Città d'ombra
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André Aciman e la ricerca della stabilità perduta:
l tentativo sofferto di ritrovare la propria identità, di riconoscersi in un io integro e senza sbavature è il fil rouge che attraversa la raccolta dei saggi di André Aciman intitolata Città d’ombra ed edita da Guanda lo scorso ottobre.
Diciannove scritti in cui ci imbattiamo in un narratore che, alla stregua di un flâneur baudelairiano, sgattaiola rapido attraverso le strade piccole e grandi delle città del mondo, alla ricerca di un tempo perduto, o meglio, alla ricerca di una dimensione fuori dal tempo. Smarrendosi, tornando indietro, percorrendo senza accorgersene le stesse strade e ritrovandosi magari al punto di partenza.
«Sono nato ad Alessandria d’Egitto. Ma non sono egiziano. Sono nato da una famiglia turca, ma non sono turco. In Egitto ho frequentato scuole inglesi, ma non sono inglese».
"Cosa sono allora? Chi sono?" - sembra chiedersi lo scrittore.
Il girovagare spaesato per le vie cittadine diviene allora anche metafora esistenziale, per un uomo che – come Aciman – è nato già nella condizione di "esiliato", dato che neanche ad Alessandria, città dove è nato e in cui ha trascorso i primi quattordici anni della sua vita, si è mai sentito totalmente a "casa". Un’esistenza iscritta "nel segno dell’esilio", per riprendere il titolo della nota raccolta di Edward W. Said, altro intellettuale esule, critico, musicista e militante palestinese. E questo sentimento “originario” di non-appartenenza grava come una condanna inestirpabile sulla vita dello scrittore, gli impedisce qualsiasi possibilità di stabilirsi in maniera definitiva in luogo, di eleggere un solo posto come patria definitiva.
Aciman ci porta con sé in un suggestivo viaggio sentimentale, ci fa assaporare il gusto, cogliere le atmosfere, ascoltare i suoni delle città del mondo: Alessandria, Parigi, Roma, New York. Città, tutte, in cui lo scrittore ha vissuto per periodi più o meno lunghi, in cui ha lasciato una parte di sé ma nelle quali, tuttavia, continua a sentirsi come un "ospite" in un "paese straniero".
Cresce ad Alessandria bramando di essere francese, vive a Roma ma sogna Alessandria, si trasferisce a New York immaginando di tornare, un giorno, nella piazzetta romana in cui aveva deciso di prendere casa, ritorna ad Alessandria, città del suo passato e nucleo ricorrente della sua scrittura, e non prova alcuna emozione. Niente di niente. l confronto tra i luoghi immaginari e luoghi reali è un confronto impari, in cui ai primi irrimediabilmente la vittoria, mentre i secondi comportano delusione e inappagamento, come se “la verità non fosse mai abbastanza”.
Lo scrittore si auto-definisce un «temporeggiatore psicologico», qualcuno che non riesce mai a sentirsi realmente partecipe del proprio presente e preferisce rifugiarsi in cronotopi alternativi e immaginari, che siano il passato o il mondo della letteratura.
Il senso del titolo della raccolta – "Città d’ombra" – è proprio questo: il concetto di "ombra" rimanda a una dimensione irreale in cui non si ha a che fare con l’oggetto in sé, ma con un suo doppio, tanto suggestivo quanto intangibile.
Ne vien fuori il ritratto di un uomo introverso e riflessivo fino allo sfinimento, di un artista del rimpianto perennemente alla ricerca di qualcosa.
Libro intenso e che prova a interrogarsi su alcuni dei temi che da sempre attanagliano l'uomo: l'identità, il passato, la memoria.
Indicazioni utili
Nel segno dell'esilio, Edward W. Said