L'isola dell'infanzia L'isola dell'infanzia

L'isola dell'infanzia

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Una famiglia si trasferisce sull'isola di Tromoya, al largo della costa meridionale della Norvegia, in una casa nuova. Sono i primi anni settanta, i bambini sono piccoli, i genitori giovani e il futuro aperto. Dagli immensi boschi carichi di promesse e misteri, meta prediletta delle scorribande del piccolo Karl Ove, si apre l'appassionato racconto delle sue esperienze e scoperte. La felicità della scuola e lo sforzo per trovarvi un proprio posto; le gratificazioni e le frizioni dell'amicizia; l'eccitazione della vita all'aria aperta con le sue avventure; l'incontro con l'amore, le sue gioie, le sue amarezze; i vestiti, la lettura, la musica, lo sport; e, soprattutto, la famiglia, con le sue due figure antagoniste, l'una più sfumata, l'altra onnipresente: confortevole e serena la madre, autoritario e terrificante il padre, sempre vigile, sempre pronto a esaminare e sanzionare con violenza qualsiasi scivolata.



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L'isola dell'infanzia 2021-06-13 09:41:49 Endlesslybooks
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Endlesslybooks Opinione inserita da Endlesslybooks    13 Giugno, 2021
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Essere un bambino sperduto

Col terzo volume ci inoltriamo nei piacevoli ricordi dell’infanzia di Karl Ove e l’atmosfera degli anni 70 aleggia nell’aria, colorando la sua storia. Essi scorrono come immagini su uno schermo; rievocazioni felici di quel tempo speso sull’isola norvegese di Tromoya, isolati, sperduti, liberi.

L’autore parte descrivendo il trasloco da parte della sua famiglia, quando lui era ancora in fasce, si focalizza sul fatto di non ricordare (chiaramente) nulla di quei primissimi anni di vita, eppure, anche quei ricordi inconsci e raccontati da fonti esterne fanno parte di quest’uomo, che in un dato momento del suo presente, sta scrivendo della sua esistenza col fine di diventare immortale. Si interroga quindi sull’importanza degli antenati, delle nostre storie personali che formano il nostro albero genealogico e si mescolano in rami pieni di ricordi, di eventi trasmessi, in qualche modo, insieme alla genetica.

In un certo senso è il libro che per ora ho trovato più lento, forse perchè l’intento dello scrittore era proprio quello di perdersi in un tempo irrecuperabile, fatto di innocenza ma anche di comprensione, seppur incompleta, del mondo circostante, degli adulti. Viene riproposto il rapporto con un padre asettico, a tratti crudele, che bullizza il figlio per via di quell’ “R moscia”che pare una maledizione. L’educazione rigida, a volte spaventosa, di una generazione che ha vissuto dei rapporti di parentela, ambigui, pieni di freddezza alternati a rari momenti di affetto. Vivere un’ambiguità affettiva di questo tipo lascia segni profondi nell’infanzia: scava solchi che poi si riempiranno di dolore con il passare degli anni.

In ogni caso il volume ha come tema centrale l’infanzia e il rapporto con la famiglia. Forse proprio per la tematica,leggiamo molte più descrizioni di quello che è successo, piuttosto che i voli pindarici contenuti negli altri volumi, che più si plasmano alla personalità dell’adulto; è un libro più semplice ed essenziale: come quegli anni raccontati.

Le vicende descritte riportano chiunque a quei gesti, vicissitudini, pensieri che solo i bambini vivono. È un nostalgico viaggio nel tempo in un mondo che ormai è troppo lontano e dimenticato. La scuola, i compagni di classe, le prime cotte coi primi baci, l’amicizia, quella forte, i giochi pericolosi, la fantasia, i soliti posti di ritrovo per giocare o i soliti negozi per comprare i dolciumi… i genitori, i nonni e le loro visite e i loro racconti, i sogni, i primi libri e la lettura, la passione per la musica, le ore passate in mezzo alla natura di un’isola sperduta.

Apprezzo molto l’idea cardine di costruire un’ antologia della propria esistenza. La sua realizzazione è complessa e non tutti sono in grado di portarla a termine. Knausgard è un talento e non posso fare altro che sottolinearlo. La sua capacità di scrivere 6 volumi con una logica, una profondità e una prosa così piacevole mostrano chiaramente che è uno scrittore che sa fare il proprio mestiere.

