Una giovinezza in Germania
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Tutti dovremmo leggerlo (se ci fosse permesso)
Ci sono libri che a mio avviso dovrebbero essere letti da tutti, perché ci aiutano a capire il passato e – attraverso di esso – a interpretare il presente in cui viviamo. Uno di questi libri è sicuramente 'Una giovinezza in Germania' di Ernst Toller, che ha rappresentato per me una vera scoperta.
Ci sono libri che dovrebbero essere letti da tutti, ma che di fatto ci viene quasi impedito leggere. 'Una giovinezza in Germania', una delle poche opere di Toller tradotte in italiano, è stato edito da Einaudi l’ultima volta nel 1982, e da allora non è più stato ristampato. Oggi è “momentaneamente non disponibile” in libreria e per reperirlo, come per poter leggere i pochi altri testi dell’autore editi in tempi storici, è necessario scavare nelle profondità dei siti web dedicati al mercato dell’usato, mettendo in conto di spendere cifre alle volte non indifferenti.
Se spesso mi sono lamentato della deriva commerciale e della funzione obnubilatrice delle menti che ormai caratterizza la "grande" (?) editoria italiana, ritengo di poter dire che la mancata edizione di un autore come Toller sia da considerarsi un vero e proprio scandalo culturale. Toller infatti non è un autore minore, ma è stato uno dei massimi rappresentanti dell’espressionismo tedesco degli anni ‘20, oltre che un protagonista politico della convulsa fase della storia tedesca, ed in particolare bavarese, che andò dalla fine della prima guerra mondiale alla sconfitta dell’effimera Repubblica dei Consigli nella primavera del 1919. Fu amico tra gli altri di Thomas Mann e di Rainer Maria Rilke, e sue opere teatrali – tra le quali le più celebri sono 'Uomo massa', 'Hinkemann il mutilato' e 'I distruttori di macchine' – in gran parte scritte in carcere durante i cinque anni di prigionia che la Repubblica di Weimar gli comminò in quanto capo militare della Repubblica dei Consigli, sono unanimemente considerate dei capolavori del teatro politico novecentesco. Uscito dal carcere nel 1924, si trovò ben presto nella necessità di emigrare a fronte dell’ascesa del nazismo: visse dapprima in Gran Bretagna e quindi negli Stati Uniti, dove si suicidò, quarantaseienne, nel 1939.
Una vita drammatica, quindi, vissuta da protagonista in un periodo storico le cui tragedie sono state il preludio di altre tragedie, in un periodo che ha determinato la Storia del ‘900 in Europa e le cui vicende hanno plasmato in larghissima parte l’assetto sociale e politico in cui oggi viviamo. Una vita ed un’opera delle quali oggi in Italia è difficile conoscere qualcosa.
'Una giovinezza in Germania', scritta nel 1933, "nel giorno del rogo dei miei libri in Germania", come ci dice l’autore nel meraviglioso, struggente capitolo iniziale, è l’autobiografia dell’autore, dall’infanzia in un piccolo villaggio della Prussia Occidentale (oggi Polonia) sino a quando, trentenne, ha termine la sua carcerazione. E’ un testo splendido, sia per la lucidità e la mancanza di ogni indulgenza con la quale Toller analizza gli avvenimenti della sua vita nel contesto storico in cui si svolgono, sia dal punto di vista letterario, per lo stile asciutto, incalzante, fatto di frasi brevi e di un ritmo che diviene quasi sincopato nei capitoli dedicati alla guerra e alla rivoluzione, per essere invece più pacato e disteso in altri passi, soprattutto quelli riguardanti la sua infanzia e giovinezza prebellica.
Toller è figlio della buona borghesia ebraica tedesca, e nel capitolo dedicato alla sua infanzia ed adolescenza in poche pagine, narrandoci alcuni episodi riguardanti soprattutto il suo rapporto con Stanislao, un suo amico polacco e cattolico figlio di un guardiano notturno, ci introduce nel cuore delle divisioni che caratterizzavano la Prussia guglielmina. Divisioni di classe, con i tedeschi che costituiscono il vertice e i polacchi – a cui le terre sono state confiscate – la base operaia e contadina della scala sociale, che vengono sancite come divisioni culturali, etniche e religiose. Il piccolo Toller, orgoglioso di essere tedesco e passivo – anche se a volte dubbioso – recettore della retorica militarista, conosce in quell’ambiente anche i primi germi di uno strisciante antisemitismo.
Segue un altro capitolo che ci narra della vita di Toller studente universitario a Grenoble, dei suoi amori, dei suoi vizi, delle sue prime opere poetiche e del suo contraddittorio rapporto con la società francese, culla di cultura ma nello stesso tempo nemico ereditario della Germania. Il giovane Toller è ancora impregnato di spirito nazionalista, e quando nel 1914 scoppia la guerra non esita a tornare in tutta fretta e a partire volontario "per difendere la patria in pericolo".
E’ qui che il libro entra nel vivo e si trasforma da un quasi leggero racconto autobiografico della vita di un bravo ragazzo della buona borghesia nella vivida descrizione di una tragedia collettiva. Toller è mandato al fronte in Alsazia, e presto si accorge di quanto lontana sia la realtà della guerra dalla retorica che la alimenta: matura sentimenti pacifisti, non sorretti però da una coscienza politica circa la vera essenza della guerra come strumento del dominio capitalista: questa coscienza la maturerà solo verso la fine del conflitto, durante un breve periodo di carcerazione. Toller in queste pagine dedicate al suo conflitto mondiale è in grado di descriverci l’orrore delle trincee con ruvide e brutali pennellate: il cranio spaccato di un soldato in una chiesa, il colore del viso dei morti, non dissimile da quello dei vivi, il sollievo provato quando cessano le grida di un moribondo impigliato nel filo spinato.
