La passione di mademoiselle S.
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Per il tuo sogno barocco
“La passione di Mademoiselle S.” viene sbandierata da Jean-Yves Berthault, curatore di quest’opera che attinge a piene mani da un presunto carteggio rinvenuto in un baule dimenticato (speriamo) da Dio e (avrebbe potuto rimanere tale!) dagli uomini, ove Simone – audace signorina della bella società parigina degli anni Venti – ha gelosamente custodito i suoi ricordi della travolgente relazione erotica che clandestinamente intrecciò con Charles, uomo (ma anche no, quando diventa la “mia adorata Lotte”, diminutivo di Charlotte) irrimediabilmente sposato a una rivale.
Simone ha appena il tempo di presentarsi come schiava d’amore (“… mi farai soffrire crudelmente, ma so anche con quale gioia riceverò la mia ricompensa”) a vocazione masochistica, e il lettore non ha neanche la possibilità di meravigliarsi della dimestichezza che Mademoiselle vanta con ausili che oggi supponiamo custoditi nei sexy shop, e già viene il tempo dell’inversione dei ruoli: “Sotto l’influenza delle nostre passioni, cambieremo sesso e avremo così doppio piacere, doppio godimento”.
Uno stratagemma per amplificare le possibilità del piacere (“In te ho trovato una creatura duplice: un amante meraviglioso, un’amante divina”)?
Nossignori. Sembrerebbero proprio tendenze omoerotiche belle e buone.
Quando poi l’evoluzione del rapporto sembra postulare nuove intrusioni, giunge il momento del dubbio cartesiano: “Perché cercate altrove ebbrezze diverse che certo non eguaglierebbero mai il nostro reciproco vizio?”
E così chiosa l’ineffabile Simone:
“Nemmeno io, tesoro, potrei tollerare una terza persona tra noi. Tollero appena la spartizione legittima del tuo corpo”.
Di fronte a tanta estroversione ed esuberanza amatoria (“Le mie più folli carezze dappertutto, dappertutto”), il curatore propone una sua razionalizzazione in una nota a piè di pagina: “Simone è soggetta a una forma grave di nevrosi isterica che la porta a divenire l’altro al punto da assumere il genere di Charles”.
Il tempo scorre (“… abbiamo un passato meraviglioso e un presente ancora appassionato, ma sai che temo l’avvenire”) tra (tante) fantasie epistolari, (pochi) incontri clandestini e alcuni momenti di distacco (“Perché non hai portato con te anche il mio corpo?”), il rapporto evolve in senso voyeuristico (“… le prossime foto… sarà follemente eccitante rivederle”) e si verticalizza in un incontro a tre nel quale Simone vuole coronare in modo autentico il sogno omoerotico del partner.
Il sagace curatore, in una delle ultime note, si preoccupa perfino di rispondere al mio atroce dubbio, anch’esso cartesiano: mi chiedevo perché mai nel baule vi fossero soltanto le lettere di Simone e non anche quelle del fortunato Charles. Trovate convincente questa risposta? “La consuetudine della buona società esigeva che al momento della rottura l’amante restituisse all’amata tutte le lettere che gli erano state indirizzate, per non rischiare di compromettere la reputazione della signora”.
Giudizio finale: pornografico, licenzioso, esplicito (alla faccia della bella società parigina!)
Indicazioni utili
- sì
- no