Un'idea di felicità
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Alla fine della giornata, il piacere di raccontare
“Un’idea di felicità”, di Luis Sepulveda e Carlo Petrini è innanzi tutto una bella idea.
Un dialogo tra due persone che hanno qualcosa da dire. Dialogo prima diretto, nella forma di una conversazione ricca di spunti di interesse. Poi prosegue con un confronto a distanza: lo scrittore cileno apre con sette idee per il futuro (su felicità, letteratura, sviluppo, condivisione, nutrimento e politica) e il fondatore di Slow Food e Terra Madre risponde sugli stessi temi (solo sostituendo la letteratura con la gastronomia).
Si parte dal comune apprezzamento per la lentezza, tema dell’ultimo libro di Sepulveda e concetto essenziale e fondativo di Slow Food. Lentezza come fonte di piacere, saggezza, efficienza. L’idea che la felicità si fondi essenzialmente sulla rete, sull’apertura agli altri, sulla valorizzazione delle diversità, senza le quali le identità appassiscono e muoiono.
Entrambi accettano molto volentieri l’etichetta di utopisti e visionari (non per nulla sono entrambi classe 1949, piena generazione ’68) ma rivendicano con orgoglio che solo con una robusta dose di utopia si possono realizzare cambiamenti concreti. E quanto a visione sul futuro, si fidano più dei poeti che di scienziati, economisti e politici.
Ciò che rende affascinante la narrazione di entrambi, e che la fa uscire dalla pura affabulazione fine a se stessa, è che l’uno e l’altro hanno fatto cose importanti nella loro vita, sono stati in modi diversi due rivoluzionari, e le loro idee sono un corpo unico con le esperienze maturate e i progetti futuri.
Sepulveda fece parte della guardia personale di Salvador Allende, è stato esule in vari paesi, combattente sandinista in Nicaragua, attivista di Greenpeace, ospite per sette mesi degli suar, una popolazione amazzonica, amico del presidente dell’Uruguay Pepe Mujica. Petrini, muovendo da Bra, nel cuneese, e dall’ARCI, ha creato un movimento che, tra Slow Food e Terra Madre coinvolge circa un milione di persone sui temi del cibo e dell’agricoltura e sulla loro importanza per la cultura, la salute, l’ambiente e per un mondo più giusto.
Fare bene e con passione il proprio mestiere, riscoprire l’antica sapienza contenuta nel lavoro manuale, artigiano, contadino, non avere paura di vivere in una decorosa povertà, rifiutando le chimere di chi promette il benessere e poi ti costringe alla fame, sono tra i tanti punti di vista che, otre a qualche tratto biografico, accomunano i due personaggi.
Sepulveda svela il contenuto che lo ispirò per la scrittura di alcune sue celebri opere. Petrini sviluppa le sue idee rifacendosi soprattutto al progetto di Terra Madre, “un modello slow che imprime cambiamenti repentini”. Due testimoni straordinari di come la cultura possa farsi vita e la vita farsi cultura. Contro i mastri parolai che cianciano con stile (o anche no) senza contenuti.
“Il momento più importante per l’umanità si ripete ogni giorno, moltiplicandosi, in maniera anonima. Ed è quando alla fine della giornata la famiglia, grande o piccola, si siede a tavola per godere di un’esperienza semplice come mangiare qualcosa che è stato fatto con amore, qualcosa che ha una storia alle spalle. Anzi più di una. Ogni pasto, per quanto semplice, contiene una molteplicità di storie… E’ il momento del giorno ce preferisco, il pasto serale. Qui il gruppo minimo che è la base primordiale di ciò che si chiama umanità si siede a tavola e partecipa alla piccola, enorme narrazione che è il meraviglioso racconto della giornata trascorsa.”
Indicazioni utili
Felicità
“Un idea di felicità” è un interessante saggio e si articola in tre parti.
PARTE PRIMA - Conversazione tra Carlo Petrini e Luis Sepulveda
I due autori dialogano, prendendo spunto dall’ultima opera di Sepulveda (“In diversi contesti etnici la lumaca è un simbolo di equilibrio”) e abbozzano le idee (“Io penso che il diritto al piacere sia un diritto universale di tutta l’umanità, non solo della parte ricca”) che poi ciascuno svilupperà nelle due parti successive.
Luis Sepulveda e Carlo Petrini argomentano in armonia (“Ci unisce… un sentimento di comunanza ideale: tu sei stato, e sei, un sincero combattente per la democrazia, per i diritti civili”), con uno sguardo privilegiato al Sud America, alle illusioni politiche (“L’attuale presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, uno dei comandanti della rivoluzione sandinista, ora ha un patrimonio personale di milioni di dollari e ville all’estero”) e sempre criticando “il culto della velocità”.
PARTE SECONDA – Sette idee di futuro e il racconto di un’isola felice (Sepulveda)
Sepulveda riprende il tema della lentezza (“Credo che l’idea della ricerca della felicità attraverso la lentezza percorra tutta la mia opera”) e ripropone valori (“In tutte le vecchie culture, il momento sublime della vita è sempre stato questo, intorno al fuoco, insieme”) che traggono forza dal suo attivismo politico ed ecologista. Confida alcune interessanti curiosità sulla genesi delle sue opere e delinea un modello di felicità che trova la propria ambientazione nella Patagonia cilena (“L’estate australe è breve e imprevedibile, e il suo corso sembra determinato dal volo precoce o tardivo delle otarde e dei maestosi cigni dal collo nero…”). Lì ha avuto luogo la barbarie dell’allevamento dei salmoni (“molta ricchezza che ingrassa le macrocifre della crescita, le fortune delle imprese multinazionali… amministratori corrotti… ma alle popolazioni dei luoghi … ha portato solo povertà, discredito…”), lì permane tuttavia “un certo tipo di vita segnato dall’orgoglio legittimo di chi affronta situazioni estreme”, lì vive la “gente che resiste nel Sud del mondo… che realizza una piccola idea di felicità”.
PARTE TERZA – Sette idee di futuro (Petrini)
Anche Carlo Petrini, presidente di Slow Food, cerca di “definire la felicità distillata nella sua essenza come un momento, un lampo di maggiore o minore intensità, che arriva e poi, purtroppo, passa”. Lo fa a partire dalla sua realtà (“La gastronomia … è una serie di relazioni, proprio come la felicità”), senza “chiudersi in una prospettiva edonistica e ristretta” e contrastando “un’idea puramente elitaria del cibo… l’arte e la scienza gastronomica vengono trasformate in un vuoto spettacolo, come accade … in televisione”: per una “cucina anti-spreco”, che fonda la cultura del biologico e della solidarietà.
L’opera riveste un interesse specifico per chi apprezza Sepulveda e rappresenta un modo concreto di approcciare i grossi problemi (di sopravvivenza) del nostro pianeta e dei suoi – spesso infelici - abitanti.
Bruno Elpis