L'immoralista L'immoralista

L'immoralista

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Dalle memorie autobiografiche di Gide, la storia di una formazione omosessuale nel clima torrido dell'Africa maghrebina. Gide, pubblicando L'immoralista nel 1902, avvia con incredibile tempismo un percorso letterario che non ha ancora perso d'attualità: quello dell'impegno dell'intellettuale a farsi coscienza critica delle contraddizioni della società. Il suo orientamento omosessuale, che quest'opera palesa con molto coraggio rispetto ai tempi, diventa così l'occasione per porre sul tappeto antitesi di fondo come quella tra libertà individuale e regole della convivenza, imperativo della vita e costrizioni degli uomini, amore come eros e amore come carità.



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L'immoralista 2021-07-29 12:12:15 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    29 Luglio, 2021
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Cento teste, cento cappelli

Trasse da una tasca un piccolo volume di Omero, lesse e rilesse alcune frasi dell’Odissea, quindi se ne stette per qualche tempo così. Immobile nei suoi fremiti, gioioso e felice di vivere.

Ambientato agli albori del 1900, il romanzo narra del francese Michel scampato alla morte dopo una grave forma di tubercolosi. Come rinato, egli rivaluta la sua posizione e la vita stessa. Il matrimonio senza amore con una donna docile e remissiva, gli anni di studi e ricerche storiche che non lo appassionano più, la logica delle formalità e dell’etica a cui è stato educato e a cui non è saputo sfuggire.

Il flusso di coscienza si alterna a un viaggio verso Tunisi e indietro in Europa, tra l’ozio e la riorganizzazione delle proprietà di famiglia. Poi ancora in Africa nonostante la debolezza di Marceline, le parti invertite ma l’epilogo non sempre, vittima del conformismo che sciogliendo le catene si arma di egoismo e deflagra silenziosamente assassina.
L’apparenza indossata da Michel è oppressione della vera essenza umana che gli appartiene, pulsioni che può negare a chiunque, ma non a se stesso.
“Sapersi liberare non è niente, il difficile è saper essere liberi”

Romanzo breve e profondo, introspettivo, a suo modo crudele e a suo modo liberatorio attraverso una magnifica scrittura che, priva di lirismo formale, sprigiona poesia da ciò che lambisce.

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L'immoralista 2016-03-28 10:09:51 Martin
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Martin Opinione inserita da Martin    28 Marzo, 2016
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IL DESERTO DEL DESIDERIO

