Gli occhi di mia madre Gli occhi di mia madre

Gli occhi di mia madre

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La vita di Glauser, noto in Italia come il "Simenon svizzero" per aver creato indimenticabili romanzi gialli, è una vita breve e in fuga. Orfano di madre a quattro anni, prigioniero di un'educazione rigida e ben presto costretto alla menzogna e alla fame, cinque tentativi di suicidio, ricoveri in manicomio, reclusioni e fughe, droghe, Legione Straniera, lavori saltuari, interdizione, Glauser è stato definito un "outsider estremo". Questi tre racconti autobiografici seguono un percorso che si addensa di nuvole spaventose e di fantasmi, ma rappresentano anche un cammino ricco di incontri e di situazioni, colori e sapori di un'epoca che solo un grande scrittore sa restituire con tanta forza e partecipazione.



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Gli occhi di mia madre 2013-05-20 18:13:42 LunaCalante
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LunaCalante Opinione inserita da LunaCalante    20 Mag, 2013
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Gli occhi, pieni d'un ombra amorosa...

… E mi vesto di sogno per darti se vuoi,
l’illusione di un bimbo che gioca agli eroi
Queste luci impazzite si accendono e tu
Cambi faccia ogni sera ma sei sempre tu
Sei quell’uomo che viene a cercare l’Oblio …

La storia di una vita costellata da un trauma importante, la perdita della madre.
Un romanzo che viene considerato autobiografico perché dentro c’è molto di Friedrich Glauser.
Da bambino cresce con un’intelligenza sensibile ed acuta tanto da acquistare consapevolezza del proprio destino a soli 4/5 anni. Un bambino che sperimenterà la morte prematura della madre che ricorderà sempre come una donna alta, vestita di rosso, bruna e che cantava con una voce melodiosa e sensuale al pianoforte.

...Plein d'une ombre amoureuse..

Questa frase lo accompagnerà per il resto della vita. Gli occhi, pieni di un’ombra amorosa.
Lo sguardo materno che non ha più potuto incrociare e che mai più si è posato durante la fase della sua dolorosa crescita verso l’età adulta, che sarà costellata di altrettanti dolori e fatiche. La penna di questo scrittore svizzero è allucinata,abbacinata,piena di allucinazioni, sogni, metafore che paiono senza senso, un sottilissimo velo di lucidità che a stento permane nelle sue pagine.
La sua vita è una cognizione persa del tempo, un barlume di acuta depressione, una nevrosi scarlatta, grida soffocate, suicidio tentato per 5 volte senza successo,molteplici ricoveri in manicomio,droghe. Si ripercorrono le pagine di una vita allucinata. La realtà è semplicemente fuori dalla portata di Friedrich ,è solo un debolissimo filo conduttore. E’ la personificazione dello scrittore maledetto.

...Plein d'une ombre amoureuse..

Non è raro che la voce calda e ambrata della madre gli risuoni nelle orecchie nei momenti più critici,bui e disperati della sua vita riportandolo alla realtà, così come si porta alla vita un naufrago con i polmoni pieni d’acqua. La madre è come respiro per lo scrittore, un bambino che non è mai cresciuto, che ha dovuto sopportare e fare conti con un padre severo, spesso ubriaco e mai sazio di botte. Anche il padre soffrì molto per la perdita di questa donna. Per lui il figlio era una femminuccia,un fallito di prima categoria. Tra alti e bassi questa autobiografia trasformata in un romanzo è a tratti osservazione acuta della realtà e distorsione di essa.
La depressione fa vedere con il microscopio,potenziato al massimo, ogni singola cosa dell’esistenza anche quella più banale, trasformandola in mostruosità.

E per concludere …..Morì giovane,poco dopo un matrimonio a Nervi. Niente di più rivelatore…
Morì a Nervi d’infarto, con i nervi indubbiamente distrutti.
Ma io ho percepito,durante tutte le pagine di questo scrittore tormentato,la presenza amorevole della madre, che era una cristiana,mentre il padre se la mia memoria non erra,era di religione protestante.
Friedrich morì l'8 Dicembre ,festa dell'Immacolata, Colei che viene considerata come la Madre per eccellenza.
Chissà,forse in quella festa solenne ha raggiunto la sua madre terrena.

E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.
(Giuseppe Ungaretti)

....


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