La morte del padre
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quando non è rimasto più nulla
SPOILER
Knausgard è uno di quei "signori scrittori" del nostro tempo. La sua impresa è stata quella di scrivere la propria storia in sei volumi, chiaramente, in parte romanzata. Questo è il primo volume della serie, è un inizio che parla di una fine: della morte del padre. Il testo si apre subito con una descrizione minuziosa, dettagliata e geniale su cosa sia la morte. E' scomodo, profondo, esistenzialista; è così che parte tutto: con un concetto così tanto temuto dall'uomo.
Per tutto il romanzo l'argomento centrale rimane la scomparsa di quella figura genitoriale ambivalente, assente, fredda, autodistruttiva (come si vedrà negli ultimi anni). Vengono rivissuti tanti ricordi che rendevano protagonisti padre e figlio: la solitudine di Karl Ove quando la madre si era trasferita per studiare, la vita vissuta in isolamento negli anni dell'adolescenza, la poca considerazione ricevuta, a volte toccando anche l'insulto, il divorzio dei genitori e l'apparente rinascita di un uomo che non ha fatto altro che autodistruggersi portandosi all'estremo della dipendenza da alcoolici. Sono pagine strazianti, profonde, con una forte verità seppur romanzata. L'autore mostra una forte sensibilità che riesce a trasparire solo sulle pagine e forse meno nelle vita reale.
Quando descrive un evento/ricordo di vita, si perde nei meandri della sua coscienza facendo dei "voli pindarici" che sviscerano l'esistenza, raggiungendo l'osso. Lui scava, scava, scava. Il linguaggio si fa più ricercato, cambia registri narrativi come un cantante fa con i registri vocali. Può a tratti risultare complesso, perché non vi è una narrazione precisa, un percorso stabilito, dritto, lui va per vie traverse, quelle strade poco battute e sconosciute. E' un labirinto dei suoi pensieri, ricordi che si rincorrono e si alternano. E' un flusso di coscienza, è una vita raccontata e donata al lettore. Knausgard si spoglia, fa vedere la crudezza degli atti, dei pensieri (come quello di aver pensato più volte di volere la morte di suo padre).
Poi però, scatta qualcosa in lui quando si ritrova davanti a quel "qualcosa che una volta era suo padre". Sgorgano le lacrime, tenute nascoste per un'eternità angosciante, il dolore della perdita emerge nonostante tutto il dolore provato. La morte di un genitore segna sempre fortemente la vita di un figlio in quanto si vive la perdita di un punto di riferimento, un'autorità: si smette di essere figli e si diventa genitori a propria volta. Questo è un episodio con un forte impatto e che mostra la cruda e problematica realtà di un uomo talmente dipendente che si è spinto fino a livelli estremi di disumanità fino ad arrivare alla sua fine. Questo lutto non è stato segnato dal tempo, ma da un bambino rinchiuso in un corpo di adulto che non sapeva darsi pace.
Si intervallano episodi della famiglia e dell'adolescenza di Karl Ove: la musica, i compagni di scuola, i libri, le ragazze, la neve e i paesaggi norvegesi. Le descrizioni sono fitte, rigorose, studiate nel dettaglio fino a toccare l'iperrealismo. Pare davvero di essere tra le pagine, come se fossimo spettatori invisibili.
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Semplicemente... Vita e Morte
Finalmente dopo anni dalla sua uscita riesco a "nutrirmi" di questa prima parte biografica da parte dello scrittore norvegese Karl Ove Knausgard. Non penso possano esistere reali mezze misure al momento della chiusura del libro, un libro che chiede al lettore una sorta di particolare empatia e quella capacità di essere schietti e sinceri che in molti casi ti fa risultare scomodo o ancor peggio scorbutico/antipatico. La vita di Karl Ove, la sua crescita, la sua consapevolezza di fronte agli spiazzamenti con la parola e la certezza della morte, chi c'è già passato lo capirà, chi è in qualche modo affine al carattere dello scrittore lo adorerà (come nel mio caso), il tutto condito dai freddi ma in qualche modo sempre confortevoli paesaggi scandinavi (ci muoveremo fra Norvegia e Svezia).
