Storie di ordinaria follia
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...e se non fosse Bukowski ?
Quanta gente troverebbe gradevole questi racconti se non sapesse che li ha scritti Bukowski?
Personalmente non consiglio di iniziare la lettura di Bukowski da questo libro, forse il più famoso anche per via della trasposizione cinematografica
Trovo tutto un po’ forzato, linguaggio, alcool, sesso, sporcizia, c’è un po’ troppo di tutto, un po' troppo esibizionistico, tutte cose che forse se non fossero scritte da Lui sarebbero un po’ indigeste.
La sua sfrontatezza, il suo anticonformismo la sua indipendenza, la sua sregolatezza hanno un certo fascino, ma può ritenersi libero un uomo così schiavo dei suoi vizi? Contesta la società moderna ma l’alcool il fumo il gioco d’azzardo il sesso, sono suoi prodotti
E’ un romanzo autobiografico, crudo, scritto di getto, da l’impressione di non riguardare mai la pagina che ha appena scritto, anche se credo che non sempre la racconta giusta, bere con quella ossessione non porta molto lontano, e anche tutta quell’ energia sessuale per uno con un tale stile di vita mi sembra eccessiva.
Piace più per quello che è, che per quello che scrive, e forse poteva scrivere qualche racconto in meno, la lettura a volte è agevole a volte confusa, a volte banale a volte profonda, totalmente in linea col personaggio.
Rimane un maestro del genere . . . . anzi il maestro! Da leggere, ma bisognerebbe conoscerlo un po’ prima
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Guardare in faccia la realta' e farsi un bicchiere
Stile alcolico, punteggiatura ribelle, periodi lunghi, tante parolacce. Sono i tratti distintivi di Bukowski, uno scrittore che se ne infischia delle regole. Le regole sono fatte per essere infrante. La massa non e' altro che un branco di pecore legate tra loro, incatenate ad una societa' erta su ideali fittizi. Una societa' piena di divieti, che schiaccia i piu' deboli, li deride, li umilia, e solo in questo trova la sua realizzazione. Quel povero diavolo che decide di uscirne, che ad un tratto si ribella alle oppressive manipolazioni morali e sociali, viene inequivocabilmente etichettato come pazzo, o ubriacone, o poco di buono. In fondo sono tutti sinonimi.
"Storie di ordinaria follia" e' sicuramente una delle piu' belle avventure underground mai regalate alla letteratura di tutti i tempi. A che servono trame articolate, stili virtuosistici e pudore letterario quando si puo' contestare l'ipocrisia della societa' moderna senza mezzi termini, semplicemente parlando di se stessi?
Un libro da leggere tutto d'un fiato, basato sulla storia di un uomo che vive la propria vita. La vive alla giornata. Non si priva di nulla, o di tutto. E' difficile dirlo. Egli beve, scrive, beve ancora, scopa, gioca ai cavalli, beve di nuovo, e' perfino in grado di amare, e di tanto in tanto lavora perche' purtroppo c'e' ancora bisogno del vile denaro per comprarsi il pane (o un paio di confezioni da 6 di birre).
A nome di tutti i lettori, dai piu' rozzi ai piu' acculturati, grazie Charles per averci narrato di te e averci aperto gli occhi come solo un artista puo' fare, spuntandoci addosso la tua verita'.
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Un capolavoro della letteratura underground
Non è facile recensire Bukowsky, scrittore e poeta al di fuori dei consueti canoni, rappresentante singolare e principale, in lingua inglese, di quella letteratura (“ realismo sporco”) underground che si oppose negli anni Sessanta alla cultura popolare di massa. Scrittore anticonformista per eccellenza, ribelle ad ogni regola ed allergico a qualsiasi condizionamento ideologico, accostato alla cosiddetta beat generation ed a scrittori come Hemingway, Fante, Miller, Céline, seppe coltivare orgogliosamente una sua autonomia, con il suo stile informale, zeppo di frasi gergali e di espressioni colorite, ed il sovrano disprezzo per certa letteratura dei suoi tempi e soprattutto per il mondo ipocrita e falsamente perbenista in cui vivacchiava, perennemente ubriaco e perennemente a caccia di un lavoro decente per sopravvivere, di nuove esperienze sessuali e di editori disposti a dargli credito. Fragile e apparentemente indifeso, la sua produzione letteraria fu enorme, anche se poco valutata: uno spirito libero, sognatore a suo modo e delicato, che ha lasciato una traccia indelebile soprattutto nelle sue opere più spontanee ed importanti, tra cui “Storie di ordinaria follia”: una raccolta di racconti (42), pubblicati nel 1972, prevalentemente di natura autobiografica. L’autore racconta la sua passione per le corse di cavalli e lo stralunato mondo che le circonda, l’esperienza ospedaliera e le disavventure in carcere, gli incontri con gli scrittori del suo tempo, le conquiste femminili, i guai con le automobili, i sogni e le speranze, sino a quel piccolo capolavoro (“Animali in libertà”) in cui prefigura un lontano utopistico futuro di esseri viventi simbioticamente in pace con sé stessi e con la natura: gli argomenti di riflessione non mancano, Bukowsky può essere amato o odiato, ma a mio parere non si può negare che abbia lasciato una traccia indelebile, e che traccia!, nella letteratura del secolo scorso. ” Don’t try” (non provarci), ha voluto che fosse inciso sulla sua lapide: non muoverti, non tentare di accostarti allo stupido mondo che ti circonda, ma se qualcosa che ti va ti si avvicina, acchiappala e falla tua. E’ certamente una filosofia di vita.