André Gide, premio Nobel, si iscrive nel novero dei grandi romanzieri di fine Ottocento e inizio Novecento: quei romanzieri a metà fra la tradizione realista ottocentesca (Stendhal, De Balzac, Gogol) e il terremoto del Modernismo (Joyce, Svevo, Kafka), quei romanzieri cioè capaci di uno slancio di originalità, che, tuttavia, ancora sublimano in una forma cristallizzata ampiamente collaudata. La prosa di Gide è elegante, raffinata, sensuale, quasi sembra intridersi dello stesso profumo degli ambienti che descrive e scandaglia, ma allo stesso tempo cerca di essere veicolo di contenuti nuovi e vicende mai raccontate che insieme si assemblano in un itinerario simbolico.
La novità di Gide risiede proprio nelle intelaiature simboliche dei suoi racconti, nonché nelle prime maldestre incursioni nei fondali della coscienza e nell’essere testimone di una crisi culturale senza precedenti.
La storia di Michel, ora decantata, ora lamentata, ne L’immoralista, forse l’opera principale dello scrittore francese, appare come una foresta di simboli da decriptare; una foresta di simboli che risulta, però, coperta da una particolare bruma di vaghezza.
Michel, dietro cui non pochi hanno scorto l’ombra della biografia di Gide, effettuando vere e proprie sovrapposizioni fra l’autore e la sua creatura, vive sulla sua pelle il risveglio dei sensi, un risveglio che lo porta a trasmutarsi in un esteta, un narciso, un godurioso, un sensibile ganglio che s’aggrappa a qualunque brandello di vita per sfuggire ad una terribile malattia.
La prorompente vitalità acquisita da Michel trova, però, un suo contraltare nella debolezza della giovane moglie, Marceline, che costituisce l’unico vero ostacolo alla sua piena esaltazione.
I due poli opposti, Michel e Marceline, che presto si ammala, finiscono per scontrarsi e i vari viaggi che costellano la loro esistenza ne diventano l’arena; arena in cui trova drammaticamente la morte Marceline.
Nonostante l’originalità, i nuclei tematici squadernati, la trama avvincente, la elegante scrittura, non ho trovato il libro piacevole ed è proprio su questo punto che si innesta una delle mie solite riflessioni: Perché non ho trovato gradevole L’Immoralista? Dopo lunghe elucubrazioni, sono giunto all’idea per cui sia per lo stesso motivo per cui non ho amato Il Ritratto di Dorian Gray di Wilde e Lo Strano caso del Dottor Jekyll e di Mr Hide di Stevenson. Gide, così come i due letterati da me citati, non si concentra sui dettagli delle azioni peccaminose compiute dal protagonista (che dal titolo si sarebbe detto materia del romanzo), anzi sembra unicamente alludervi, allusioni difficili da cogliere e che, probabilmente, possono essere di più facile individuazione conoscendo la biografia dell’autore. Durante la lettura non ho fatto altro che chiedermi come mai Gide non indugi sulla condotta dell’immoralista: Michel è un pedofilo, dato che preferisce farsi accompagnare da dei bambini piuttosto che dalla moglie, durante le sue scampagnate in Africa? Si intrattiene col giovane Charles e con il suo maestro decadente Ménalaque? Michel si lascia andare a relazioni omosessuali nella città di Kairouan, ove dorme con degli arabi, invece che assistere la moglie malata? Michel fa del sesso a tre con Moktir e la sua ragazza? Di quanto è responsabile della morte di Marceline?
Le mie domande circa gli iati temporali che si aprono nella trama de L’Immoralista, sono riflesso della mia delusione, della mia curiosità non soddisfatta. Io avrei scritto di più.
Ma non è forse la vaghezza una precisa scelta dell’autore? Gide evita di sporcarsi le mani per lasciare che sia la fantasia del lettore ad avvicinarsi alla sfera privata di Michel!
L’Immoralista è, da questo punto di vista, profondamente inattuale: come può L’Immoralista essere apprezzato in un mondo ove penosi romanzi sul sadomasochismo (fossero almeno libri di De Sade!) hanno come target ragazzine e casalinghe? Come può sopravvivere il suo messaggio in una società pornografica, ove il desiderio, lasciato libero di infilarsi ovunque, si dibatte e langue, e ove ogni suo componente (mi si permetta la particolare metafora) è un pene flaccido e avvizzito.
Non potremo mai capire la scoperta del desiderio e l’epifania del corpo né tanto meno il lacerante contrasto fra desiderio e morale vissuto dalle profonde anime del tardo Ottocento.
“Ah! Michel, ogni gioia è simile alla manna del deserto che dopo un giorno si guasta; è simile all’acqua del fiume dell’Averno Ameles che, come racconta Platone, non si poteva raccogliere in nessun vaso”.

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Wilde, Proust, Stevenson
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L'immoralista 2015-11-28 20:28:37 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    28 Novembre, 2015
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Difficile é sapere essere liberto

L’immoralista pubblicato nel 1902, è forse l’opera più significativa di André Gide, premio Nobel per la Letteratura nel 1947. Si tratta di un romanzo in cui si fondono autobiografismo, esercizio estetico e attacco alle convenzioni morali in un tentativo di dimostrare l’impossibilità di conciliare memoria e avventura, diversamente da quanto realizzerà Marcel Proust nella sua Recherche.
È alle parole dell’amico Menalque che il protagonista Michel attribuisce questo concetto che farà suo: “I ricordi più delicati appassiscono, i più voluttuosi marciscono, i più incantevoli sono i più pericolosi per il futuro.” Ed è intorno alla figura di Michel, coincidente per molti versi con la personalità di Gide, che si dipana una storia drammatica tanto perfetta stilisticamente, quanto scarsamente ricca di pathos. La “confessione” di Michel è quasi una forma di edonismo. Il suo ego è al centro del suo mondo, il suo rapporto con la delicata moglie Marceline è continuamente condizionato e compromesso dal suo egoismo e dalle sue tendenze omosessuali. Più prende coscienza del suo essere, più Michel si allontana dalle convenzioni morali dell’epoca, pur celandosi dietro un preteso profondo amore coniugale. In realtà Marceline rappresenta per lui il passato, quel mondo di cui non vuole conservare memoria ed é questo il motivo per cui affannosamente trascina la donna gravemente ammalata di tisi in giro per il mondo. Così come egli stesso era rinato dopo la malattia, ora sarà la malattia di Marceline a offrirgli la possibilità di una seconda rinascita. Ma svincolarsi dai legami, qualsiasi essi siano, non sempre comporta saper gestire il futuro. “ Saper liberarsi non è niente, il difficile è saper essere liberto.” Una frase di una lucidità ineccepibile. Dunque il dramma di Michel è il dramma dell’intellettuale Gide che vede irrisolto il conflitto tra passato e presente, tra amore e sesso, e la storia che egli ci racconta vuole essere, in tutto il suo anticonformismo, una critica a questo tipo di uomo e di intellettuale.

