Il giocattolo rabbioso Il giocattolo rabbioso

Il giocattolo rabbioso

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Ambientato in una Buenos Aires decadente e piena di riferimenti interculturali dovuti alle continue ondate di emigranti europei, il protagonista adolescente del romanzo vive le sue avventure costantemente contrastate tra il confine delinquenziale e il desiderio di appartenere alla giustizia e all'ordine di tipo militare.In un crescendo di vicende disgraziate, il protagonista, Silvio, finisce per maturare una visione cruda e scanzonata del mondo degli adulti, che lo porta ad accettare la sua condizione di anarchico autodistruttivo in balia di un destino ineluttabile.Edito per la prima volta nel 1926, Il giocattolo rabbioso rappresenta il primo e più autobiografico romanzo di Roberto Arlt.



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Il giocattolo rabbioso 2018-07-10 06:52:26 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    10 Luglio, 2018
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La vita è bella

Non è poi così rabbioso questo giocattolo rabbioso. Anzi è bello, pieno di energia.
Il romanzo descrive la vita di un adolescente Silvio, che già dai 14 anni fa dei lavoretti per mantenersi. La sua famiglia sembra amorevole ma incapace di contenerlo. All’inizio del romanzo lo troviamo a organizzare furti programmati fin nei dettagli e a progettare invenzioni. Passa di lavoro in lavoro attraversando uno zoo umano molto singolare. La scrittura è fresca, diretta, e si vede che c’è molta della sua esperienza dietro alle pagine del romanzo e una intelligenza acuta e originale. Tornando al protagonista, quella che sembrerebbe una smania di avere più soldi e cose attraverso furti e lavoretti, in realtà è una smania poco legata alla materialità. Silvio insegue emozioni, idee, invenzioni, sogni. Forse cerca un contatto più stretto con la vita che sente gioiosa e bella. Anche se ha una intelligenza brillante, ragion per cui i libri scientifici e letterari lo attirano con grande forza, non è un intellettuale, non è disposto a mettere lo schermo dei libri tra sé e la vita. Forse da questo volere toccare tutto a mani nude, più che dalla povertà della famiglia viene la decisione di smettere gli studi e cercarsi un lavoro.
Tutta l’energia del protagonista si trasmette al lettore nel finale bellissimo in una doccia di salutare gioia di vivere. Il modo di scrivere mi ha ricordato molto Yates, certo non nel finale. Arlt pare fatto di legno rispetto a Yates: dove uno affonda, l’altro resiste a qualunque tempesta pronto a filare via dietro a una nuova idea pieno di nuovo entusiasmo.

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