Narrativa straniera Romanzi autobiografici L'invenzione della solitudine
 

L'invenzione della solitudine L'invenzione della solitudine

L'invenzione della solitudine

Letteratura straniera

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Qualche settimana dopo l'inattesa morte del padre, Paul Auster, si ritrova nella grande casa ormai deserta di un uomo che per tutta la vita aveva vissuto caparbiamente distaccato dal mondo e dagli affetti. E accostando i frammenti sparsi di un'esistenza pressoché estranea, Auster si imbatte nelle testimonianze di un lontano delitto che aveva scosso la vita della famiglia all'inizio del secolo. Se nel Ritratto di un uomo invisibile, la prima parte de L'invenzione della solitudine, Paul Auster veste i panni del figlio, nella seconda, Il libro della memoria, la sua attenzione si sposta sulla sua identità di padre. E attraverso un mosaico di immagini, coincidenze e associazioni, «A» riflette su come il caso impercettibilmente governi le nostre vite, sulla natura solitaria dello scrivere e l'inevitabile distacco che lo separa dal figlio Daniel. Una commossa riflessione sulla difficoltà di essere figli e padri.



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L'invenzione della solitudine 2018-01-11 14:24:31 Riccardo76
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    11 Gennaio, 2018
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Figli che son padri

Ognuno di noi racconta qualcosa, ognuno ha un modo differente di raccontare, Auster in questo libro molto introspettivo lo fa a partire dagli oggetti che passa in rassegna nella casa del padre da poco scomparso. Ogni indizio è un modo di svelarci, scena dopo scena, la vita di un padre e il rapporto con suo figlio. Auster dipinge un’immagine di suo padre alienato e solitario, un uomo distaccato, l’autore però scava in profondità alla ricerca di un brutto dramma famigliare, lo fa anche per darsi una spiegazione, per raccontarci e raccontarsi che ognuno di noi è condizionato dagli eventi della vita.
Il libro è diviso in due sezioni, nella prima Auster da figlio si interroga sulla sua esistenza in relazione ad un padre estraneo e disinteressato. Questa prima parte è quasi lineare, racconta una storia famigliare vista con la lucidità di un figlio che ha perso il padre, un padre come anticipato troppo distante per poter trasmettere amore, una distanza emotiva ancor prima che fisica.
Nella seconda parte, Auster figlio è anche e soprattutto padre, racconta in maniera meno lineare il suo rapporto con suo figlio, racconta il peso della solitudine che il lavoro di scrittore, spesso impone. La seconda parte del libro è, a mio avviso, volutamente frammentaria e un po' confusa, un insieme di immagini, istantanee, citazioni e pensieri che fanno capire il punto di vista del padre, Auster sembra quasi volerci trasmettere tutta la sua confusione e difficoltà ad essere padre, un suo distacco emotivo con suo figlio, del tutto simile a quello vissuto con suo padre.
Due punti di vista di una stessa persona che veste i panni di figlio prima e di padre poi, una profonda immersione nella psiche e nell’emotività umana, la sofferenza di essere figlio di un padre distaccato che si converte nella sofferenza di essere padre a sua volta, ancora una volta distaccato e lontano.

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L'invenzione della solitudine 2015-03-16 10:10:58 Emilio Berra TO
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Emilio Berra  TO Opinione inserita da Emilio Berra TO    16 Marzo, 2015
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ESSERE FIGLI, ESSERE PADRI

"...é solo nel buio della solitudine che ha inizio l'opera della memoria".

"...che un uomo muoia senza causa apparente, che muoia solamente perché è un uomo, ci spinge così vicino all'invisibile confine tra la vita e la morte da farci domandare su che lato di esso ci troviamo".
Questo libro è suddiviso in due parti : la prima incentrata sul padre morto improvvisamente; la seconda, invece, sul vissuto del protagonista come genitore e sul rapporto col figlio.

L'Io narrante avverte la violenza e l'imbarazzo che prova nel rovistare fra gli oggetti appartenuti al padre che non c'è più. Sente di interiorizzarne la morte, di elaborare veramente il lutto, solo nell'atto di disfarsi, in modo definitivo, delle sue cravatte, che rappresentano visivamente e simbolicamente vari momenti della loro vita.
Recupera la figura del genitore deceduto tramite la memoria e le sensazioni che emergono, consapevole che, "seppur possiamo arrivare a conoscere molto parzialmente un altro essere umano, questo vale solo entro i limiti da lui stesso imposti" e che "nemmeno i fatti dicono sempre la verità".
Nei "ricordi più remoti : la sua assenza" : "non che sentissi che mi detestava; solo sembrava distratto, incapace di guardare nella mia direzione".

Il nostro protagonista si rende però conto che "quando muore il padre (...) il figlio diviene padre e figlio di se stesso". E' un po' come diventare improvvisamente adulti, tanto che egli inizia a interrogarsi sul proprio modo di essere genitore verso il figlio ancora bambino : "capì che gli si era chiarita la portata del suo essere padre : per lui la vita del figlio contava più della sua". C'è "un solo pensiero che lo sollevi: l'immagine del figlio. E non solo di suo figlio, ma di tutti i figli, le figlie, i bambini di ogni uomo e di ogni donna".

Un libro fortemente introspettivo, che intende andare oltre la realtà apparente. Un libro colto, con riferimenti a vari maestri del pensiero. Un testo molto personale e, nel contempo, di portata ampia, che tocca in qualche modo la realtà esistenziale di tutti noi.

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letteratura americana contemporanea
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