Io, Ibra
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Era high chaparral, come dico sempre. Era un gran
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"Era high chaparral, come dico sempre. Era un gran casino"
Partiamo dal presupposto che ho adorato sia il giocatore, che il personaggio.
In campo era uno che faceva sempre la differenza, ed in confernza stampa dava sempre prova di essere diverso e mai banale.
Sinceramente speravo che questa autobiografia fosse più cattiva, più "sporca".
E' una buona lettura, con diversi punti abbastanza forti, buona insomma, ma io speravo fosse esagerata, come lo è stato Ibra in campo: Esagerato!
Invece è solo buona.
Curiosa, anche se prevedibile la storia, Ibra risulta sicuramente avere una vita più tranquilla di quello che mi aspettavo.
La parte migliore è sicuramente la prima, Ibra inizia parlando del suo "momento" al cospetto di Guardiola, e non lesina certo le sue colorite opinioni.
Ci si apetta quindi un libro tutto così: schietto e cattivo, ma purtroppo non è così, Zlatan alla fine ne esce fin troppo un bravo ragazzo.
La frase per cui è famosa questa autobiografia ovviamente non è di Ibra, ma lo sembra, e ci stà
"Perché ricordate: si può togliere il ragazzo dal ghetto, ma non il ghetto dal ragazzo!"
Dopo il primo scontro con Guardiola, Zlatan comincia con una narrazione cronologica, si parte dalla sua infanzia e la difficile vita famigliare, ed è qui che ho trovato tutte le frasi più interessanti ed intense:
"
un giorno la polizia fece irruzione da noi e arrestò la mamma. Ho un ricordo vago, come una strana sensazione, tipo:
«Dov’è la mamma? Perché non c’è più?».
"
"Papà:
Quando tornava a casa nella sua tuta da lavoro, con tutte quelle tasche piene di cacciaviti e
arnesi, si sedeva accanto al telefono o davanti alla tv e non voleva essere disturbato. Era
come sprofondato in se stesso, e spesso infilava gli auricolari e ascoltava musica popolare
jugoslava."
"Io stavo fuori tutto il tempo a giocare a calcio e a pedalare su bici rubate, e spesso tornavo
a casa affamato come un lupo, spalancavo lo sportello del frigorifero e pensavo: “Ti
prego, ti prego, fa’ che ci sia dentro qualcosa!”. Ma no, niente,"
"Mi hanno chiesto spesso, ovviamente, che cosa avrei fatto se non fossi diventato un calciatore.
Non ne ho la più pallida idea. Forse sarei diventato un criminale. Io e i miei amici del
quartiere combinavamo parecchie cazzate."
"Erano anni inquieti. Cambiavamo casa di continuo, non so esattamente perché: restavamo
di rado più di un anno nello stesso posto, e gli insegnanti sfruttavano questa informazione
a loro vantaggio. «Devi andare alla scuola della tua zona» dicevano, non per pignoleria burocratica
ma perché vedevano una possibilità di liberarsi di me."
Zlatan ricorda i suoi primi anni da calciatore, quando era solo un ragazzino:
"Mio padre non c’era mai lì: né in mezzo agli jugoslavi né agli svedesi, e io non ricordo di
preciso che cosa pensassi. Era così e basta. Me la cavavo da solo. Ero abituato. Ma forse mi
bruciava comunque."
Lo straniero Zlatan in terra svedese, si costruisce un suo carattere orgoglioso, ribelle e testardo:
"Una volta mi diedero il rosso perché stavo urlando
contro i miei compagni di squadra.
«Non puoi fare così!» disse l’arbitro.
«Ma vaffanculo pure tu», sbraitai, e lasciai il campo."
Ed anche:
"Ma imparai una cosa importante in quegli anni: per essere rispettato, un ragazzo come me deve
essere cinque volte meglio di tutti i Leffe Persson o come diavolo si chiamavano. Deve allenarsi
dieci volte più duramente. Altrimenti non ha nemmeno una chance. Da nessuna parte!
Specialmente se è un ladro di biciclette."
Buona per il titolo la citazione:
"Era high chaparral, come dico sempre. Era un gran casino"
All'AYAX con i primi soldi Zlatan realizza i suoi sogni, spendendoli in auto...:
"Perciò adesso me ne stavo seduto lì a Diemen, senza un soldo e affamato, a sentirmi dire
da papà che ero stato un cazzone a comprare una macchina del genere per poi rimanere
senza un soldo. Indubbiamente era vero, ma non mi aiutava. Continuavo a non avere nulla in
casa e a odiare i frigoriferi vuoti"
Davvero fantastica la prima impressione che ha di Zlatan la sua futura moglie:
"Ero il tipico, dannato slavo, pensava lei, uno che gira sulla sua macchina lussuosa con la musica
a volume troppo alto. Insomma, quindi non il tipo giusto per lei. Ma di questo io all’epoca
non sapevo nulla."
Ovviamente bisogna prendere con le pinze, le situazioni descritte da Zlatan, sono infatti suoi punti di vista, ed in diverse occasioni è fin troppo evidente che cerca di farci una figura migliore di quello che è stato.
Chi come me ha vissuto lo Zlatan giocatore e personaggio, non potrà non ricordare in modo decisamente diverso certi avvenimenti, però è la sua storia, raccontata da lui, come lui vuole che sia ricordata... Bisogna semplicemente tenerlo presente mentre si legge.
La sincerità totale non si poteva certo pretendere, sicuramente il libro è coerente con il personaggio molto di più di quanto non lo sia con la realtà dei fatti.