Lettere a Theo
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Tuo affezionatissimo, Vincent
In soli dieci anni di attività artistica, Vincent Van Gogh ha prodotto opere miliari scolpite nell'immaginario collettivo. Anche chi non è appassionato di pittura conosce questo nome, associato spesso all'idea di un autodidatta, folle, il cui gesto artistico scaturisce da puro istinto ed emozione, privo di studio. Leggendo queste lettere si scopre che Van Gogh era tutt’altro che un analfabeta della cultura, al contrario si è nutrito per anni di innumerevoli letture, di arte, di lavoro, ammirando i maestri e riproducendone le opere con modestia. C'è tanto studio, oltre che genialità e sentimento, dietro quel giallo squillante, quelle pennellate vorticose o quei volti di lavoratori, oltre che l'umiltà di un uomo alla ricerca della propria strada artistica.
"Perché io sono assolutamente certo che come pittore non rappresenterò mai nulla di importante".
Quel che fa più tenerezza in queste pagine è infatti scoprire la solitudine di un uomo che ha sempre inseguito invano il proprio posto nel mondo, vittima di una psiche fragile ma anche di una società che l'ha sempre emarginato come diverso, anticonvenzionale, fallito. Unica presenza costante, che ha sempre creduto nel suo talento sostenendolo anche economicamente, è il fratello Theo, capace di una comprensione e un affetto tutt’altro che scontati.
Vincent era indubbiamente un uomo dal carattere difficile, che ha lottato e sofferto per tutta la vita, ma a Theo parla sempre con affetto, liberamente, senza trattenere sentimenti e pensieri, confidandogli le proprie pene della mente e del cuore. Preziosissime allora sono queste lettere per comprendere davvero Van Gogh, come artista e come uomo. Non si tratta dell'opera di un narratore pensata per la pubblicazione e non si può certo negare che, trattandosi di scritti privati, ci siano anche molte pagine di scarso valore letterario, dedicate a eventi quotidiani, noiose liste delle spese o continue richieste di denaro per carta e colori. È quindi un'opera da centellinare, per evitare di subire la stanchezza di lettura di alcuni passi, ma sapendo che tra essi si nascondono vere e proprie perle, come le parole con cui Vincent racconta i propri quadri più famosi, dando indicazioni su ricerche, colori, ispirazioni, così come difficoltà e fallimenti incontrati. Il lettore soffre insieme a lui la povertà e l'insuccesso, apprezzandone l'animo sensibile e sempre attento agli umili.
"Cosa sono io agli occhi della gran parte della gente? Una nullità, un uomo eccentrico o sgradevole, l'infimo degli infimi. Ebbene, anche se ciò fosse vero, vorrei sempre che le mie opere mostrassero cosa c'è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno".
Indicazioni utili
Voglio restare un essere umano
Fa veramente impressione l’abisso che c’è tra il valore odierno di alcune opere d’arte e quello dell’epoca in cui erano state realizzate, dal momento che moltissimi artisti vissero in estrema povertà e ai margini della vita civile, come nel caso di Van Gogh.
“Ti dico, ho scelto con piena coscienza la vita del cane; resterò un cane, sarò povero, sarò pittore, voglio restare un essere umano–andando in mezzo alla natura”.
E ancora:
“Sto diventando come un cane, sento che il futuro mi renderà ancora più brutto e rozzo e prevedo che ’la povertà sicura’ sarà il mio destino, però, però sarò pittore”.
La lucidità, la determinazione e la consapevolezza con cui vennero scritte queste parole al giovane fratello Theo, fanno pensare ad un uomo passionale, dotato di grande sensibilità. Vincent Van Gogh: Nemo propheta in patria, ma anche Nemo propheta ai suoi tempi, con l’Impressionismo dilagante e di moda, che oscurava qualsiasi altra stella del firmamento artistico della seconda metà dell’Ottocento.
Ho trovato questo libro molto interessante e consiglio di leggere il saggio introduttivo di Karl Jaspers alla fine delle 97 lettere, a conferma e ad approfondimento di quanto si è letto. In questo scritto troverete anche il profilo psicologico, la malattia di Van Gogh, la sua psicosi che si accentua in età matura dopo ripetute delusioni d’amore e lavorative. Uno spirito di per sè già solitario, che non sopporta la convenzioni, al punto di minare “la pace dei suoi genitori” accogliendo presso di sé una donna, derelitta, incinta di un malfattore, e poi gli stenti, le delusioni continue, la frustrazione di non riuscire a provvedere da solo neppure ai bisogni materiali primari: i sintomi di psicosi in germe in gioventù esplodono poi, inevitabilmente.