Un libro schietto, un libro che riflette e nel farlo non cerca mai facili nascondigli. Io l'ho divorato nella sua pace e nella sua scorrevole "assenza". Non cercateci rivelazioni eclatanti o accadimenti sensazionali, solo così riuscirete a godervi alcune speciali chicche che navigano nascoste in ognuno di noi. Leggendo questo libro impareremo ad accoglierle e conoscerle meglio, conoscere lui per conoscere meglio noi stessi, il tutto in qualità di silenziosi osservatori.
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Riflessione sull'esistenza
Il romanzo ha qualche peculiarità; inizio dalla copertina dove il viso e, in particolare, lo sguardo dell’autore, il norvegese Karl Ove Knausgard, sembra scrutare il potenziale lettore con una specie di magnetismo che cattura l’altrui curiosità sul significato intrinseco di quella tal espressione. Inoltre è il primo di sei romanzi autobiografici il cui titolo originale è "Min Kamp” (la mia lotta) che può ricordare la famigerata opera giovanile Mein Kampf di Hitler nonostante non abbia nulla in comune nel contenuto; infine si può accostare alla monumentale opera di Marcel Proust “Alla ricerca del tempo perduto” per qualche similitudine nel numero di volumi e nel numero di pagine.
La narrazione è fatta in prima persona con un flusso di coscienza che ha inizio nell’adolescenza fino all’età matura; l’autore racconta la sua esistenza e quella della propria famiglia, scandagliando nel profondo dei sentimenti e con dovizia di particolari che abbracciano un percorso vitale spesso diviso in innumerevoli istanti senza soluzione di continuità. Racconta del rapporto conflittuale con il padre la cui figura centrale causa disagio e senso di smarrimento; le fasi della quotidianità con protagonisti la madre, il fratello e gli amici, specificando nei dettagli fin quasi all’esasperazione i molteplici accadimenti vissuti e subiti.
Presente e passato si alternano e si intrecciano in un continuo intercalare di ricordi, pensieri, fatti , divagazioni che scorrono come un fiume inconsapevole della sua meta finale; tutto questo coacervo di impressioni, fatiche, stati d’animo, interrogativi e angosce percorre un sentiero non ben tracciato fino ad arrivare alla morte del padre.
Un romanzo dai ritmi molto lenti ma non noioso…fa riflettere sulla vita di ognuno di noi e sul senso che vogliamo dare all’esistenza.
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Il senso di una vita
" L' essere umano è' soltanto una forma tra le altre che il mondo manifesta ed esprime di continuo, non soltanto in tutto ciò' che è' vivo, ma anche nelle cose inanimate, disegnate nella sabbia, nella pietra e nell' acqua. E la morte, che io avevo sempre considerato la dimensione più' importante della vita, oscura, allettante, non era altro che un tubo che perde, un ramo che si spezza al vento, una giacca che scivola da una gruccia e cade per terra."
Ecco la sintesi del pensiero knausgardiano, e della sua rappresentazione, di una scrittura asciutta ed oggettiva, distruzione continua, meticolosa distillazione e ossessionata cura per il dettaglio.
Partendo dalla " Ricerca del tempo perduto" di proustiana memoria che ne ha caratterizzato l' infanzia ed ispirato l' idea del racconto, l' autore compone questa enciclopedica autobiografia, ripercorrendo quarant'anni di vita in sei corposi volumi, il primo dei quali dal titolo " La morte del padre".
È' un flusso ininterrotto di parole, pensieri, considerazioni, un viaggio libero da condizionamenti, ricercando una strada, un costrutto narrativo, che formi un testo, dia una forma, forgi una scultura plasmata sulla propria quotidianità', ed identità', una creatura meta-temporale con un solo ed unico onnivoro protagonista, Karl Ove.
In questo primo capitolo si descrive minuziosamente la morte del proprio padre percorrendo le stagioni di una vita, l' adolescenza, la giovinezza e la maturita', in un susseguirsi ed intercalarsi di vicende ed emozioni rese con stupefacente obiettivita' e minuzioso iperrealismo.
