Io e Billy
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Realtà a confronto.
Fraser è un bambino di appena 18 mesi quando i dottori si rendono conto che è affetto da autismo. Sin dalla sua nascita Louise aveva notato che qualcosa in lui non andava, non che non gli volesse bene o che non fosse il pargolo dei suoi sogni, semplicemente il piccolo non rispondeva a nessuno stimolo (faccine, solletico) ne era in grado di interagire in alcun modo con i suoi genitori e/o estranei per far comprendere cosa desiderasse. Non stupisce dunque che la neo-mamma Louise sia caduta in una forte depressione e si sia sentita sconfitta e colpevole; inconsapevole della patologia che affliggeva il figlio si riteneva responsabile dei suoi pianti e disagi tanto da auto-incolparsi della sua inettitudine a far da madre. Quando al compimento del diciottesimo mese di vita i medici si interessarono al caso, visto che il frugoletto non aveva raggiunto alcun traguardo di quelli previsti per un neonato della sua età e dunque i segnali di allarme iniziavano a prender campo, decisero di sottoporlo a varie analisi e terapie il cui esito fu tanto evidente quanto inevitabile.
Da quel momento, la consapevolezza e la dura realtà della convivenza. I due genitori portano avanti la loro battaglia tra lavoro, una bimba in arrivo e il tentativo sempre più vano di riportare Fraser nel mondo reale e rapirlo dal suo auto-isolamento. A cinque anni, la svolta: Billy. Sorprendenti gli effetti benefici a questo imputabili su tutta la famiglia, in particolare su Fraser. Dal primo momento in cui ha incontrato il felino il suo ferreo attaccamento alla routine così come le sue crisi hanno cominciato a mutare, prima impercettibilmente poi sempre più chiaramente nel momento della materiale convivenza bambino-gatto. -“Billy è il mio gatto!! Billy è il mio gatto!!”- pronunciava continuamente il giovane autistico.
Una storia semplice ed autentica è quella che l'autrice ci racconta; è il puro desiderio di condividere la sua esperienza con chi ha e non ha mai avuto contatti con una persona affetta da autismo, è il cuore di una madre che si priva di ogni protezione e si apre con la sua forza e la sua umana debolezza agli occhi di un mondo troppo spesso cieco. Il grigio micione Billy fa da cornice a questo racconto ma nel suo essere è la colonna portante dell'opera e fa la differenza per il lettore che, magari abituato a certi comportamenti dai rappresentanti canini, non si aspetterebbe mai una tale loquacità ed empatia da un felino.
Stilisticamente parlando non si può gridare al capolavoro, ma contenutisticamente vale la pena di leggere questo libricino se non altro per interrogarsi e conoscere una realtà tanto cruda quanto tangibile.