Legami
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Hungry Heart
«Anni dopo, ripensandoci, si era detta che a volte può bastare una parola a determinare un destino: forse se la donnina non avesse scelto quel termine, tribe, lei non avrebbe sentito sorgere dentro di sé una resistenza così ostinata.»
Eshkol Nevo rappresenta uno degli autori più amati dal pubblico italiano, questo per le sue opere sempre pungenti ma anche riflessive e che riescono a far vivere ai lettori emozioni sempre forti e incisive. Pubblicato per Feltrinelli Gramma, che inaugura, è “Legami”, opera composta da una serie di racconti che hanno quale obiettivo quello di soffermare l’attenzione del lettore proprio sulla loro complessità, profondità e fugacità. Questi racconti trattano infatti di emozioni spesso impalpabili, inafferrabili, effimere ma anche di sentimenti altrettanto profondi che vengono poi spezzati dall’evoluzione della vita. Obiettivo prevalente è anche quello di invitare i protagonisti a cercarsi e a ricercare se stessi. Non è semplice comprendere di cosa abbiamo bisogno, di chi.
Tradotto da Raffaella Scardi, “Legami” si apre con un racconto intitolato “Hungry Heart”. È uno dei testi più significativi dove un figlio accompagna il padre al concerto di Bruce Springsteen in Francia. Padre e figlio partono da Israele per assistere all’esibizione del Boss, per il genitore non c’è ancora molto tempo da vivere, per il figlio vi è la consapevolezza che si tratti di uno degli ultimi momenti che può vivere con lui. Per anni, scopriremo in seguito il perché, quest’ultimo non ascolterà più canzoni a lui appartenenti. La narrazione prosegue con “Meno drammi possibile”, scritto in cui una madre, per una serie di circostanze fortuite e dettate da un sinistro che la vede con una gamba ingessata, si trova a vivere un periodo della sua vita con la ex suocera che ormai stenta a riconoscerla e a ritrovarsi faccia a faccia con quel figlio che anni prima ha abbandonato. Adesso che è adulta comprende davvero le parole della “donnina”, anche se al tempo ne fu spaventata, anche se al tempo mai avrebbe riconosciuto la verità delle stesse. Quella parola, in particolare, tribù, fu quella che più riuscì a destabilizzarla. Ed ancora, in un altro racconto, conosciamo una donna israeliana che insieme alla sua famiglia ha lasciato il suo kibbutz e vive in un albergo in una località al confine con il Libano. Nonostante la guerra, decide di tornare a casa, quella casa che da tre mesi ha abbandonato nel silenzio, ha reso disabitata. Affronta i soldati, vuol tornare a cucinare i suoi piatti. Ed è proprio davanti alla certezza di una casa disabitata che sente la voce di un uomo nella doccia. È un giovane soldato che si giustifica evidenziando il bisogno di acqua calda dopo mesi e mesi che non riesce a farne e dopo mesi e mesi che vede la morte e la rischia a sua volta. Si chiama Shai. L’incontro si svolge con naturalezza. Lei sta cucinando, lo invita a condividere il cibo ma anche una sigaretta, proprio lei che ha smesso di fumare. Il tempo passa velocemente e in modo naturale. Sanno che devono separarsi ma il contatto che c’è stato tra i due non si potrà dimenticare. Anche una volta che sarà tornata in albergo continuerà a pensare a quell’incontro, a cantare quella canzone, “Dacci la pioggia solo quando serve” che il militare cantava sotto il gettito, non risponderà al marito e rifletterà su quel conflitto che non piace a nessuno ma che non cessa.
«Solo quando Cheryl la abbraccia molto molto a lungo, nella sala arrivi a Toronto, si rende conto di qual è il desiderio che le è sorto dentro e pensa, non glielo posso scaricare addosso ora, aspetto che arriviamo a casa, mi faccio una doccia, mi metto comoda in tuta, lei nel frattempo preparerà un chai latte, e solo allora, attraverso il vapore del chai, glielo dirò, le dirò cosa voglio prima che sia troppo tardi.»
Nevo parte sempre, in questi racconti, da un episodio minimo, casuale, ordinario. Un episodio che potrebbe manifestarsi in qualunque momento e che diventa l’elemento da cui raccontare una storia più profonda, intima e riflessiva. Quest’ultima riesce a colpire per la delicatezza dei sentimenti che le appartiene, soprattutto perché inespressi. Poche righe, le sue, con cui riesce però a mettere in scena la pièce del teatro che vuol dedicare al lettore per suscitare in lui una riflessione profonda. Al contempo, basta un gesto, quale due palmi delle mani, a unire più di un abbraccio.
“Legami” di Eshkol Nevo è una raccolta molto matura dell’autore che va vissuta a piccole dosi, gustata piano piano, poco alla volta e da qui assaporata. È avvalorata da una scrittura fluida, affatto pesante e da una serie di racconti che conquistano proprio per la loro genuinità. Non è forse una lettura d’impatto trattandosi di tante storie unite dal tema del legame ma in ogni caso arriva e resta.
