Una lacrima mi ha salvato
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UNA LACRIMA MI HA SALVATO
L’ennesima testimonianza, una donna, che improvvisamente, da una vita attiva, come tante, si ritrova confinata in un letto di Ospedale, collegata ad un respiratore, praticamente cieca ed incapace di muovere qualsiasi parte del corpo, insomma praticamente in coma.
Un vero incubo …. Per lei stessa, per suo marito e sua figlia ….
Cosa sarà successo ad Angèle?
Da qualche giorno la donna aveva formicolii e parestesie alle estremità, del tutto sottovalutate, alla comparsa di un improvvisa quanto dolorosissima cefalea, si decide il trasporto in Ospedale.
Tutti gli esami a cui viene sottoposta Angèle, risultano apparentemente negativi, nessun problema di emorragia cerebrale o di una possibile massa che possa aver determinato le condizioni della donna ma ancora:
Cosa sarà successo ad Angèle?
I medici brancolano nel buio, la donna in realtà ha le funzioni cerebrali mantenute, quindi pur non vedendo sente tutto dal punto di vista uditivo, e percepisce chiaramente il dolore, pur non avendo la capacità di reagire e ribellarsi, a tutte le tecniche invasive alle quali viene sottoposta, molto dolorose.
Quindi, a pochi giorni dal ricovero, sente chiaramente il Primario, che, parlando con il marito, prospetta la possibilità a breve di “staccare la spina”.
Questo significa la morte certa della donna.
Ma come è possibile! Una pratica simile viene attuata nel momento in cui le funzioni cerebrali risultano assenti, ma Angèle, sente, pensa, soffre, grida all’interno del suo corpo, trasformatosi nel suo sarcofago.
Questa storia è vera, Angèle vi accompagnerà passo, passo attraverso il suo incubo, percorrerete con lei il tunnel nero come la pece, che sono i primi giorni di ricovero, fino ad arrivare alla luce di speranza e di guarigione.
Non voglio svelare quale rara patologia abbia colpito la donna e nemmeno parti importanti del suo calvario.
Lo scopo del libro è quello di far conoscere più possibile la storia di Angèle, così da sensibilizzare il personale Medico ed Infermieristico nella gestione del paziente non autosufficiente.
Non solo avere persone preparate all’uso dei materiali e degli strumenti necessari a mantenere in vita i pazienti, ma, sviluppare quell’empatia, quella delicatezza, quella sensibilità che portino a comprendere che “riparare” un corpo, prevede anche il considerare l’anima ed il cuore del paziente stesso.
Angèle mai vorrebbe che altre persone si debbano ritrovare a vivere ciò che lei ha passato.