Come mio fratello
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Con assenso disinformato
"L'hai protetto, sei rimasta sveglia ogni volta che aveva la febbre; quanto amore, quanta dedizione e fatica ti sono costate farlo crescere, e poi viene spedito là, semplicemente viene mutilato e muore".
La letteratura tedesca contemporanea ci offre questo libro bello e interessantissimo di U. Timm, fra i più grandi autori europei di oggi.
Alla base dell'opera, gli scritti (diario, lettere) del fratello, arruolatosi come volontario nelle SS e morto diciannovenne sul fronte russo nel '43.
Lo scrittore aveva allora tre anni e di lui ricorda solo un ragazzo alto e biondo che lo sollevava da terra.
Il libro è anche un resoconto sulle responsabilità di persone comuni, oltre che del potere, nelle tragedie della Seconda Guerra Mondiale. Ci sono domande senza sconti e dettagli che, pur nella pacatezza del racconto, sgomentano.
Si tratta di un'indagine acuta e impietosa nel microcosmo della propria famiglia, quasi specchio della società tedesca, uno scavo che dà nuovo senso alla pietas verso persone acritiche, responsabili e vittime di un'immane catastrofe.
Com'è stato possibile che quel ragazzo trasognato "a cui non è mai piaciuto giocare con i soldatini", si sia catapultato nel gorgo della tragedia?
Secondo la madre, contraria all'arruolamento, i capi "avevano abusato dell'idealismo del giovane".
E i padre? Qui il discorso si deve inoltrare fra varie e pericolose ambiguità.
U. Timm sa penetrare molto in profondità: scandaglia i cosiddetti 'valori' che serpeggiavano nella mentalità comune, qui trasmessa dal genitore nella formazione del Super-Io di famiglia.
Il padre, che pur non si era mai iscritto al Partito nazista e non ne amava i "modi troppo da teppisti", non metteva affatto in discussione "dovere e tradizione", e neppure il 'coraggio', che però non prevedeva il coraggio di dire di no.
Gli scritti del fratello sono piuttosto reticenti, benché talvolta implicitamente eloquenti : "...mi limito a seguire gli ordini". Ad un tratto compare un Russo, e come una pugnalata giunge la frase: "a 75 metri Ivan fuma una sigaretta, un boccone per la mia mitragliatrice".
Il narratore, mentre conduce le proprie indagini, legge libri di Primo Levi e altri autori che raccontano gli orrori subiti dalle vittime : è il momento perché lui, appartenente a una generazione a cui era proibito piangere, pianga "tutte le lacrime soffocate".