Narrativa straniera Racconti Le lettere del sabato
 

Le lettere del sabato Le lettere del sabato

Le lettere del sabato

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La presentazione e le recensioni di Le lettere del sabato, opera di Irene Dische pubblicata da Feltrinelli. "Sono nato con la camicia", ripete ancora una volta Laszlo, il padre di Peter, prima di trasferirsi, alla fine degli anni '30, dall'Ungheria a Berlino. Peter va con lui e osserva affascinato la grande città, con i suoi cinema e le feste e l'atmosfera di grande eccitazione che non riesce a capire fino in fondo. Peter non sa di essere ebreo e quando Laszlo non può più nasconderglielo, lo rimanda in Ungheria, dal nonno. Qui Peter aspetta le lettere che ogni sabato arrivano puntuali da Berlino e lo fanno sognare. Ma l'illusione si fa sempre più fragile. Irene Dische scrive un libro sulla tragedia del nazismo e dell'Olocausto che ha la grazia di una favola per bambini e la profondità di una storia vera. Una lettura raccomandabile per tutti.



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Le lettere del sabato 2019-01-28 16:55:36 luvina
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luvina Opinione inserita da luvina    28 Gennaio, 2019
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"Sono nato con la camicia"

“Le lettere del sabato” è un piccolo libro leggero come una piuma ma forte come un pugno nello stomaco. E’ una storia di amore paterno, immenso, che si scontra con la Storia, quella con la s maiuscola, con il nazismo, con le deportazioni, con il razzismo. Siamo nel 1938 e il piccolo Peter si trasferisce dall’Ungheria, dove viveva con il nonno paterno, a Berlino dove abita suo padre Lazlo. Tutto ciò che succederà noi lo vivremo attraverso il racconto e gli occhi di Peter, quindi dal punto di vista di un bambino; conosciamo così tutti i personaggi del suo piccolo mondo, i vicini di casa, il negoziante a piano terra e la sua governante Thea. Ma siamo nel 1938 e Hitler ha preso il potere così si inizia con piccoli episodi di intolleranza nei confronti di chi non è tedesco (al punto che Lazlo non ordina al bar per paura che si senta il suo accento ungherese) e si arriva alla tristemente famosa Notte dei Cristalli. Non essendo più sicura Berlino Lazlo rimanda allora suo figlio in Ungheria dal nonno perché Peter è ebreo da parte di madre; è veramente toccante vedere come un bambino che non sa cerca però di capire -“Papà io l’ho mai visto un ebreo?”- ma viene anche manipolato -“ Gli sta bene, vero babbo?”-.
Lazlo promette così a Peter che gli scriverà una lettera a settimana fino a che non tornerà a riprenderlo. Le lettere arrivano tutti i sabati, scritte con la calligrafia quasi illeggibile di Lazlo al punto che sarà il nonno a leggere queste lettere al bambino. Passano così i mesi, la Germania entra in guerra e si avvicina anche all’Ungheria. Le lettere continuano però ad arrivare anche se ora sono più leggibili essendo scritte a macchina e Peter può leggerle da solo. Mi fermo qui con la trama aggiungendo però che il finale è veramente commovente anche se tragico.
Molto bella è la figura di Lazlo sognatore, appassionato, amante della vita, coraggioso, che lascia un’eredità d’amore al figlio; nonostante il carattere burbero anche la figura del nonno è ricca di sentimento, di vero amore sia nei riguardi del figlio Lazlo che però sente quasi estraneo, sia nei riguardi del nipote Peter. Le lettere del titolo che settimanalmente arrivano a Peter sono del Sabato perché giorno di festa per gli ebrei: è così infatti che Lazlo vuole lasciare al figlio l’identità ebraica che gli aveva sempre taciuto e l’insegnamento a pensare con la sua testa.

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Le lettere del sabato 2011-11-17 09:45:50 Stefp
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Stefp Opinione inserita da Stefp    17 Novembre, 2011
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Le lettere del sabato

Un altro, ennesimo libro, ma non sono mai abbastanza, che racconta attraverso una piccola storia, la tragedia del nazismo, la guerra, l'olocausto. Lo fa attraverso gli occhi di un bambino, Peter, che perde la mamma da piccolissimo per un incidente e cresce un po' in Ungheria nella villa del nonno, medico, e un po' con il padre, Laszlo, trasferito con lui per un importante lavoro a Berlino alla fine degli anni '30. Un padre che si definisce “nato con la camicia”, giocoso e spensierato, che Peter adora. Dopo la “notte dei cristalli”, con l'intensificarsi della persecuzione verso gli ebrei, Peter, che non sa che la mamma era ebrea, viene rimandato in Ungheria dal nonno, burbero, all'antica e poco affettuoso e l'unico prezioso contatto con il papà rimasto a Berlino è la lettera che ogni sabato il postino consegna e alla quale lui risponde puntualmente fino a che la curiosità del bambino non rivelerà la verità sorprendente.
Il male profondo, Hitler e il nazismo visto e raccontato da Peter, quindi ridimensionato dagli occhi di un bambino che vede Hitler come una persona dall'arrabbiatura facile che urla spesso, le svastiche con lo sfondo rosso belle ma difficili da disegnare e gli ebrei come probilmente persone cattive visto che tutti ce l'hanno con loro. I due argomenti; il nazismo e la mancanza della famiglia, soprattutto del padre, sono i due temi principali che si scavalcano per importanza, si sovrappongono e si fondono e uno sarà la causa definitiva dell'altro in questo breve racconto che vinse un autorevole premio per la letteratura per ragazzi. A mio parere, non al livello ad esempio di “Il bambino con il pigiama a righe”, pur essendo piacevole avrebbe necessitato di un maggiore spessore.

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