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La poetica della cucina sporca
Le “Storie di ordinaria follia” di Charles Bukowski sono storie di straordinaria ordinarietà.
Nel guazzabuglio dei deliri alcolici, di coiti e fellatio, di eccessi e liberi sfoghi della dimensione animalesca dell’uomo – che in letteratura e nelle arti da tempo non rappresentano più una novità, ma omologazione – un racconto su tutti (ebbene sì, li ho letti tutti!) mi ha colpito.
Il racconto s’intitola “Troppo sensibile”. Ne riporto l’incipit, con brevi annotazioni personali. Il minuscolo all’inizio del periodo (e dopo il punto) è una folgorante e originale (?) licenza stilistica che caratterizza il Buk, uomo libero da freni ma schiavo delle abitudini che lo portano ad alzare il gomito:
“mostratemi un uomo che abita solo e ha la cucina perpetuamente sporca e, 5 volte su 9, vi mostrerò un uomo eccezionale - Charles Bukowski, 27 giugno 1967, alla 19a birra.
mostratemi un uomo che abita solo e ha una cucina perpetuamente pulita, 8 volte su 9, vi mostrerò un uomo detestabile sul piano spirituale - Charles Bukowski, 27 giugno 1967, alla 20a birra.”
“spesso la cucina riflette lo stato della mente. Gli uomini confusi e insicuri, d’indole remissiva, sono dei pensatori. le loro cucine sono come le loro menti, ingombre di rifiuti, stoviglie sporche, impurità, ma essi sono coscienti del loro stato mentale e ne vedono il lato umoristico…
L’uomo con la cucina sempre in ordine è, invece, un maniaco. Diffidatene… la sua mania per l’ordine, dentro e fuori, è solo avvilente compromesso, un complesso difensivo e consolatorio. Basta che l’ascolti per dieci minuti e capisci che lui, in vita sua, non dirà mai altro che cose insensate e noiose. È un uomo di cemento…”
Io detesto il disordine in casa.
A questo punto della lettura, Bukowski si è già fumato (e mai termine fu più appropriato) le ultime, evanescenti, residue possibilità d’incontrare la mia simpatia. E mi chiedo: “Possibile che lui sia sensibile e io di cemento? Sarà poi vero il teorema della cucina sporca?”
Nel passaggio successivo del medesimo racconto, il nostro autore probabilmente si gioca la metà della popolazione terrestre sprovvista di cromosoma y, in uno dei passaggi più maschilisti della letteratura dai tempi di Omero in poi:
“ora, la donna con la cucina sporca è un’altra questione: dal punto di vista maschile, se non lavora altrove e non ha figli, la pulizia o la sporcizia della sua cucina sono quasi sempre (con qualche eccezione) in proporzione diretta dell’affetto che nutre per te…”
Siamo sicuri che la poetica dell’arte disinibita dall’assunzione di sostanze psicotrope funzioni?
Siamo certi che la triade Bacco-Tabacco-Venere sia poi così fertile e avanguardistica?
