L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello
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Neurologia dell’identità
“Il dottor P. invece pareva soddisfatto delle sue risposte e accennava un sorriso. Poi, evidentemente convinto che la visita fosse finita, si guardò intorno alla ricerca del cappello. Allungò la mano e afferrò la testa di sua moglie, cercò di sollevarla, di calzarla in capo. Aveva scambiato la moglie per un cappello! La donna reagì come se fosse abituata a cose del genere. Non riuscivo a spiegarmi quanto era successo in termini di neurologia (o neuropsicologia) convenzionale. Sotto certi aspetti egli sembrava perfettamente integro, sotto altri devastato in modo totale e incomprensibile”.
A dire la verità mi aspettavo un’altra cosa. Ignoravo totalmente chi fosse Oliver Sacks, mi ero lasciata ispirare dal titolo (in italiano,sottolineo), dall’edizione Adelphi e dal fatto che fosse un nome noto ai più (non a me, a quanto pare!).
E ho fatto bene, sono caduta in piedi, anzi (scusate la licenza lessicale)...”in piedissimo ”!
Altro che letteratura tout court, questo è un felicissimo incontro tra scienza e letteratura, un meraviglioso ed interessante prodotto della penna di un affermato neurologo che sa scrivere in modo trascinante.
L’opera è una raccolta di “racconti-casi”, di cui “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello “è il primo che dà il titolo a tutto il libro: si tratta di storie, sì storie, veramente verificatesi, casi in cui il dottor Sacks si è imbattuto nella sua lunga carriera di medico.
Sacks ammette nella prefazione di essere “attratto dall’aspetto romanzesco non meno che da quello scientifico”, di vederli “continuamente entrambi nella condizione umana, non ultima in quella che è la condizione umana per eccellenza, la malattia: gli animali si ammalano, ma solo l’uomo cade radicalmente in preda alla malattia”.
Solo l’uomo, rispetto agli altri animali, è caratterizzato dalla scissione mente-cervello: è proprio lì la misteriosa questione da affrontare. Ci sono storie di persone che convivono così bene con gli effetti collaterali della loro “malattia” (e in fondo cos’è la malattia?), come il giovane Ray “dai mille tic” che quando viene finalmente diagnosticata e trattata farmacologicamente la loro patologia (nel caso di Ray, la “sindrome di Tourette “), si sentono quasi spenti, sentono la mancanza della loro specialità. Oppure il caso spassoso e delicato della signora anziana affetta da quella che lei chiama “Sindrome di Cupido”, che la porta alla sua veneranda età a civettare con gli uomini più giovani di lei, a sentirsi sempre piena di energia. Ma questi sono casi particolari, sono storie di “eccessi”, in realtà la neurologia è affezionata ad un’altra parola, a “deficit”.
Infatti la prima parte del libro abbonda di questo termine e di paroloni con la a privativa greca: agnosia, afasia, alessia, afemia, atassia...sono tutte mancanze o menomazioni nell’integrità della nostra salute psicofisica “una parola per ogni funzione nervosa o mentale di cui i pazienti, in seguito a malattia, lesione o difetto di sviluppo, si trovino in parte o del tutto privati”.
Quello che colpisce nella lettura di questo libro, è non solo l’arricchimento culturale, ma anche quello umano, emozionale: storie toccanti di persone dalla forza di volontà fuori dal comune, così come fuori dal comune è l’interesse del medico Sacks per le storie di ognuno di loro, non casi, ma storie: identità prima di malattie.
“Le anamnesi sono una forma di storia naturale, ma non ci dicono nulla sull’individuo e sulla sua storia; non comunicano nulla della persona e della sua esperienza, di come essa affronta la malattia e lotta per sopravvivere. Non vi è «soggetto» nella scarna storia di un caso clinico; le anamnesi moderne accennano al soggetto con formule sbrigative («albino femmina trisomico di 21 anni») che potrebbero riferirsi a un essere umano come a un ratto. Per riportare il soggetto – il soggetto umano che soffre, si avvilisce, lotta – al centro del quadro, dobbiamo approfondire la storia di un caso sino a farne una vera storia, un racconto: solo allora avremo un «chi» oltre a un «che cosa», avremo una persona reale, un paziente, in relazione alla malattia – in relazione alla sfera fisica”.
Consigliatissimo! Lettura piacevole, snella, adatta a tutti.
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Vite, uniche.
Oliver Sacks, neurologo classe 1933, ha dedicato la sua vita allo studio delle neuropatie e patologie più varie. Noto al grande pubblico per il suo “Risvegli”, l’autore è in realtà artefice di molteplici scritti e saggi destinati non solo agli “addetti ai lavori” ma anche ai non. “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” non è altro che uno dei vari pazienti che Sacks ha avuto modo di studiare e conoscere durante la sua lunga carriera.
Nell’opera di cui al titolo lo studioso parte suddividendo in quattro categorie i deficit trattati: “Le perdite”, “gli eccessi”, “i trasporti” e “il mondo dei semplici”.