I temi della trama, il disgregarsi del nucleo famigliare, la separazione dei genitori, l' amore materno incondizionato, lo stretto legame fraterno, la vita adolescenziale con i genitori paterni, i primi amori, la passione per arte, letteratura e musica, il rapporto conflittuale con il padre, sono ridefiniti dalla morte improvvisa di quest' ultimo che segna un netto cambiamento e nuove riflessioni, influenzando presente e futuro, persino l' attuale nucleo famigliare ed il proprio ruolo di marito e di genitore, oltre che di scrittore.
Il cuore dell' opera sta in quel confltto interiore che porta l' autore a chiedersi chi realmente sia e cosa voglia essere, a che punto e fino a dove si è spinto, quali elementi lo hanno formato ed indirizzato.
IL tema centrale della morte del padre si snoda attraverso il racconto di freddi e silenti paesaggi nordici, con una lentezza descrittiva tipicamente scandinava, figure indecifrabili e misteriose anche se tremendamente crude e reali, rapporti mai nati, interrotti, mancati o solo accennati, ed un desiderio di scoprire quella parte di sé che l'oggi ci mostra e che nasce da lontano.
La scissione tra il quotidiano essere padre, marito, uomo, da una parte, ed il tormentato essere scrittore ed artista dall'altro, quella dicotomia che non sembra essere risolta o risolutiva e si trascina stancamente in un contrasto arte-vita, piacere-obbligo, etica-estetica, attraversa ed accompagna Karl Ove lungo percorsi del presente e della memoria, in una affannosa ricerca di altro, un significato compiuto, un senso, o forse solo in un sogno.
Malgrado l' autore depisti il lettore parlandoci di un romanzo che oltrepassa lo stile ed il contenuto e si nutre di forma, e' forma, e fatti, ed oggetti, in realta' sono le figure descritte ed i rapporti interpersonali, ovvero quella miscela di amore, vita, sentimenti, desideri, morte, a definirne la reale forma ed il contenuto.
Ne emerge un grande testo corale che supera le cervellotiche ed egocentriche dissertazioni dell' autore sulla costruzione di un' opera perfetta che rimanga per sempre scolpita nel tempo.
È' una narrazione impregnata di sensibilità' intellettiva, di profonda osservazione di un mondo circostante ostile e benevolo, amorevole ed indisponente, in un viaggio tra la Norvegia, glaciale terra natale, e la Svezia, algida nuova frontiera, ma sempre con caratteristiche peculiari e formative indispensabili a capire l' uomo e lo scrittore che oggi conosciamo.
Certo, questa prima parte si potrebbe leggere anche come capitolo a se', finito, estraneo al resto dell' opera, pur conservando le caratteristiche narrative proprie dell' autore, quel radiografare e descrivere in modo maniacale ogni singolo evento, iper-realisticamente, dettagliatamente, per ricostruire una storia e le emozioni che la racchiudono.
Un po' come un puzzle, gli elementi del racconto si incastrano, la cronologia non importa, via via ci addentriamo nel quotidiano universo di Karl Ove, e forse un giorno riusciremo, oltre l' aspetto propriamente poetico e narrativo, a dare un senso compiuto a questa autobiografia per ora ancora nebulosa, frammentata, ondivaga, che scorre nel fiume della vita del proprio autore e che solo a tratti sentiamo vicina.
La ricerca di un significato da dare alla propria esistenza, quella autoanalisi che nasce da lontano e che si domanda ' chi sono ' partendo dal proprio conflittuale rapporto paterno, e dalle figure che hanno caratterizzato e che continuano a definire il proprio se', in definitiva credo che stoni con l' idea che '' l' essere umano e' soltanto una forma tra le altre e la morte un ramo che si spezza al vento ''.
È' un testo interessante, singolare per i temi trattati, ossimoricamante scorrevole nella propria lentezza narrativa, con intermezzi di narcisistiche riflessioni ed autocompiacimento, tendenti a tratti ad una certa estremizzazione e megalomania, ma sicuramente consigliato, perché' ben scritto e profondo nell' affrontare i temi di arte,vita e letteratura.