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L'isola dell'infanzia 2016-06-21 16:07:20 68
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68 Opinione inserita da 68    21 Giugno, 2016
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Eta' felice e spensierata con proiezione sull" ogg

C'e' un immagine, forte, chiara, evocativa, che riassume i contenuti e chiarisce il senso del tempo trascorso ed il nuovo corso che stava per sorgere.
È' la fine dell' infanzia, l'' imbocco di un' altra strada che coincide con la partenza da quell' isola norvegese dove Karl Ove ha vissuto per tredici anni, immerso in una natura incontaminata, selvaggia, in rapporti famigliari contrastanti, amicizie, primi amori, iniziali passioni letterarie e musicali, l' incoscienza della pubertà', gioie e dolori, in cui istinto e scoperta giovanile hanno prevalso su raziocinio e saggezza della futura maturità'.
Quel fotogramma ci mostra il protagonista mentre si allontanava dal passato con un certo sollievo, ritenendosi all' epilogo di un periodo della propria esistenza, e le case ed i luoghi ormai alle spalle sarebbero scomparsi per sempre.
Eppure, in quel momento, Karl Ove non intuiva quanto quei paesaggi dell' infanzia sarebbero divenuti paesaggi dell' animo, gli appartenessero, e le persone ed i dettagli che stava per lasciare sarebbero rimasti impressi per sempre nella propria memoria.
Il tema di questo terzo volume dell' enciclopedica " la mia battaglia ", la pubertà', scorre nella quotidianità' famigliare del protagonista, impersonando e cercando di affidare ad una memoria quanto mai analitica oggetti, paesaggi, storia di una nazione, relazioni, semplici accadimenti e figure di riferimento di quegli anni '70.
È' una ricostruzione vista con gli occhi di bambino ( quello che era allora ) ma anche di adulto ( quello che oggi è ' ) quella che trasferisce nel presente un passato ormai lontano, riappropriandosi delle emozioni e delle sensazioni di quei giorni.
È' un periodo sepolto, ma che l' autore sa bene quanto abbia formato ed indirizzato indelebilmente il proprio futuro destino.
Lo scorrere delle pagine ci permette di approfondire e chiarire i temi trattati nei due capitoli precedenti, il complicato e conflittuale rapporto con il padre, figura ipercritica, severa e totalizzante, la confidenza e l' amore per la madre, dolce ed amorevole, l' attaccamento al fratello, i legami inter-personali ed i tratti caratteriali del protagonista, cosi' come le passioni della sua vita, scrittura e musica in primis, ma anche sport e cucina.
Ci addentriamo in un microcosmo di relazioni intra-famigliari e personali, d' improvviso mutate, senza i risultati e le aspettative allora agognate, una esistenza che la memoria ha conservato ed in parte modificato negli anni.
Ma la memoria, come sottolineato dall' autore, " non è' affatto una misura affidabile e responsabile di una vita, in quanto non mette al primo posto la verità', ma fa di tutto per soddisfare il suo padrone ed il suo tornaconto od interesse personale...". La soggettivita' e le innumerevoli variabili ad essa connesse determinano l' inclinazione del ricordo.
Karl Ove rammenta molto poco dei suoi primi sei anni di vita e sottolinea l' esistenza di altri tipi di ricordi che si legano alla pubertà'; quelli che riemergono da sensazioni improvvise, riportati in vita da un odore, un sapore, un suono preciso, quasi sempre felici, i ricordi connessi al corpo, quelli nati dai sentimenti o legati al paesaggio, perché "...il paesaggio legato all' infanzia è' unico ed irripetibile...".
E' un affresco intriso di sensibilità' intellettiva, profonda osservazione di un mondo circostante benevolo ed ostile, amorevole ed indisponente, ma con caratteristiche peculiari e formative indispensabili a capire l' uomo e lo scrittore di oggi.
Certo, si potrebbe leggere anche come capitolo a se', unico, pur conservando le caratteristiche narrative comuni ai volumi già' pubblicati, quel radiografare e descrivere in modo maniacale ogni singolo evento, iper-realisticamente, dettagliatamente, per arrivare al nucleo dell' esistenza e ricostruire una storia ( la propria ) e tutti gli elementi che l' hanno determinata e la rappresentano.
Un po' come un puzzle, le varie parti del racconto cominciano ad incastrarsi e forse riusciremo , al di la' dell' aspetto propriamente poetico e narrativo, a dare un senso compiuto a questa autobiografia per ora ancora un poco nebulosa ed incompleta che scorre nel fiume della vita del proprio autore-protagonista.
Ma, paradossalmente, neanche questo è' così' vitale, alla fine non conta l' ordine, ne' la cronologia, ne' lo sviluppo della storia, ma le sensazioni, le emozioni, la valenza letteraria, quanto quella vita vissuta, sofferta, scandagliata, amata, odiata, riproposta, abbia aperto un varco ed una comunicazione vivida e forte con il lettore e si sia ritagliata uno spazio letterario.
Solo allora questo enciclopedico sforzo avrà raggiunto la sua compiutezza, al momento non ho una risposta definitiva, perlomeno non così' forte, i dubbi rimangono, non sempre le sensazioni sono benevole, positive, coinvolgenti.
Permane un certo compiacimento autocelebrativo, un senso di costruzione letteraria studiata a tavolino, ( anche se il flusso narrativo indicherebbe il contrario ) un eccesso di estetica contemplativa non sempre sorretta da una chiarezza dei contenuti.
In me si va rafforzando un' idea pregressa, anche se apprezzo tratti di sensibilita' narrativa e tocchi d' autore.
Non mi resta che attendere sviluppi e chiarificazioni dai capitoli a venire.

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I primi due volumi " La morte del padre'; " Un uomo innamorato"
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