Ritratto di gruppo con assenza
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Non si dimentica né si perdona
"Dodici mesi fa sono tornato in Cile, dopo quattordici anni di esilio. Ho voluto vivere gli ultimi giorni ufficiali di una dittatura troppo crudele per essere cancellata da una semplice cerimonia civica, nonché gli inizi del ritorno a una democrazia frutto più della disperazione che dello slancio con cui, appena ieri, è stato abbattuto il tiranno. Una democrazia che nasce stanca e per gentile concessione, sotto sorveglianza e vincolata da un patto mostruoso: costruire l’eufemismo che salvi la faccia a uno Stato di delinquenti, che ammetta pubblicamente l’esistenza dei crimini commessi ma non riveli i nomi dei criminali." È il marzo del 1991 quando Luis Sepùlveda ritorna in Germania dopo aver finalmente riabbracciato la sua patria, il Cile, per scrivere questo memoriale fatto di frammenti di storie in bilico tra passato, presente e futuro. Parte tutto da una foto, scattata otto anni prima ad un gruppo di ragazzini di "La Victoria", uno dei quartieri più poveri di Santiago. L'autore vede il ritratto a casa della persona che lo ha scattato, Anna Petersen, e capisce subito che non sarebbe più riuscito a dimenticare quei volti, la loro dolcezza, la profonda purezza che non faceva pensare che fossero lì, in uno dei luoghi maggiormente tormentati dalla repressione della dittatura e dalla miseria. La domanda terribile, spietata, disillusa, nasce subito nell'animo di Sepùlveda: quanto tempo ci avrebbero messo quei dolci ragazzini a perderla? Finito il suo esilio, parte allora con l'amica Anna per cercarli, scoprire cosa è stato di loro e scattare una nuova foto. Scopriranno che negli anni trascorsi quei bambini, così puri e dolci nella fotografia, hanno innalzato barricate, incendiato pneumatici, lanciato molotov, sfidato le pallottole, respinto lacrimogeni. Tutto questo senza sentire paura, perché la paura la sente solo chi non vuole morire, mentre loro non hanno più voglia di vivere. Provano più paura per i sogni, perché i sogni sono solo bugie e per questo fanno rabbia, i pochi che riescono a fare sono utopie, come fuggire in Australia o diventare famosi come Maradona, correndo dietro un pallone con una maglietta straniera addosso. Dopo il racconto arriva il momento della foto, ma sarà una foto incompleta, un ritratto di gruppo con assenza come dice il titolo, perché non tutti saranno sopravvissuti alla triste realtà intorno. È questo l'episodio iniziale da cui scaturiscono gli altri spezzoni che compongono questo mosaico di storie, un collage in cui si mischiano ricordi piacevoli e altri drammatici, in cui si passa dall'entusiasmo della rinascita alla consapevolezza di non essere pienamente liberi di costruirsi il futuro sognato, dove si alternano la felicità per una libertà finalmente ritrovata e la rabbia e il disgusto per come, invece di ripulire a fondo la società cilena, si faccia finta che il passato non sia esistito, nascondendo la polvere sotto il tappeto. Racconti che parlano di abbracci e cicatrici, di fame e di grandi grigliate, di orgoglio e di vergogna, senza però mai cadere nella tristezza, sempre con grande ironia e buttando un occhio anche all'ecologia, alla letteratura, alla politica estera. Ma l'umorismo dell'autore non riesce ad impedire che quel senso di assenza, nato con la foto incompleta dei ragazzini, aleggi per tutta la lettura, che il peso di 17 anni di sanguinosa dittatura gravi su ogni pagina, che nella mente di chi legge, come in quella di ha scritto questa breve ma toccante opera, risuoni il motto: "non si dimentica né si perdona".
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La giusta indignazione nella magia della realtà
Sepùlveda è uno dei pochi scrittori che, pur affrontando temi etici drammatici, riesce a non far mai mancare ironia e poesia alle sue pagine. Accompagna il lettore nelle sfaccettature della vita, facendo riscoprire la giusta indignazione e il proposito di non dimenticare la barbarie. L'idea è quella di raccontare vicende lontane fra loro, prendendo il via dai ricordi recenti e passati.
Alcuni racconti invitano alla rilettura, come "La dura e tenera fragilità degli eroi" o "Il mio amico, il vecchio".
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Ritratto di gruppo con assenza
Luis Sepùlveda, in esilio dai tempi della dittatura di Pinochet, racconta, nell'episodio che dà il titolo al libro, il suo ritorno in Cile. Una vecchia foto che aveva conservato ritrae dei bambini e lui vuole ritrovarli, anni dopo, una dittatura dopo, e scattare la stessa foto con gli stessi, ora cresciuti, ragazzini. Scoprirà che la miseria, l'oppressione hanno segnato quelle vite e trasformato quei bambini sorridenti, ingenui, in ragazzi vissuti, con il desiderio di scappare, già a quell'età senza più entusiasmi e in quella foto c'è anche un'assenza; Marcos spinto dalla fame e dalla disperazione, a quindici anni aveva scippato un sacchetto della spesa in un mercato e un “carabinero” gli aveva sparato mentre scappava colpendolo in testa.
In questi racconti di Sepùlveda ci sono piccoli episodi, il particolare ricordo, ma anche profonde riflessioni, amare, ma anche ironiche. C'è il ricordo continuo dell'orrore del golpe di Pinochet, la dittatura, i desaparecidos, le torture; “non si dimentica né si perdona”, ma anche l'amore per gli animali e per la natura. Racconti intimisti raccontati con la maestria, con la poesia che contraddistingue lo scrittore cileno e che con la sua penna sa far riflettere, indignare, ma anche commuovere.
Di rilievo l'episodio nel quale racconta come è nato il suo bellissimo romanzo “Il vecchio che leggeva romanzi d'amore” e anche, come contrappasso, un racconto dedicato ad “un veccho patetico...l'immagine stessa della senilità, prigioniero di un destino simile a quello di Dorian Gray”, un potentissimo italiano che le sue giovani fanciulle a pagamento chiamano “papi”.
Non mi stancherei mai di leggere Sepùlveda.