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Ritratti in jazz

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Murakami Haruki ha gestito un jazz club per molti anni prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura: ecco, leggendo "Ritratti in jazz" si ha l'impressione di essersi appena seduti a bere qualcosa a uno dei tavoli del club mentre il grande narratore giapponese racconta e commenta quello che si sta ascoltando. "Ritratti in jazz" regala al lettore un Murakami allo stesso tempo inedito e riconoscibile. Riconoscibile perché il jazz, ancora più della corsa, è una delle passioni che formano l'ossatura stessa della sua opera creativa. I suoi romanzi sono ricchi di allusioni a dischi e musicisti: in un'ipotetica ricetta della poetica murakamiana l'ingrediente "jazz" non può mancare. Inedito perché mai come in questo libro si ha l'impressione di sentire la voce autentica e senza mediazioni narrative di Murakami, che conduce il lettore nel suo mondo più quotidiano e sincero. Con un tono amichevole e coinvolgente, privo di tecnicismi eppure capace di regalarci una serie preziosa di informazioni e curiosità, Murakami compone una playlist eccezionale che non solo ci racconta il jazz come mai l'avevamo ascoltato, ma ci svela anche il modo in cui l'autore di "1Q84" osserva il suo universo letterario e la realtà che lo circonda.



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Ritratti in jazz 2018-10-07 16:12:27 MCF
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MCF Opinione inserita da MCF    07 Ottobre, 2018
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Ognuno deve danzare al ritmo di se stesso

Tutti i figli di Dio danzano di Mukarami. Einaudi
Tutti i figli di Dio danzano è una serie di racconti che ruotano tutti intorno a un terribile terremoto che ha distrutto la città di Kobe e mietuto molte vittime; tutti i personaggi sono a conoscenza di questa sciagura che ha coinvolto milioni di persone. Diventano così consapevoli della caducità delle cose e di quanto la vita sia effimera. Proprio questa presa di coscienza spinge ognuno a prendere delle decisioni, a cambiare la sua vita, a danzare al ritmo del proprio essere, delle proprie aspirazioni.
Così la donna bruttina sposata a un uomo bello e superficiale che attinge alle sue risorse spirituali senza poter contraccambiare, lo lascia dicendogli “Tu sei dolce, gentile, bello ma per me vivere con te è stato come avere accanto una bolla d’aria“. Pag. 5.
Un altro abbandona il suo mondo per inseguire la libertà; ama accendere dei falò sulla spiaggia, vederli nascere, svilupparsi e spegnersi. “In quel momento, guardando le fiamme del falò, tutto a un tratto percepì qualcosa. Era qualcosa di profondo. Qualcosa che forse si sarebbe potuta chiamare emozione condensata, perché era troppo viva, aveva una consistenza troppo concreta per poterla chiamare idea. Attraversò lentamente il suo corpo e svanì da qualche parte, lasciando un’emozione indefinibile, simile a una struggente nostalgia”, Pag. 31. Vi è mai capitato di sentire un’emozione così intensa? Beati voi. A me no. Quello che ammiro in Mukarami è la capacità di creare dei personaggi banali, piccoli nelle loro capacità, ma con un’interiorità assolutamente meravigliosa. Io posso solo leggerlo e sperare di migliorare la mia capacità di percepire i segni dell’universo.
Poi ci parla di un ragazzo senza padre che pensa di riconoscere il genitore durante un viaggio e lo insegue fino ad arrivare in un posto deserto; io non vedevo l’ora di sapere chi era quell’uomo e se si sarebbe ricordato della madre, se si sarebbe commosso o spaventato quando il ragazzo gli avesse parlato. Niente di tutto questo; Mukarami è più interessato alle evoluzioni interiori che ai fatti. Il protagonista a un certo punto del racconto si chiede:
“Che cosa ho cercato facendo tutto questo? Si chiese Yoshiya continuando a camminare. Volevo accertare una sorta di legame con il mio essere qui e adesso? Speravo di entrare a fare parte di una nuova trama, che mi venisse concesso un nuovo ruolo, più definito?” - (Ma perché l’uomo ha questo bisogno di definirsi? Perché facciamo tutti parte di un ingranaggio perfetto, in cui ognuno ha un compito da svolgere, dal moscerino allo scienziato). – “No, pensò Yoshiya, non è così. Ciò che ho inseguito fin qui è quella specie di coda buia che porto con me. L’ho vista per caso, l’ho inseguita, mi ci sono attaccato, e alla fine l’ho lasciata cadere in un buio ancora più profondo. So che non la rivedrò mai più. Lo spirito di Yoshiya riposava adesso in un punto del tempo e dello spazio perfettamente limpido e sereno”. Pag.55.
“Poi a un tratto pensò a tutto ciò che esisteva al centro della terra che adesso calpestava. Lì c’era il ruggito sinistro di un’oscurità profonda, una corrente sotterranea, sconosciuta agli uomini, che trasportava il desiderio, un brulicare di viscidi insetti, e lì si annidava quel terremoto che trasformava le città in un ammasso di detriti. Tutte queste energie contribuivano a creare il ritmo della terra”. pag. 57. Terribile, meglio non pensarci.
Un altro personaggio ha dentro di sé una pietra. È una pietra bianca e dura. Fatta di odio per una persona che ha incontrato. Incontra una vecchia che le predice un sogno che le permetterà di liberarsene; e qualcuno dice:” Lei è una bella persona, dottoressa. Forte, e dalle idee chiare. Ma sembra che si trascini un peso nel cuore. È tempo che lei cominci a prepararsi per affrontare la morte con dolcezza. Se lei continuerà ad investire troppe energie solo nel vivere, non riuscirà a morire bene. In un certo senso vivere e morire si equivalgono.”. pag. 75. Mi ricorda Socrate che diceva che il nemico è dentro di noi e va combattuto con la consapevolezza dei nostri e limiti e di quelli altrui.



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