La famiglia grande
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Inammissibile colpa
Un segreto pervaso da un senso di colpa onnipresente, da quando Camille aveva 14 anni, un cammino verso l’ auto annientamento, quel vivere senza esserci più, la paralisi e la violenza della vergogna oltre alla complicità del proprio silenzio,
“ La famiglia grande “ di Camille Kouchner, è uno scritto-denuncia, quasi una deposizione, che ripercorre e ricompone il complicato viaggio della protagonista, da bambina ad adulta, testimone di una violenza privata, un testo che in Francia ha scatenato un putiferio mediatico.
Camille è la figlia di un medico ed ex ministro Bernard Kouchner, ha una madre docente di Scienze sociali e Diritto Pubblico, Evelyne Pisier, e un patrigno, Olivier Duhamel, politologo di fama mondiale, da lei accusato di abusi sessuali nei confronti del suo gemello, Victor.
L’ autrice, oggi quarantacinquenne, laureata in legge e docente di Diritto privato, per anni si è portata dentro questo terribile segreto, ignara, impaurita, con un senso di accudimento e di colpa ingravescente, semplicemente per sopravvivere a un’ infanzia rubata.
La sua da sempre è stata una famiglia allargata, rivoluzionaria, progressista, colta, una miscela di dialogo e libertà, ma anche una fucina di dolore, di silenzio e connivenza con i crimini commessi, sbriciolandone i contenuti più intimi nella conservazione di un’ apparenza all’ interno di politica e potere.
Camille, sin da bambina, è stata spinta dalla madre, donna di intelligenza pura, spirito vivace e anarchico, all’ esercizio della libertà, al pensiero critico, all’ ascolto, alla unicità, in un reale intellettualmente stimolante ma corroso dalla esplosione di non senso.
All’ interno della stessa ripetuti e inspiegabili suicidi, della nonna materna, della zia, una madre tanto amata spinta alla deriva, il padre assente e sostituito dal patrigno, Olivier Duhamel, un uomo che ha saputo conquistarsi l’ affetto incondizionato di Camille. Lei, mantenendo quell’ orribile segreto negli anni, ha pensato di difendere se’ e gli altri, convinta che fosse la cosa giusta da fare. In fondo Olivier era l’ unico affetto che le restava in un collasso famigliare evidente, un desiderio di “ normalità “, un silenzio fattosi complice, a cui si aggiunge la violenza della vergogna.
Il tempo ne corroderà l’ essenza, un’ idra che la avvolgerà tra le proprie spire, senza via di scampo, gli anni della giovinezza trascorsi all’ ombra di una famiglia mondana e autocelebrativa, di un uomo potente, accentratore e carismatico, si faranno invivibili.
Il desiderio di normalità e ricostruzione personale, la scuola, l’ università, il matrimonio, un figlio, tutto inutile, perché il silenzio è dannoso, la finzione fa male, il dolore consuma dentro e il senso di colpa si insinua in ogni cosa.
La fine del segreto ha scoperchiato un mondo che aveva annegato la propria memoria, ma a quel punto l’ indagine si è fermata e la famiglia allargata si è nascosta sottoterra.
La perversità ha strappato a Camille le strade del suo passato e l’ ha allontanata da Sanary, per sempre. Quale dolore essere privata della propria memoria e delle persone che ha amato ben sapendo che ... “ chi detiene il segreto detiene il potere “.... e che ...” la propria disgrazia è la loro forza “....
Alla fine Camille si rivolge alla propria madre, morta di un male incurabile, che l’ ha accusata del suo silenzio, una donna che ha amato tanto e nella quale si rivede ogni giorno. È qui, in questo finale toccante, che le ricorda come il proprio silenzio sia stato l’ esito di una fiducia venuta meno, sia stato causato dai genitori, di cui i figli si fidavano ciecamente, un esempio da imitare, da seguire, grandi, onnipotenti, le loro essenze e che . ...” sono i genitori a far tacere i figli “..
Anche Camille è stata vittima del suo patrigno, sua prigioniera, e si chiede ...” dove erano loro, che cosa hanno fatto da quando hanno saputo”.... Fratelli e sorelle ridotti al silenzio da genitori sconsiderati e nipoti che hanno dovuto subire senza capire la cancellazione di una madre.
È per tutte queste vittime che scrive, cercando di liberarsi di quell’ onta irrazionale che ha gravato su di lei dai quattordici anni e dal potere nefasto di una madre.
Questo testo autobiografico fornisce spunti di riflessione sul potere infinito e legittimato dei genitori sui figli, sul senso di colpa a cui si è irrimediabilmente esposti, sulla fragilità di creature obbedienti, che amano incondizionatamente, sulle responsabilità private, sulla reale capacità di amare. Le colpe dei genitori ricadranno sui figli e verranno rispedite al mittente in misura uguale e contraria, è stato detto, non sempre è così, se si ha la forza di resistere, di capire, di crescere, di allontanarsi da una prigione affettiva e da una distorsione e perversione relazionale che altera l’ evidenza, denunziando l’ intollerabile e l’ indicibile, a rischio di essere rigettati, sempre che si riesca ad avvelenare l ‘ idra.