, allo stesso tempo, la trasformazione di un paese in cui, accanto alla vecchia aristocrazia terriera, si sta facendo largo una nuova classe borghese ed imprenditoriale.
“Belgravia” è dunque un moderno feuilleton (inizialmente pubblicato online in undici appuntamenti settimanali) che fa rivivere le atmosfere dei classici ottocenteschi, rispettandone la grazia e il tono. Una voce narrante fluida e garbata ci parla di sentimenti e invidie senza mai infiammarsi con il fuoco delle passioni, racconta dei meccanismi e dei comportamenti della società senza veemente partecipazione ma con neutro distacco, venato da un pizzico di intelligente ironia. Emotivamente non molto coinvolgente, forse, ma di certo una buona prova narrativa, scorrevole, pacata ed elegante, che ci trasporta ancora una volta in un’epoca di grande fascino, che non ci stanchiamo mai di vedere raccontata.