Narrativa straniera Racconti Mia è la vendetta
 

Mia è la vendetta Mia è la vendetta

Mia è la vendetta

Letteratura straniera

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«Eddie» Bunker, lo scrittore che ha fatto del carcere un luogo della nostra anima, racconta un secolo di scontri fra neri e bianchi in America. Questo libro è l'addio di Bunker ai suoi lettori. Che si tratti della storia del diciannovenne Booker Johnson, che nella L. A. non ancora razzista del 1927 esce di casa e non potrà mai più «fare la telefonata» alla madre, perché rinchiuso per la vita a San Quentin; o di George Jackson, che in carcere decide di vendicare la morte di un detenuto nero, dando origine a un celeberrimo episodio di rivolta e al mito dei «fratelli di Soledad», i personaggi di Bunker sono colti qui non tanto nel momento in cui il loro destino si compie, ma in quello germinale, in cui la trama, inesorabilmente, si compone. E la trappola, o la storia, è già pronta, davanti ai nostri occhi che possono solo partecipare.



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Mia è la vendetta 2010-12-27 19:38:03 de marco
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de marco Opinione inserita da de marco    27 Dicembre, 2010
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Rivolte dietro le sbarre. Mia è la Vendetta, Edwa


Rivolte dietro le sbarre. Mia è la Vendetta, Edward Bunker

Mia è la vendetta è l’ultimo capolavoro di Edward Bunker, pubblicato in anteprima mondiale in Italia nel 2009, dalla casa editrice Einaudi. Bunker è uno scrittore che si è fatto strada dopo una carriera criminale di tutto rispetto (fu ladro, magnaccia, rapinatore) e dopo aver passato quasi metà della sua vita in prigione. Gli appassionati di cinema potranno notare una sua interpretazione ne Le Iene di Quentin Tarantino (veste i panni di Mr Blue). Bunker appartiene alla schiera di quei grandi scrittori americani con una vita travagliata e ricca di vicissitudini… vita che diventa la materia letteraria di romanzi e racconti. Potrei citare scrittori come Bukowsky, Fante, Mailer, oltre al più discusso, ovvero Ernest Hemingway. Secondo Amanniti : “per molti anni ho pensato che gli scrittori che vivevano una vita piena di esperienze ed emozioni risultavano alla fine romanzieri modesti. Bunker mi ha stravolto tutte le categorie”. Spesso i suoi romanzi (di solito molto autobiografici) sono avvicinati al genere noir e al triller ma Bunker va oltre, per le tematiche sociali affrontate, con lucidità e senza moralismi di sorta. I grandi temi dell’universo narrativo di Bunker sono l’educazione criminale che subentra in adolescenti che hanno alle spalle l’orfanotrofio e famiglie disgregate (come nell’autobiografico Educazione di una canaglia), le difficoltà per i detenuti usciti dal carcere di integrarsi in una società che li rifiuta ( Come una bestia feroce) e la stessa vita criminale, fatta di rapine, eroina, abiti lussuosi e belle macchine, con le sue miserie e i suoi orrori ma anche con i suoi codici d’onore (Cane mangia cane). E poi c’è l’universo infernale della prigione che ha dato a Bunker l’opportunità di misurarsi come scrittore (cominciò proprio a scrivere in cella). Bunker ha passato infatti gran parte della sua vita in carcere e solo uno scrittore così brillante poteva rendere in tutta la sua crudezza la vita nelle prigioni di massima sicurezza degli Stati Uniti. Il tema della prigione era stato affrontato soprattutto in un romanzo autobiografico, Animal Factory. In Mia è la vendetta la novità è rappresentata dall’uso del racconto come genere narrativo. In questa raccolta Bunker racconta le storie di vari detenuti, concentrandosi sui conflitti razziali tra bianchi e neri che hanno insanguinato le prigioni degli Stati Uniti; ma anche se i racconti sono ricostruzioni romanzate, si capisce subito che Bunker conosce benissimo, essendo una specie di