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L'immoralista 2015-10-16 05:14:57 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    16 Ottobre, 2015
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L'ostinazione al male

Il romanzo è narrato in prima persona da Michel a tre amici che sono il pubblico di questa sua confessione. Michel per far contento l'amato padre morente sposa una ragazza molto bella e dolce che non ama, o meglio che ama di un amore troppo tranquillo per appagarlo interiormente. Subito sopo il matrimonio lui si ammala di tisi e Marceline, la moglie, gli si dedica con pazienza e abnegazione infinita tanto che anche se l'io narrante è quasi interamente preso da se stesso Marceline riesce a guarirlo dalla tisi e per un certo periodo allevia la sua malattia dell'anima che è l'egotismo prepotente. Ma anche in questi momenti di maggiore dedizione ad altri, l'io narrante scopre in se stesso una certa inclinazione al male per il fatto che inizia a mentire,cosa che gli riesce via via sempre più facile, e come la moglie stessa nota, tende troppo a cercare negli altri il male e il vizio ed è inesorabilmente attratto e incuriosito solo da questo lato della natura umana .
Questa inclinazione al male che sarebbe stata facilmente contrastabile viene però incoraggiata da una filosofia di vita condivisa con l'amico Menalque: per poter accogliere la felicità bisognerebbe non possedere niente, svuotare la propria vita per poter essere in grado di gustare e accogliere i piaceri che si offrono per quanto effimeri.
"AH! Michel, ogni gioia è simile alla manna nel deserto che dopo un giorno si guasta; è simile all'acqua del fiume Averno Ameles che, come racconta Platone, non si poteva raccogliere in nessun vaso. Auguriamoci che ciascun istante porti via tutto ciò che aveva portato con sè."
A un certo punto la situazione iniziale si rovescia e l'io narrante, Michel, deve prendersi cura della moglie e ricambiare la sua devozione e il suo amore. In fondo le vuole bene per quanto può, e se c'è una donna che potrebbe amare è certamente lei. Ma Michel è molto attratto dalla sua filosofia di vita e da quel vuoto che assomiglia al vuoto dello stomaco prima di gustare il piacere di un cibo.
Il racconto è condotto in modo meraviglioso dal punto di vista letterario. Il lettore è avvinto fino all'ultimo e fino all'ultima pagina spera in una conclusione diversa. E la conclusione è uno schiaffo anche se in parte preannunciata. Certo è un libro che dal punto di vista morale è odioso ma dal punto di vista letterario è bellissimo. La cosa che infastidisce molto del romanzo è la giustificazione implicita della pedofilia. Credo che l'autore condanni la morale comune come imposta dall'alto, c'è un evidente rifiuto di Dio fin dalle prime pagine, quelle in cui Michel non vuole chiedere a Dio la sua guarigione per non avere debiti con Lui. E' come se rifiutasse l'idea che i valori religiosi sono prima di tutto valori umani o è come se la condizione di omosessuale dello scrittore per cui sente di essere stato messo da Dio fuori della porta della morale cristiana lo porti poi a voler abbattere l'idea stessa di una morale. Purtroppo e con dispiacere devo dire che il libro è bellissimo.
Nel finale si assapora comunque più il raggiungimento del vuoto che della felicità.
"Avevo quando mi avete conosciuto, una grande fermezza di pensiero, e so che è questo che fa il valore di un uomo; ora non l'ho più. Ma la causa, credo, è in questo clima. Non c'è niente che renda così difficile l'attività di pensiero quanto un cielo costantemente azzurro. Qui qualunque ricerca è impossibile tanto la voluttà sussegue al desiderio. Circondato di splendore e di morte, sento che la felicità è troppo vicina e l'abbandono ad essa troppo uniforme. Vado a letto in pieno giorno per sottrarmi alla tristezza di ore interminabili e a questo vuoto insopportabile."
Forse la tristezza del finale potrebbe essere considerata una pietra scagliata contro la sua filosofia di vita.

