La luce smeraldo nell'aria
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Nevrosi & Co. made in New York
Il mio rapporto con questo libro è stato strano, un po' combattuto: ho iniziato a leggerlo piena di belle speranze impattando con un primo racconto che mi ha lasciato fredda, indifferente, anche un po' infastidita dal fatto di non essere riuscita a capirlo...
Stringo i denti e vado avanti, leggo il secondo, ma le sensazioni non cambiano.
Percepisco qualcosa di stonato, ma non riesco ad identificare di cosa si tratti, qualcosa mi sfugge...
Lo abbandono.
(Non senza sensi di colpa, perché io sono fatta così...)
Proprio quando ormai non ci pensavo più, leggo una bellissima recensione su questo libro, capace di darmi una visione d'insieme molto vicina a quelli che sono i miei gusti.
Al che mi sono detta "possibile che io mi debba perdere tutto questo? cosa non ho compreso?" e soprattutto "perché?".
Insomma l'ho ripreso, non ho riletto i racconti incriminati e sono andata avanti...
Dal terzo racconto in poi ho incominciato a capire dove mi stesse portando l'autore, quale scenario volesse mostrarmi...uno scenario popolato da persone sconfitte, infelici, sull'orlo del baratro, schiacciate dalla paura del prossimo fallimento e convinte di poterlo sopportare solo a forza di pillole ed alcool, ma ancora capaci di sperare...
Ho finalmente capito quale fosse quella "nota stonata" che percepivo all'inizio e che mi bloccava: i protagonisti di Antrim non sono semplicemente infelici o segnati da esperienze dolorose...sono disturbati, alienati, la cui dipendenza da alcool e psicofarmaci ti sovrasta, va al di là di ciò a cui ci ha solitamente abituato la letteratura americana, non siamo fra gli uomini e le donne di Carver che bevono per scacciare il male di vivere e parlano anche attraverso i loro silenzi.
No, qui ci troviamo di fronte a qualcosa che è andato oltre...clinicamente oltre.
Siamo nella sfera delle nevrosi psichiche, siamo in balia dello spettro del suicidio che incombe perennemente sulla testa dei nostri.
Eppure, alla fine, dal profondo di questa alienazione riesce ad emergere sempre un lampo di lucidità che li mantiene in superficie, che rimanda il tracollo totale.
Ed Antrim fa un'altra cosa che ho trovato spiazzante (piacevolmente spiazzante)...riesce ad inserire in queste storie laceranti e distruttive un tocco di ironia che le rende tragicomiche.
Il racconto che ho preferito è stato "Lui sapeva"...forse perché è stato quello in cui ho maggiormente percepito la consapevolezza della triste condizione di una coppia in difficoltà, che annaspa per mantenersi a galla, che guarda il mondo attraverso gli occhi appannati di chi ha bisogno di bourbon, valium e betabloccanti per non pensare a soluzioni alternative senza possibilità di ritorno.
Un uomo e una donna che sembrano votati unicamente all'autodistruzione, ma che, nonostante tutto, la notte continuano a dormire "a cucchiaio" sognando un figlio, sognando di diventare la famiglia che forse non saranno mai...
Leggere questi racconti alla luce delle esperienze personali dell'autore poi assume tutto un altro senso: figlio di una madre alcolista, lo stesso Antrim è stato a lungo ricoverato in una clinica psichiatrica (proprio dopo aver scritto un memoir sulla morte della madre) col solo desiderio di morire...
Sono stata felicissima di aver ripreso la lettura di questo libro, mi sarei persa una raccolta di racconti tagliente, affilata e disperata, capace di guardare dentro la cavità del malessere mentale senza però finirci dentro, ma riuscendo a scorgere in lontananza, in fondo in fondo al tunnel, un bagliore di luce...quella luce che, dopo un fortissimo temporale, assume proprio la tonalità del verde smeraldo.