Ognuna di queste è analizzata con dovizia e attraverso uno stile lineare e conciso. La disamina del caso ha avvio attraverso l’enunciazione del fatto, procede con la descrizione dell’evento, prosegue ancora con l’analisi della patologia ed infine si conclude con un breve ma esaustivo approfondimento con carattere più tecnico-scientifico.
Peculiarità che inoltre avvalora l’opera è l’atteggiamento del medico nei confronti del paziente: quest’ultimo è e resta un essere umano, a prescindere dalla patologia di cui è affetto non diventa mai uno strumento, un oggetto di ricerca. Questa grande umanità, è senza dubbio, una delle caratteristiche maggiormente riscontrabili in ogni opera di Sacks
“L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” è dunque un romanzo di doppio interesse poiché da un lato consente al lettore di approfondire caratteristiche proprie dell’individuo singolo in relazione agli altri, a chi lo circonda, e dall’altro perché consente al medesimo di avvicinarsi all’universo degli ammalati, dimensione mai facile.
Il tutto è avvalorato da una penna fluente, chiara, erudita che arriva e conquista. In conclusione, un testo capace di soddisfare tanto dal punto di vista contenutivo che enunciativo, un elaborato succoso, ricco di spunti di riflessione e grandemente empatico.
«Il Dottor P. invece funzionava esattamente come una macchina. Non soltanto perché nei confronti del mondo visivo mostrava la stessa indifferenza di un calcolatore, ma perché – cosa ancora più sorprendente – costruiva il mondo come fa un calcolatore, servendosi di caratteristiche chiave e di relazioni schematiche. Era possibile identificare la struttura – facendo una sorta di “identikit” – senza minimamente coglierne la realtà»
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Non siamo i nostri deficit
La malattia è la condizione umana per eccellenza: "gli animali si ammalano, ma solo l'uomo cade radicalmente in preda alla malattia" (p.11)
'L'uomo che scambio' sua moglie per un cappello' è uno dei tanti pazienti che hanno avuto la fortuna di essere conosciuti, curati e descritti dal dottor Oliver Sacks (1933-2015), neurologo e psichiatra inglese, accademico in diverse università americane, ma anche autore di numerosi bestsellers tra cui "Risvegli" da cui fu tratto un celebre film nel 1990. Il dottor Sacks, con con grande umanità e professionalità, ha saputo relazionarsi fino in fondo con i suoi pazienti, ha sempre voluto vedere la persona al di la' della patologia e i talenti oltre le mancanze. "I nostri test, i nostri approcci, le nostre valutazioni sono insufficienti. Ci rivelano solo i deficit, non le capacità, ci forniscono solo dati frammentari e schemi, mentre abbiamo bisogno di vedere una musica, un racconto, una serie di azioni vissute, un essere che si comporta spontaneamente nel suo modo naturale" (p. 240). Ogni persona, qualunque sia il disturbo che la affligge, può mettere in atto strategie per arrivare a compensare la sua disabilita', ma Sacks va oltre: ci dimostra come in ognuno di noi possa emergere un talento che che può farci sentire "speciali" nonostante la malattia. Anzi, in alcuni casi è proprio la patologia a consentire esperienze che in altro modo non si potrebbero sperimentare. Interessante a tal proposito il capitolo relativo alla sindrome di Tourette in cui si racconta di un uomo che preferiva non assumere farmaci nel weekend per poter essere pienamente se stesso, con i suoi tic, ma anche con uno straordinario e sfrenato talento musicale favorito proprio dalla sua sindrome.
La musica, il teatro, il canto, il disegno possono far emergere ciò che, in altre forme, alcune persone non riescono ad esprimere ed assumono quindi una valenza più che terapeutica. Rebecca, disabile mentale grave, si sente se stessa solo sul palcoscenico; José, incapace di esprimersi verbalmente, fa disegni più belli e più vivi dei soggetti originali e Martin che invece ama il canto, è trasfigurato dalla musica tanto che "tutto ciò che vi era in lui di patologico scompariva, lasciando solo concentrazione ed entusiasmo, integrità e salute" (p. 252).
Ho letto il saggio di Sacks con grande interesse, mi ha incuriosita sugli aspetti straordinari e misteriosi della psiche, ma soprattutto mi ha ricordato che non esistono "casi", ma solo e sempre persone e non esistono ostacoli che non possano essere superati se sappiamo vedere oltre la disabilita' e la malattia.
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Un saggio romanzato
Oliver Sacks è in grado di dare il piacere di un romanzo scrivendo un saggio psicologico. E' l'ideale per chi,come me, ama sia gli uni che gli altri.E' un libro che accoglie al suo interno una serie di episodi interessanti riguardo suoi pazienti. Ogni racconto si conclude con una spiegazione più approfondita e tecnica riguardo le particolarità della malattia e delle volte anticipa qualche spiegazione.Nonostante il suo contenuto scientifico è molto scorrevole e per niente pesante. Personalmente uno dei miei libri preferiti!