I fiori splendenti nell'abbraccio degli amanti
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 1
Erotismo arabo… da ridere!
Chissà che reazione avrebbero di fronte a libri come questo i bacchettoni e i fanatici dell’Islam…
Nella migliore delle ipotesi, il rogo sarebbe la loro risposta a queste pagine; nella peggiore, tra le fiamme finirebbero pure gli incauti lettori. Fortuna che la feconda, multiforme e tollerante cultura islamica del passato, a dispetto della barbarie odierna, ha prodotto gioielli come “I fiori splendenti”, un’opera considerata un capolavoro della letteratura erotica araba.
La firma è quella di ‘Alî al-Baghdâdî (nessuna parentela con il sanguinario “califfo” dell’Isis), un autore arabo del XIV secolo probabilmente di origine irachena, come s’ipotizza dal nome, il quale visse per lungo tempo in Egitto, alla corte mamelucca del Cairo.
Mi sono regalata di recente – a distanza di un paio d’anni – una rilettura di questo libro, nel quale mi imbattei per puro caso mentre curiosavo in una vecchia libreria di titoli ormai fuori catalogo. Si tratta di una raccolta di oltre venti racconti: piccole storie raccontate con garbo, ironia e comicità, e anche con una buona dose di sana sfacciataggine che però non sfocia mai in volgarità gratuita, sebbene il linguaggio sia schietto e tutt’altro che censurato. L’oggetto del raccontare, elaborato sulla base di aneddoti raccolti dall’autore stesso forse a corte o durante i viaggi al seguito del sultano, è presto detto: il vivace, anzi vivacissimo ingegno delle donne.
“[…] un libro in cui raccogliere, per quanto sia possibile, le facezie, le burle, i giochi proibiti e le scene di sregolatezza, in modo da illuminare la fondatezza e il buon senso dei proverbi popolari, mostrando come tali creature possano cavarsela con risposte tanto pronte quanto appropriate”, scrive nella sua prefazione ‘Alî al-Baghdâdî, il cui intento, aggiunge, è quello di mettere allegria in chi legge e allontanarne così i crucci dell’esistenza. Non se ne dubiti, poiché si rischia per davvero di sorridere e ridere di gusto a ogni angolo di queste pagine ricche di quelle particolari atmosfere dell’Oriente che fu. Spassosissimi alcuni quadretti coniugali, non da meno quelli extraconiugali, dove mariti e amanti, puntualmente in odore di corna, fanno infine la figura dei poveri fessi dinanzi all’astuzie e alle trovate geniali delle loro compagne per mettere in atto e poi nascondere le proprie tresche: in certi casi, non soltanto traditi, ma addirittura felici di esserlo… Gli incontri sessuali vengono descritti con dovizia di particolari, ma, come detto, non c’è alcun intento volgare e il libro si propone come letteratura d’evasione.
Sebbene a più riprese, nel corso della narrazione, venga invocata l’infinita misericordia di Allah per non incappare nella ridicolaggine di simili situazioni, l’opera appare come un indiscutibile riconoscimento all’intelligenza e al valore delle donne, decisamente più scaltre degli uomini, quantunque confinate all’ambiente domestico. E la tanto temuta misoginia araba? In verità, qui non se ne trova traccia, così come viene scardinato d’un colpo l’ormai abusato stereotipo della donna musulmana sottomessa e priva di personalità: le rappresentanti della categoria in questione, protagoniste indiscusse in questo giardino dai fiori splendenti, sanno bene cosa vogliono e, soprattutto, come ottenerlo!
Una bella e divertente lettura che consiglio a chi voglia semplicemente farsi quattro risate, a chi sia curioso di leggere qualcosa di arabo, a chi abbia altrettanta curiosità di vedere un po’ più da vicino l’Islam per capire se esso sia veramente così tetro come le cronache del nostro tempo spesso ce lo raccontano.