«Unisce solo i palmi davanti al petto in segno di gratitudine poi si volta e va via.»
Indicazioni utili
Mistero irrisolto
La vita nel proprio indefinito mostrarsi, il desiderio alimentato dal contingente, attimi impressi nella memoria, attese inafferrabili, dialoghi monchi, silenzi protratti, incontri auspicati, rinnovati, perduti, maschere indossate, visi spogli.
E ancora matrimoni dispersi, acciaccati, sopravvissuti, sogni, attese, la paura della solitudine, relazioni famigliari controverse, padri-figli, figli-padri, madri assenti, giorni, identici, rinnovati, indifferenti, per non smarrirsi, aggrappandosi a quello che è stato, a desideri controversi.
L’ attraversamento degli anni rende più indulgenti, pochi volti toccati e fissati dentro, persone che restano, se ne vanno, l’ inizio di una crisi, la fine di una relazione, momenti sospesi e ripresi per svanire nel nulla.
Tutto cambia, individui per i quali la vita è senza filtri ne’ meccanismi di difesa, cuori infranti, naufraghi che si sostengono a vicenda, cambiamenti che segnano esistenze, decisioni irrevocabili, vite contrapposte, contigue, affrante.
In fondo che cos’è il vivere se non un’ evoluzione permanente, una sperimentazione fallimentare, attimi ripetuti e rinnovati, una vicendevole rappresentazione del reale, un palcoscenico dove recitare una parte, un grande mistero irrisolto.
Eshkol Nevo cavalca la vita analizzandola dettagliatamente, fotogrammi di quotidiana umanità, sguardi, bugie, confessioni, angoli di mondo in cui ritagliarsi un piccolo spazio di sopravvivenza, un ebraismo ancora alla ricerca di un’ identità, la gravosa questione dello stato palestinese nel cuore dell’ ebraismo stesso.
È una quotidianità in cui pare impossibile fare quadrare i conti, in cui addormentarsi dandosi le spalle, è una storia rimossa da raccontare, è il silenzio di due vecchi amici, è una possibilità letta negli occhi di una donna, un padre e una figlia che inventano spezzoni di storie, decine di lettere per scacciare la lontananza, è il suono di una campana interrotto improvvisamente.
E ancora è una canzone che attraversa generazioni, è un desiderio da esprimere prima che sia troppo tardi, uno sguardo profondo fissato dopo vent’anni, qualcosa di inaspettato nel cuore della notte, la fuga da un presente inaccettabile, e’una piscina da preparare per il prossimo paziente, e’ un bugigattolo che dopo tanti anni riappare ancora in sogno.
In “ Ogni cosa è fragile”, si esemplifica l’ indecifrabilità e l’ inafferrabilita’ delle relazioni e dei sentimenti, lo scorrere inevitabile del tempo, vite dimenticate che si riacciuffano improvvisamente, vicine, lontane, controverse, momenti sospesi che si danno forza, interrogandosi sugli enigmatici comportamenti altrui non traendone risposte se non nel semplice fluire dei giorni, in quel
…” hai notato com’è cambiata la città’ nel frattempo, tutto cambia, tutto, proprio tutto è effimero”…
In “ Non ti piacerà “ si respira l’ intenso legame padre-figlia nel dolore di un lutto e nella reciproca lontananza, nell’ interpretazione di una vita in cui si prova e si sbaglia, delusi da se stessi, con la paura di deludere gli altri, in silenzio, senza un programma, affiancati nello sguardo mentre
…” chi è atterrato si mescola con chi sta per partire, si tagliano la strada gli uni con gli altri, a volte sono lì lì per urtarsi, ma all’ ultimo, ultimissimo secondo, si salvano”…
In “ Campane”, forse il racconto più intimo, il dolore della perdita rende necessario il viaggio e la permanenza in una terra lontana dove immergersi in una storia millenaria, accompagnati dal silenzio, dalla solitudine, dalla scrittura per rendere sopportabile l’ insopportabile e sentirsi parte dell’ amorevole compagine umana fino a quando, improvvisamente
….” nell’ ora in cui mia madre è morta, un assoluto silenzio è calato sul mondo. Solo alle due e mezzo le campane hanno ripreso a suonare”…
Eshkol Nevo e i suoi racconti, spezzoni di un’ umanità imbevuta di desiderio, corrosa dai cambiamenti, dalla nostalgia, un viaggio negli abissi di vite condite di normalità e setacciate nella propria oscura intimita’. La prosa è fluente nella propria semplicità, la psicologia prevalente, un’ acuta osservazione del reale e un approfondimento relazionale restituiscono profondità.
Restano spezzoni di storie da scandire nei propri particolari definenti, dalle quali estrapolare una parte di se’, da lasciare andare, in cui perdersi per ritrovarsi, una vita difficile da contenere, fluida, trasformista, statica, bugiarda, dolorosa, stupenda, sempre e comunque se stessa.