Le continue richieste di denaro al giovane fratello che si occupa di commercio di quadri non gli fanno onore e certamente dobbiamo essere grati a Theo Van Gogh se Vincent ha potuto seguire la sua volontà di dedicarsi alla pittura, lontano dalla città, in mezzo a gente umile e lavoratrice, oggetto , insieme alla natura, dei suoi lavori che oggi hanno valore inestimabile. Theo ha mantenuto il fratello “stracco”, così Vincent si definisce spietatamente- fino agli ultimi suoi giorni.
Le lettere però non sono solamente una pressante richiesta di denaro, di carte Ingres e materiali per dipingere, ma contengono i pensieri più intimi, le confessioni, i resoconti delle sue giornate e delle sue avventure.
Interessanti le disquisizioni sulla sua idea dei vari colori, “sono pazzo di quei due colori, carminio e cobalto” su come accordarli tra loro. Preziose le indicazioni che fornisce al fratello Theo su come ha realizzato i suoi quadri più famosi, i suoi acquerelli, i suoi disegni.
Prima che la psicosi degenerasse, Vincent è un giovane da ammirare: sensibile, altruista, determinato. Suscita la simpatia del lettore, che fa ‘il tifo’ per lui.
Una volta che la sua “follia” è conclamata, le lettere continuano a mostrare un uomo lucido e consapevole dei suoi limiti e delle sue sofferenze fisiche fino alla morte.
“Queste lettere costituiscono nell’insieme il documento di una concezione del mondo, di un altissimo pensiero etico, espressione di una sincerità assoluta, di una fede profonda, di una carità infinita, di una generosa umanità (...) . È questa una delle testimonianze più commoventi della nostra epoca. Questo ethos esiste indipendentemente dalla psicosi, anzi, in essa si consolida” (Jaspers)
Consigliato anche per la bella traduzione, nonostante molte parole o intere frasi in francese non siano state tradotte
Van Gogh
Mi aspettavo molto di più da questo libro.
Dopo aver letto "La vedova Van Gogh" anelavo di poter leggere le famose lettere di Vincent a suo fratello i cui frammenti avevo intravisto.
Da questa collezione di lettere traspare ben di più.
Lo ammetto, mi è caduto un mito.
Adoro Van Gogh e la sua notte stellata fa da sfondo al mio cellulare oltre ad esserne stata la custodia per diverso tempo, ed in genere, adoro tutti i suoi quadri..
ma a che prezzo sono stati fatti?
Con il senno di poi Vincent aveva largamente ragione, la sua arte sarebbe stata riconosciuta e amata da tutti ma in quel momento come ha potuto pesare così tanto sulle spalle del fratello più giovane?
Le sue lettere sono costellate da richieste continue di soldi e il suo mantenimento mensile corrispondeva a uno stipendio di un lavoro onesto..
Lettere infinite, sproloqui interminabili per sviare l'attenzione a quello che in primo e in ultimo viene ribadito, la richiesta di soldi.
Nelle prime lettere non viene espresso così tanto il bisogno di denaro, sostituito da un fermento religioso (presto abbandonato) tipico della professione che aveva intrapreso. La pesantezza di queste lettere era poco sostenibile dalle rare notizie di arte e letteratura sparse qua e la.
Durante l'amore non corrisposto ho trovato le sue lettere più belle. Il suo "lei e nessun'altra" proclamato a più riprese mi ha fatto battere il cuore. Anche il periodo di convivenza con la donna e il bambino, che lui vuole sposare contro tutto e tutti, nonostante la classe di appartenenza inferiore sono belle e piene di sentimento per questo amore non convenzionale, ma i soldi sono la sua preoccupazione, quelli e i suoi quadri.
Non so cosa mi aspettassi dalla lettura delle sue lettere, ma non di certo un estratto conto delle sue spese...
Il suo animo tormentato si evince dalla lunghezza delle lettere, dal suo continuo cambio di argomento, un flusso di pensiero ininterrotto, dalle preoccupazioni, prima per la sua vocazione, poi per l'amore non corrisposto, i rapporti difficili con padre, la convivenza con una prostituta che è stata costretta a lasciare, i suoi ricoveri.. umori altalenanti che si percepiscono dalle parole sull'arte e i quadri, suoi e dei suoi contemporanei, ma quando arrivava il momento, ecco il conto da pagare..
Lui così abile col pennello da riuscire a mostrare l'anima delle cose, lui, si trasformava in un mero contabile. Sì per far arte servono i soldi, e sicuramente il mondo senza le opere di Van Gogh sarebbe un mondo più triste, ma non riesco a conciliare il pittore con colui che ha scritto queste lette chiedendo in continuazione di essere mantenuto...
Vorrei mantenere la mia idea romantica del pittore incompreso, ma presumo che, dopo la lettura di queste lettere non mi sarà più possibile.