veterano del crimine e della galera, i meccanismi sociali, i rituali, la routine della prigione… e la violenza che dentro vi esplode. Il primo racconto, il più appassionante a mio giudizio, Giustizia a Los Angeles 1927, racconta le disavventure di un giovane proletario di colore che commette una leggerezza e, a causa del razzismo e dell’arroganza dei poliziotti bianchi, viene spedito in galera. L’ indignazione e sete di giustizia gli costeranno care, e il povero Booker resterà in prigione pur essendo innocente. Questo racconto mi ha ricordato il naturalismo di un altro grande scrittore americano, Richard Wright, scrittore nero e marxista, uno dei pochi ad avere compreso con lucidità e in maniera profonda il problema dell’oppressione sociale dei neri in America (grandiosi i suoi racconti de I figli dello Zio Tom). Le tematiche dei conflitti razziali sono al centro anche del secondo racconto, Mia è la Vendetta che dà il tiolo al libro, una ricostruzione avvincente e magistrale dell’episodio storico dell’evasione di George Jackson (leader delle Pantere Nere) e la disperata lotta dei Fratelli di Soledad contro la violenza razzista dei secondini all’interno delle prigioni. La storia di uomini che sognano una rivoluzione sociale che metta fine alla segregazione razziale, uomini che non hanno nulla da perdere e che preferiscono morire negli scontri a fuoco piuttosto che subire l’oppressione e l’ingiustizia dei bianchi. Non c’è né romanticismo e né finzione in Bunker. Gli eventi vengono raccontati in tutto il loro realismo, senza fronzoli intimistici; Bunker non esita a narrare anche i risvolti grotteschi della vita di prigione. E ciò si nota ad esempio nel breve racconto Morte di una spia, storia della strampalata azione di vendetta di due ragazzi di colore e in Fuga dal Braccio della Morte, ambientato appunto nel Braccio della Morte della prigione di San Quentin, dove uno sfortunato detenuto si trova a condividere lo spazio del Braccio tra assassini psicopatici e pedofili, famosi per i loro orribili delitti. Qui un tentativo di evasione programmato da tempo si trasforma in una commedia grottesca, in cui i vizi e gli istinti più brutali dei condannati a morte riesplodono nell’apoteosi generale dell’apertura delle celle. In Mia è la vendetta sembra quasi di stare in prigione con Bunker: ascoltiamo il linguaggio colorito dei dialoghi tra detenuti; osserviamo i momenti della vita nelle celle, la noia e i vari stratagemmi ideati dai detenuti per sopravvivere. Sembra quasi di sentire sulla propria pelle le manganellate dei secondini, la puzza e il buio delle celle di isolamento; tra le pagine si vede quasi il sangue guizzare dalle ferite. C’è la descrizione di un universo infernale, la prigione, che ha comunque le sue leggi, i suoi codici d’onore… e le sue speranze di liberazione. Le parole in Bunker hanno la materialità di gesti, sensazioni, rumori. Le pagine del libro si divorano, l’una dopo l’altra. Solo scrittori come Edward Bunker possono vantare una scrittura così tagliente e così coinvolgente…
Saverio De Marco

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Mia è la vendetta 2009-06-22 17:51:12 A.Menghini
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A.Menghini Opinione inserita da A.Menghini    22 Giugno, 2009
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mia è la vendetta

L'ottimo Bunker ci ripropone lo stralcio di un' opera che avrebbe dovuto avere un respiro ampio e definitivo, lo si capisce già dai primi racconti.

Peccato l'autore non abbia avuto il tempo di completare questa raccolta.

C'è un pò più e un pò meno del solito Bunker in questo libro che comuque è graffiante e vero come sempre.

Molto interessante l'escursus che l'autore ci propone a proposito dei rapporti tra neri e bianchi nel corso del secolo, e della giustizia americana in generale.

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