Triste tigre Triste tigre

Triste tigre

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Doveva avere sette anni, forse nove, non lo ricorda con esattezza Neige quando il suo patrigno ha cominciato ad abusare di lei. A parte il momento esatto in cui tutto ha avuto inizio (il trauma ha alterato per sempre la cronologia dei fatti), i ricordi sono perfettamente incisi nella mente e nel corpo della donna che Neige è diventata. La decisione a diciannove anni di rompere il silenzio, la denuncia, il processo pubblico, il carcere per lo stupratore, la vita nuova molto lontano dalla Francia. E quella donna si è interrogata a lungo se scrivere il libro che stringete tra le mani, perché trovava solo motivi per non farlo. Fino al giorno in cui il passato l’ha raggiunta e l’impossibilità di scrivere è diventata impossibilità di non scrivere. Questa che leggerete non è «soltanto» la storia di una bambina che è stata violentata per anni da un adulto; è la ricerca pervicace degli strumenti per dire di quell’altro luogo, il paese delle tenebre dove vivono tutti quelli come Neige; è il rifiuto netto della retorica delle vittime (nessuna resilienza, nessun oblio, nessun perdono); è la necessità di trovare semplici parole precise che dichiarino l’irreparabilità del danno; è l’urgenza di rendere testimonianza, sì, ma collettiva. Perché l’abuso si consuma in una dimensione separata di omertà e solitudine, una dimensione che è fisicamente la stessa in cui si svolge il resto della vita, ma che si sovrappone come un doppio di intollerabile nitore. Triste tigre è il viaggio in questa dimensione, è il dialogo necessario con i grandi della letteratura che questa dimensione l’hanno interrogata, e che hanno fornito all’autrice gli strumenti per tutto questo. Un libro, che usa la scrittura come un martello, attraversato da una domanda: colui che ha creato l’agnello ha creato anche la tigre?



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Triste tigre 2024-11-05 04:16:39 68
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68 Opinione inserita da 68    05 Novembre, 2024
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Dolore onnipresente

Le vittime di violenze in età minorile sostano in una zona d’ ombra all’ interno dei rispettivi giorni, presenti e futuri, macchiate da una fragilità persistente, indelebile, scolpita dentro, la sensazione che nulla sarà come prima, impossibilitate a riscrivere i fatti, il vissuto personale fissato per sempre, un’ essenza intrisa di assenza, una buio prorogato in una solitudine imperscrutabile e accusatoria.
Come descrivere il proprio carnefice, a sua volta probabile vittima, un perverso narcisista manipolatore con tendenze sadiche, un predatore sessuale alla ricerca di un amore impossibile, un poveraccio intriso di supponenza?
A questa stregua il testo di Neige Sinno non ricerca un senso salvifico e di giustizia personale, non è diario, confessione, semplice letteratura, testimonia un significato più ampio, una voce che abbraccia una comunità nel contingente per tingersi d’ altro, il tentativo di una giovane donna di salvare le vite che le stanno accanto, i suoi fratelli, il desiderio di esprimere una verità personale.
Non si tratta di contestualizzare vittime e carnefici, colpevoli e innocenti, gia’ noti, di consegnare il mostro alla dannazione eterna, di salvare l’ insalvabile, di parlare di un se’ oggetto di abusi reiterati denunciati a distanza.
Non conta il fatto di cronaca, la morbosa curiosità dell’ opinione pubblica, ci sono impressioni soggettive, nessuna verità possibile, nessuna bugia, uno spazio personale che esiste solo dentro di se’.
I ricordi dovrebbero combaciare con una oggettività sfuggente, una bambina la cui innocenza è stata distrutta, un misto di profondità e disagio davanti a una violenza senza violenza, una tragedia vissuta all’ interno del proprio corpo pur essendo al di fuori di se’, una presenza costante, adesso, da sopravvissuta senza alcun senso di estraneità.
L’ unica pena da scontare è di chi è stato violato durante l’ infanzia, quando un giorno ci si sentirà liberi non lo si sarà mai, accompagnati dalla parte buia e dall’ ombra di chi ci ha violati. Le conseguenze dello stupro oltrepassano l’ ambito circoscritto della sessualità, minano tutto, la possibilità di abitare il proprio corpo e la propria vita, di sentirsi capaci di, semplicemente di essere.
Quale persona sopravviverebbe a cotanto dolore, quali qualità provengono da quella sostanza, il coraggio, la permeabilità, il carattere, la difficoltà di esistere, il farsi invadere facilmente dagli altri, un’ infinita vita interiore totalmente propria, il potere della menzogna e della dissimulazione, un mondo a cui non potere rivelare chi si era realmente.

….” quando si è vittime una volta si è vittime per sempre”…

Oltre una vicenda privata, autobiografica, oltre il blando potere salvifico della letteratura e della scrittura, oltre quell’ io da declinare in noi, oltre una verità indefinibile, oltre il concetto di resilienza che prevederebbe l’ accettazione di una normalità anormale, oltre una sostanza interiore forgiata per sempre, rimane un crimine sistemico, un’ ignominia generale e generalizzata che è nostra, di tutti noi,

…” un esercito di ombre”…

E allora come trascendere il male con la dolcezza e non attraverso un nuovo male, come trattenere questa dolcezza nel cuore? C’ è una dimensione invisibile, un altro mondo che è amore, bontà segreta e c’è un paese limitrofo, una sorta di quarta dimensione, dal quale, finitoci dentro, non si esce più, un mondo di bene e di male, di tenebre, in cui vittima e carnefice esistono vicini.
La sfida è imparare a stare sul ciglio di quel mondo

…”.camminare come funamboli sul filo dei nostri destini. Inciampare, ma ancora una volta non cadere. Non cadere, non cadere”…

‘“ Triste tigre” è uno scritto che esula da qualsiasi genere letterario, è una riflessione composita di una donna violata nella propria intimità che non ricerca verità note, consensi, compromessi, che non esprime odio ne’ desiderio di vendetta. È una voce che si tinge di coralità in un senso collettivo di appartenenza, in un respiro più ampio, una reale dimensione personale.
Laddove i confini sono labili, vittima e carnefice associati dalla propria unicità, laddove non vi è traccia di equivoco ma un verdetto unanime, l’ interesse verte su un respiro più ampio e stratificato, il respiro della propria essenza, di una creatura che sa quello di cui sta parlando avendolo vissuto sulla propria pelle, che conosce il respiro di quello che ha dentro.
È questo il grande pregio del testo, un’ esposizione dettagliata di un se’ complicato e complesso, esito del proprio passato, che vive il presente, rivolto al futuro, non interpretabile e trasformabile dalla soggettività nel respiro più ampio di una vita segnata per sempre.













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