Dichiarato inabile alla guerra a causa di una malattia, completa gli studi a Monaco e partecipa all’inizio del 1918 alle prime avvisaglie della ribellione popolare contro la guerra, contribuendo alla fondazione della "Lega culturale-politica della gioventù di Germania", che incita (con scarso successo) gli intellettuali tedeschi a schierarsi per la pace. Viene imprigionato e – come detto – in carcere maturerà la sua adesione al socialismo rivoluzionario. Il suo sarà però un socialismo intriso di umanitarismo, nel quale la necessità di agire, di utilizzare la violenza come strumento per la rivoluzione sociale, sarà sempre vissuta come una contraddizione, sia pur a volte necessaria, rispetto agli ideali di fratellanza e solidarietà che il socialismo predica. Questa contraddizione sarà il tema portante di alcune delle sue più importanti opere teatrali, ed emerge anche in questa sua biografia, sia nelle pagine dedicate alla vicenda rivoluzionaria bavarese sia nelle riflessioni che svolge durante gli anni di carcerazione.
Gli avvenimenti si susseguono sempre più incalzanti, e ai primi scioperi spontanei determinati dalla fame crescente seguono il crollo della monarchia guglielmina, la formazione di un governo borghese a Berlino, la rivolta spartachista, gli assassinii politici di Karl Liebknecht, di Rosa Luxemburg e di Kurt Eisner e la rivoluzione a Monaco. Quest’ultima – e il suo rapido fallimento – è analizzata da Toller (che come detto ne fu uno dei protagonisti) senza alcuna indulgenza, soprattutto nel senso che l’autore individua da subito nelle divisioni dei partiti e dei gruppi di cui il movimento rivoluzionario era composto ed anche nell’impreparazione politica delle masse operaie e contadine i germi che avrebbero in breve portato alla disfatta. Il tradimento dei socialisti di destra, che si fanno da subito quinta colonna della reazione del Reich berlinese, gli opportunismi, almeno nella prima fase, del Partito Comunista, il pressapochismo della dirigenza rivoluzionaria vanno di pari passo con il fatto che le masse – cui il potere è stato di fatto consegnato da un sistema che si è autodissolto – sapevano ciò che non volevano ma non sapevano ciò che volevano. Non è difficile quindi, nonostante gli atti di eroismo delle guardie rosse, al Reich di Berlino soffocare nel sangue la Repubblica dei Consigli e avviare una durissima repressione, con l’eliminazione fisica dei capi rivoluzionari e di chiunque fosse solo sospettato di avere appoggiato la rivoluzione. In breve tempo l’ordine borghese torna a regnare su Monaco, e i quartieri operai della città rientrano in una muta disperazione.
A Toller, arrestato dopo rocamboleschi travestimenti e nascondigli, viene riservata una condanna tutto sommato mite, in ragione della sua notorietà come intellettuale e della solidarietà anche internazionale che il suo caso suscita.
Durante la repressione appaiono per la prima volta milizie paramilitari, organizzate da formazioni di estrema destra con i finanziamenti di agrari ed industriali e tollerate dal governo di Berlino: Toller non manca di far notare come in breve queste formazioni si sarebbero assunte il compito di eliminare chi ora le considerava necessarie. In una pagina vengono anche descritte le prime azioni di Adolf Hitler e del nascente nazionalsocialismo.
Il libro si chiude con il capitolo che descrive i cinque anni di prigionia di Toller, e qui, oltre all’efferatezza della repressione portata avanti dai bianchi colpisce la descrizione del ripetersi delle divisioni e del pressapochismo intellettuale dei prigionieri politici, che ancora una volta Toller descrive senza infingimenti, persino nelle loro manifestazioni più grottesche. Struggente, nel suo minimalismo evocatore, è l’episodio dei nidi delle rondini, ispirandosi al quale Toller ricaverà alcune delle sue liriche più belle.
Questo capitolo finale riporta idealmente all’inizio del libro, al primo capitolo, che è un magnifico, disperato grido di dolore di Toller per ciò che è stato, per l’incapacità dei dirigenti di comprendere ed assecondare i bisogni del popolo, per i tradimenti perpetrati, per aver consegnato la Germania tra le braccia del nazionalismo più bieco. La sua lettura, quasi fosse una sorta di preghiera laica, dovrebbe essere ripetuta nel tempo, soprattutto ai nostri giorni, nei quali sembrano ripresentarsi con inquietanti analogie molti degli scenari politici e sociali che hanno caratterizzato quella fase della storia tedesca ed europea.
Una giovinezza in Germania è un libro molto importante, magnificamente scritto, che ci permette di comprendere meglio, in quanto narrati in prima persona, avvenimenti cruciali per la Storia europea, addentrandoci in momenti della stessa che, forse non a caso, sono ormai banditi dalla sua narrazione ufficiale. Certo è un libro "di parte", ma ha il pregio di rendercene coscienti, a differenza di tante false oggettività che oggi ci vengono propinate a vari livelli. Forse in questo sta uno dei motivi per cui è stato reso "momentaneamente non disponibile".