La Bambola
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Una madre di "porcellana"
Uno dei più grandi autori europei, nume della letteratura albanese, più volte candidato all’Oscar, Ismail Kadarè, scrive La Bambola. Un libro scritto dopo la morte della madre e ne ripercorre l’esistenza. Una narrazione biografica con al centro la figura materna e i sogni, le aspettative dell’autore che incrociano quelle della madre. Prigioniera di una casa che non sentiva sua, con una suocera ingombrante, il marito, giudice di mestiere, che allestisce processi per dirimere i conflitti, le rappresaglie e i battibecchi delle due donne. L’uomo-figlio ha la sensazione che la madre sia leggera e fragile tanto da sembrare di carta, una bambola piccola per la quale ogni cosa era leggera: il modo di vestirsi, il modo di parlare, il modo di respirare. Le scale di legno della casa, generalmente rumorose, non scricchiolavano mai quando lei ci camminava sopra. Un omaggio e un tentativo letterario di comprendere una donna che non si è mai mostrata in modo completo. Nell’Albania degli Anni Trenta si compie un viaggio narrativo tra il peso delle tradizioni, il rapporto emblematico della madre con la suocera, il timore della “bambola” che il figlio scrittore, divenuto famoso, possa sostituire la figura materna. Donna intrisa d un’ingenuità spavalda e di una luminosa ignoranza. Nel romanzo si coglie anche la storia del percorso artistico dell’autore, il suo rapporto con la scrittura, il legame con i suoi luoghi, la tradizione, forse, nella fragilità della “bambola” si può anche individuare quella della Madrepatria da cui l’autore si stacca, per poi ritornare. Un affresco dei lontani anni dell’infanzia, dei rapporti tra gli abitanti, della vicinanza della popolazione zingara nella vita cittadina: vengono ricomposti i frammenti di una figura e di un tempo e se della “bambola” risulta la fragilità, il romanzo trova sostegno nella ossatura salda della scrittura. Un’ottima lettura.