Bruno Elpis
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Dietro la maschera
Storie di sbronze, di cavalli, di scopate... Questo è quello che trovi scritto. Ma le righe più belle sono state certamente quelle non scritte, quelle espresse senza esprimerle, quel non detto che ti abbatte e ti deprime, ti tira un pugno in pancia e ti lascia per terra dolorante. La storia di un uomo amareggiato, un uomo che ha dato tanto e aveva tanto altro da dare, e che spesso ha sofferto in silenzio. La storia di un padre che vede nella figlia tutta la vita, anche la sua. Un uomo che si nasconde dentro sé stesso perché è l'unico modo che gli è rimasto per proteggersi da quello che più gli fa male. Nelle sue pagine lo senti cantare quel piccolo uccellino azzurro che portava nel petto Bukowski, e se leggendo questo libro non lo hai sentito, mi dispiace tanto per te
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Poesia alcolica
“Non riesci più a stupirli, questi giovani. Sono diventati una razza superiore.”, recita Bukowski in uno dei 42 racconti brevi inseriti in questa famosissima raccolta. A parere mio Charles Bukowski è uno degli scrittori ancora in grado di stupire davvero la gente. Certo, o lo si ama o lo si odia. Ma se finisci nel primo gruppo, tra quelli che lo amano, allora capirai di cosa sto parlando.
Ammetto che Storie di ordinaria follia non sia una lettura facile, soprattutto se è il primo approccio al mondo di Bukowski. Io stessa non l'avevo apprezzato adeguatamente all'inizio, ne ho colto l'essenza solo dopo aver gustato anche un romanzo (Donne) e una carrellata di video-interviste e soprattutto poesie.
In questa raccolta di racconti il vecchio Bukowski inserisce molti spunti autobiografici, spezzoni di vita quotidiana al limite dell'assurdo, trip mentali guidati dal fumo e dall'alcol, donne discutibili e una valanga di verbi ancora più discutibili (bere, scopare, pisciare, bere, scrivere, morire).
Ripeto: non è facile da comprendere. Ma, se ci si impegna un po', è facile scorgere quell'inoppugnabile realtà dietro al cinismo, quell'insofferenza verso una società marcia e corrotta. Sarà anche considerato riprovevole scopare, bere e lasciarsi andare (fisicamente e moralmente), ma se è l'unico modo per un vecchio sognatore di sopravvivere in questo mondo, ben venga dico io!
Non si potrà mai comprendere Bukowski se ci si limita a questi racconti sparsi. Io credo sia necessaria, fondamentale, una lettura a qualche romanzo lungo e, ancora meglio, la visione delle sue interviste... basta ascoltarlo recitare una poesia, rispondere alle domande puntenti dei giornalisti per capire che “...cela una estrema sensibilità sotto una scorza di indifferenza...” (citazione presa da un altro racconto breve della medesima raccolta). Bukowski era un uomo fragile, un sognatore dostoevskijano, non voleva far altro che scrivere, stare con la sua donna e bere per sopravvivere a tutto il resto. Raccontare la sua vita, nello stile più disincantato e sincero possibile, condito da parolacce, massime da quattro soldi o “perle ai porci” credo sia stato per lui la miglior terapia possibile. Successo meritatissimo. Un attimo di riflessione in più prima di giudicarlo “un vecchio porco ubriacone pieno di parolacce, senza poesia”. Di poesia ce n'è, eccome.
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Storie di un uomo come tutti
Non voglio allargarmi o parlare di cose che hanno fatto già altri meglio di me. Quello che voglio dire è che è un libro non per tutti, non me ne vogliate male ma direi per un pubblico maschile. Il libro m'è piaciuto anche se ho trovato alcuni racconti poco interessanti e volti a fare numero nella raccolta. Bukowski è un uomo come tutti e tutti noi siamo uomini un pò come Bukowski. La trascrizione degli istinti irrefrenabili (fantasie sessuali, la ricerca di una nuova America {nel senso lavorativo}, le droghe,l'alcol e la fortuna) è così pura e così vera che per molti aspetti non ho potuto non riconoscermi in quelle che sono le attitudini umane che non trovano slancio in una "società del BUON COSTUME" come la nostra. Non sto dicendo di voler gente alcolizzata per la strada o giri di prostituzione ovunque, sto dicendo che è inutile far finta di niente, rinnegare "pensieri strani", e fare i puritani indossando la maschera della persona per bene. Si può mentire agli altri ma non a se stessi.
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Il talento, poveretto
Erezioni, eiaculazioni, esibizioni, recita timidamente il sottotitolo in italiano.
Io aggiungerei evacuazioni, visto che l'autore di questi racconti sente spesso la necessità di metterci al corrente del suo transito intestinale (per la cronaca, la corriera gli causa costipazione, ma niente paura, poi si rifà alla grande).
Il problema è che quello che a tutta prima strappa un sorriso alla lunga stanca, considerando che per buona parte del libro il vecchio Buk se ne sta sbronzo e con le brache calate, dandoci dentro col sesso o col cesso (quando ne trova uno non intasato).