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L'immoralista 2013-09-02 04:45:00 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    02 Settembre, 2013
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Tesi, antitesi e sintesi (parte prima)

La tesi: L’immoralista (1902)

Manifesto delle inquietudini e degli estremismi intellettuali che alimenteranno la letteratura mondiale del Novecento, L’immoralista di André Gide ha per protagonista Michel, filologo che sposa Marceline, un raro esempio di devozione coniugale riversato su un marito che ha in sé il germe della distruzione.
Il viaggio di nozze ha per destinazione l’Africa: lì Michel contrae la tubercolosi e soltanto le cure amorevoli della moglie lo trattengono in vita. Ma l’esperienza della malattia e la prospettiva della morte inducono nell’intellettuale una nuova concezione della vita: la filosofia elaborata è terribile, perché sospinge Michel a valorizzare aspetti della personalità repressi, senza porsi vincoli morali. Completamente blandito dal male, il filologo distrugge la sua identità etica per rifondare l’esistenza su altri presupposti ("Da quel momento fu lui che io volli scoprire: l'essere autentico, il "vecchio uomo" in noi, quello che il Vangelo aveva rifiutato; quello che tutto intorno a me, libri, maestri, genitori e io stesso, ci eravamo sempre sforzati di sopprimere... Da quel momento provai disprezzo per l'altro essere, secondario, costruito, che l'istruzione aveva formato al di sopra. Dovevo scuotermi di dosso quelle sovrapposizioni").
Intanto, a sua volta Marceline è afflitta dalla tubercolosi, ma il marito è in preda a un egoismo che lo rende insensibile alle sofferenze della moglie malata e la trascina in un'inopportuna, esiziale rotta verso l’Italia e l’Africa. Il viaggio è per Michel uno sprofondare nel baratro, per Marceline una condanna a morte.

Mi piace visualizzare l’opera di Gide con l’immagine della clessidra, un alambicco ove l’ampolla superiore si svuota a beneficio di quella inferiore, in un contrappasso esistenziale spietato che opera secondo la legge dell’inversione della morale: Michel guarisce per le cure della moglie e matura odio verso ogni forma di malattia, Marceline si ammala per altruismo e perisce per l’incuria del marito, che afferma: “Sapersi liberare non è niente; il difficile è sapere essere liberi”.

Un’opera tanto breve, quanto incisiva nel rappresentare gli estremismi e i sentimenti illeciti che affliggono la natura umana. Grazie all’arte di Gide la spietatezza dell’immoralismo rimane velata da uno stile superbo e allusivo: e questo contrasto – tra rappresentazione accennata e devastante potenzialità maligna insita nei contenuti - scatena l’inquietudine più di quanto possa fare una frase esplicita o diretta.

Bruno Elpis

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... Il dottor Jeckill e Mr Hyde
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L'immoralista 2012-09-25 16:23:04 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    25 Settembre, 2012
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A.A.A. trasgressione cercasi

Può succedere che dopo essere scampati ad una morte che sembrava ormai certa, si cominci a vedere la vita con un occhio diverso, ad apprezzare di più cose che un tempo venivano trascurate e a giudicare futili altre a cui prima si dava molta importanza. Si cambiano mentalità, aspettative, desideri. Ma non sempre questa metamorfosi del proprio io agisce in senso positivo. Ad esempio per Michel, il protagonista di questo libro, rappresenta una sorta di involuzione etica, di degrado morale. Sposatosi con Marceline senza amore solo per compiacere il padre in punto di morte, il giovane studioso durante il suo viaggio di nozze si trova costretto a lottare contro la tubercolosi, uscendone vincitore grazie alle costanti e amorevoli cure della devota moglie, ma totalmente cambiato nello spirito. Una metamorfosi negativa e distruttiva che tira fuori tutto il suo egoismo, la sua indifferenza, la ricerca del piacere personale a scapito degli altri che sfocerà in un tragico evento. Solo davanti all’irreparabile Michel sarà costretto a fare i conti con la propria coscienza e chiedere aiuto ai suoi fedeli amici. Questo romanzo di Andrè Gide delude un po’ le aspettative di chi pensava di avere a che fare con un libro trasgressivo e scandaloso come buona parte della critica afferma. In realtà di scabroso o fuori dagli schemi c’è ben poco, i comportamenti del protagonista appaiono poco più che semplici marachelle e anche i riferimenti all’omosessualità dell’autore sono talmente velati e innocenti che si riescono a cogliere solo se ci si è informati prima sulla sua vita. Troppo poco anche se si guarda la cosa in rapporto all’epoca in cui è stato scritto. Ma se si lascia da parte la critica e non ci si pone questo tipo di aspettative si può comunque godere di un romanzo scritto con una prosa eccellente, curata e delicata e che tratta un argomento importante come la decadenza di un’umanità che di li a pochi anni (e qui Gide è da elogiare per la sua lungimiranza) attraverserà uno dei suoi momenti peggiori.

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"Viaggio al termine della notte" di Celine
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