Narrativa straniera Romanzi autobiografici Mia madre, la mia bambina
 

Mia madre, la mia bambina Mia madre, la mia bambina

Mia madre, la mia bambina

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La mano è quella di Tahar, il figlio, che ha studiato ed è emigrato a Lafrancia, dov'è diventato uno scrittore di successo. La bambina è Lalla Fatma, anziana e reclusa nella sua casa di Tangeri, attanagliata da un morbo che le porta via il presente, tradita dal Tempo che forse non passa, ma la scavalca, «l'aggira come se non contasse più per nessuno». Lalla Fatma non esce mai dalla sua casa di Tangeri, la lascerà solo per andare nella tomba, come dice lei. Ma dal suo letto rivisita gli anni della giovinezza a Fès, rivive i suoi tre matrimoni, riceve al capezzale il padre morto di Tahar; fa morire e resuscita i propri figli. «Non ti vedo dal giorno del tuo funerale, mi sei mancato». Nella sua testa si mescola tutto. A nulla servono le medicine, amiche ingannevoli che scombussolano ciò che non curano; né le premure delle due domestiche, che la sua mente trasforma in potenziali nemiche, pronte ad approfittare della situazione. Dio ha voluto così, e non si può che rimettersi a lui. Così Tahar assiste impotente a questa bufera di allucinazioni e ricordi, al tentativo straziante e continuo di cercare un ordine che ormai sfugge, di rivendicare una lucidità perduta, di salvaguardare la dignità. E in silenzio raccoglie le reminiscenze stralunate della madre e le ricompone in un racconto pacato, che contrappunta i deliri materni ed è forse un modo per dire un'ultima volta il proprio amore di figlio.



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Mia madre, la mia bambina 2013-02-18 12:13:37 LuigiDeRosa
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LuigiDeRosa Opinione inserita da LuigiDeRosa    18 Febbraio, 2013
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A mia madre

Quando nel 1998 apparve nelle maggiori librerie d'Europa
"Il razzismo spiegato a mia figlia" si rivelò da subito un successo
di vendita e di pubblico, sorprendente anche per Tahar Ben Jelloun.
Perchè? Forse perchè il razzismo è un fenomeno odioso ma che fa parte della nostra natura, lo generano l'ignoranza e la xenofobia, è come un dente
cariato,la causa del male siamo noi stessi e le nostre cattive abitudini alimentari;possiamo strapparlo via, ma se non cambiamo, si ammalerà un altro dente.Tahar Ben Jelloun si dimostrò un ottimo dentista, ci spiegò
le cause maggiori e ci offrì una cura, semplice quanto efficace:la Cultura.
Con la stessa incisiva sobrietà di linguaggio Tahar Ben Jelloun in
"Mia madre,la mia bambina" affronta il problema di una malattia devastante
sia per chi ne è ammalato, sia per i familiari e gli amici del degente: l'Alzheimer.
Il dolore che sparge a piene mani questa malattia sciocca tutta la famiglia
perchè va a colpire soprattutto la memoria, tutto quello che siamo stati e siamo,
ancora più doloroso se a confonderti con tutto il resto del mondo è tua madre,colei che ti ha generato.In questo libro Ben Jelloun racconta la vita di Lalla Fatma, sua madre. Viaggiamo in loro compagnia attraverso un Marocco suggestivo, fatto di tradizioni arcaiche , partiamo dalla piccola Fès , città santa fatta di piccoli mercati e numerose Moschee, dove,Lalla Fatma bambina conobbe le prime gioie e i primi dolori per giungere infine nella caotica Tangeri.Ci confronteremo con costumi antichi e lontani dalla nostra cultura,apprenderemo delle incomprensioni con il marito, con i parenti e dell'amore cieco e risoluto per i figli.Ci accoglierà il suo caldo abbraccio: il profumo di madre,ma ci sveglieremo bruscamente con una donna che non ci riconosce più, che teme di essere derubata e abbandonata dalla serva Keltoum, che puzza di merda e odia i pannoloni.
Non è una favola, è l'Alzhimer, ricordo uno scritto di James Matthew Barrie in "Peter Pan":
"Dio ci ha donato la memoria, così possiamo avere le rose anche a dicembre",questa malattia
le rose le brucia, come una gelata improvvisa,non torneranno più a fiorire.

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