A quanto pare lo scrittore non può fare a meno di impastare letteratura ed escrementi, aggiungendoci tutti gli umori corporei possibili ed immaginabili.
Eppure lo stile non è male, e il talento, poveretto, di tanto in tanto fa capolino con qualche uscita brillante o qualche pagina azzeccata. In compenso occorre sorbirsi la lettura di un discreto numero di depravazioni, e resta pure un po' di spazio per la noia.
C'è qualcos'altro da scoprire dell'arte di Bukowski? Può darsi, ma io ne ho già avuto abbastanza.
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Grazie Hank!
Un piacere liquido, dissetante, rinvigorente: la scrittura di Hank (il nome che si scelse da solo) Bukowsky.
Da un po' di tempo non avevo più voglia di leggere: strano, stranissimo per chi, come me, ha bisogno di respirare parole.
Diverse decine di libri nuovi, acquistati con piacere e desiderio, mi guardavano dalle ante della libreria. Vi posavo uno sguardo distratto e passavo ad altre occupazioni. Ma la lettura, quando è un'abitudine di vita, è difficile da dimenticare: un piacere sottile, un'evasione ricca di stimoli anche quando il libro non è proprio dei migliori.
E così il disagio cresceva. Alla fine ho rimediato riprendendo fra le mani uno degli autori che amo di più: il vecchio, disilluso, ironico, dissacrante Charles Bukowski.
Hank è così vitale, così emozionante nella sua profonda incapacità di sottostare alle regole della civile convivenza, è così incredibilmente “vivo” anche se costantemente avvolto dai fumi dell'alcool, incapace di mantenersi un lavoro dignitoso, sempre in bilico fra l'estasi alcoolica ed il pensiero filosofico, ruvido e tenero allo stesso tempo, provocatoriamente derisorio nei confronti del proprio (enorme) talento.
Hank dà voce ai derelitti fra i quali si nasconde, facendosi portavoce di un profondo disagio sociale, dona loro la dignità del pensiero anche quando dipinge gli altri e se stesso fra fiotti di vomito in ambienti moralmente putrefatti.
Hank è un poeta (le sue poesie sono splendide, a mio avviso superiori ai testi in prosa) ed ogni racconto che compone quest’opera lo dimostra.
A chi non ha ancora assaggiato i manicaretti che Bukowski sa preparare con la sua vecchia macchina per scrivere, suggerisco di cominciare da questo titolo. A chi invece l'ha già gustato, forse queste poche righe potrebbero far tornare l'appetito...
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L'anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci: soprattutto perché provi un senso di benessere, quando gli sei vicino.
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Ordinario ma tutt'altro che banale!!!
Si erge di fronte ai lettori l'imponente,massiccia, ironica, dissacrante,beffarda, tenera e un po’ cinica, biografia di Charles Bukowski.Questo pazzo senza pudori, ci racconta tra "reality and fantasy",attraverso l'enumerazione di ben quarantadue mini-racconti, la sua vita, vissuta rigorosamente "undergroud" tra i sobborghi picari della "città degli angeli".La follia,come si evince dall'intestazione dell'opera, è il tema ricorrente, che a guisa di filo rosso si riscontra nella quasi totalità dei racconti. Tuttavia, la pazzia, viene qualificata come "ordinaria", siccome la si può riscontrare in ognuno di noi(ciascuno di noi è un po’ folle a suo modo), dall'impiegato postale,al lattaio, al cassiere, al barbone....e come no...rigorosamente anche nello scrittore!!Lui(Bukowski), perennemente arrapato di fronte al gentil(e giovane aggiungerei io)sesso,candidato finalista in qualsivoglia maratona alcolica,con le tasche aride come il deserto dell'Arizona,ci piomba addosso senza nemmeno darci il tempo di rendercene conto,e ovviamente ci travolgerà con una turbinosità di emozioni e piaceri effimeri. Forse un genio,forse un'edonista rovesciato,forse uno straccione scansafatiche,"il Fallito", o lo si odia o lo si ama perdutamente(come mi è personalmente capitato), non vi è un"est modus in rebus":avere una visione "bipartisan"di Bukowski credo si praticamente impossibile!Vi lascio alla lettura del romanzo con un interrogativo:"i veri pazzi sono coloro che osano e traggono soluzioni avventate cambiando radicalmente la loro vita,o siamo noi,metodici schiavi dell'abitudine che perseveriamo ,coi paraocchi ben saldi ai lati del capo, a proseguire per le nostre storie di ordinaria follia?"Buona lettura a tutti!