Quello che importa è grattarmi sotto le ascelle
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Bevo mentre scrivo o scrivo mentre bevo?
Dopo aver letto il libro di Bukowski "Musica per organi caldi", che ho apprezzato tantissimo, mi è capitata fra le mani quest'opera. Si tratta dell'intervista realizzata da Fernanda Pivano a Charles Bukowski all'età di 60 anni, presso la sua casa di San Pedro.
Il libro si divide sostanzialmente in due parti, nella prima parte è descritta sinteticamente la vita dello scrittore, nella seconda, l'intervista vera e propria.
Per correttezza devo precisare che, per quanto riguarda il livello di gradimento, sono stata fortemente influenzata dalle alte aspettative da me nutrite.
Provavo una profonda curiosità di conoscere le opinioni, il punto di vista, di una leggenda del mondo della letteratura, riguardo i più disparati argomenti.
Cercavo di immaginare le risposte originali, le parole di quale dei suoi personaggi sarebbero uscite dalle sue labbra, aspettavo quanto di più eccentrico ed estroso potesse derivare dalle domande.
Invece......a parte la conferma che la maggior parte del materiale dei suoi libri prendono spunto dalla sua vita, la posizione secondo la quale si trovi più vicino agli ultimi della terra, l'interessante spiegazione della differenza fra la nascita in lui di una poesia o di un romanzo e l'incrollabile sicurezza per cui lui scrive quando beve e beve quando scrive......dicevo, a parte queste parti che mi hanno interessato, per il resto a tutte le domande (qualche aneddoto a parte) è un continuo "questo non mi interessa", quello che mi importa è bere, scrivere, andare alle corse, quello che capita a me. Pierpaolo Paolini? Mai sentito. Quel tipo....come si chiama.....Maromia....no, era Moravia (sic....).
Allora, meglio leggere i suoi libri! La sua arte, dove veramente esprime se stesso e VUOLE COMUNICARE con la sua originalità e il suo mondo spudoratamente insolente, mondo personalissimo con protagonisti gli ultimi, che nessuno vorrebbe neanche come comparse nella propria storia.
Fernanda Pivano è brava, anche a Bukowski sembra piacere, ma davvero per lo scrittore quello che importa è grattarsi sotto le ascelle e scrivere se stesso, non raccontarsi nelle interviste, vuole solo....essere lasciato in pace.....
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Vita spericolata
“Quello che importa è grattarmi sotto le ascelle” è l’intervista a Charles Bukowski, che Fernanda Pivano ha realizzato nella più celebre tra le località ove risiedono i protagonisti dello star system: Malibù. Lì la giornalista italiana incontra il sessantenne scrittore, che della precarietà e della sregolatezza ha fatto professione esistenziale per molti anni. E lo ritrova ben accasato, quasi intento a scusarsi della villa con giardino sull’oceano, che dichiara di aver comprato per motivi fiscali.
L’intervista è introdotta da una completa biografia, grazie alla quale è possibile ripercorrere le intemperanze dello scrittore – variamente apostrofato con i nomi di Charles, Hank, Henry e Henry Chinaski - che della formula “sesso, alcol e corse di cavalli” ha fatto il proprio stemma.
Dalle parole del Buk si ricava anche qualche spunto sulla sua concezione poetica. Io riporto, in quanto emblematica, la distinzione accademica (!) che Charles propone tra prosa e poesia: “La poesia è sempre la cosa più facile da scrivere, perché la si può scrivere quando si è completamente ubriachi o completamente felici o completamente infelici… Così una poesia è molto comoda… La narrativa o il racconto, devo sentire molto per scriverli.”
Niente male come alternativa alla sofferta concezione dell’ermetismo o di Montale, interessante rispetto alla poetica della solitudine o dell’infelicità umana di un certo Giacomo Leopardi – filosofo, filologo, oltre che poeta – che in questi giorni viene celebrato dal successo al botteghino de “Il giovane favoloso” di Martone. Che ne dite?
Bruno Elpis