L'imitatore di voci
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L’imitatore di voci è apparso per la prima volta nel 1978.
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Pillole bernhardiane
"L'imitatore di voci" è una chicca per chi già conosce Thomas Bernhard, quindi avviso già i lettori a digiuno di Bernhard che non è assolutamente un testo con il quale iniziare la conoscenza, ma bisogna lasciarlo in coda più a lungo possibile: è come il vino, più invecchia e più e buono, più opere di Bernhard si sono lette prima e più diventa gustoso questo libricino di appena cento pagine.
I suoi lettori affezionati, lo conoscono come uno scrittore perfezionista dello stile, che crea moltissimi cerchi concentrici di ripetizioni e variazioni fino a dare le vertigini al povero lettore, si intestardisce su un concetto e va a battere chiodo sempre lì fin quasi allo sfinimento, nei suoi romanzi le trame sono scarne, i personaggi ancor di più, eppure riesce con grandissima arte narrativa a sollevare un polverone, il maggior delle volte polemico, e a far danzare le sue idee in un romanzo di decine e decine di pagine. Qui no. "L'imitatore di voci" è una raccolta di racconti-lampo, i più brevi di appena qualche riga, i più lunghi una pagina scarsa, ma in ognuno descrive quasi la trama di un romanzo compiuto. In questo libricino Bernhard mi ha dato l'impressione di voler giocare in modo simpatico con i suoi lettori in una specie di "dolcetto scherzetto", e contemporaneamente in modo polemico e ironico con la critica.
La voce narrante, comune a tutti i racconti, e che si definisce "un cronista giudiziario che non si stupisce più di niente", descrive vari fatti accaduti principalmente in Austria con uno stile di prosa povero, semplice e limitato ai fatti essenziali. Non fosse per le assurde trovate che soltanto lui potrebbe inventare, non avrei nemmeno sentito di leggere un Bernhard. Infatti la prosa e ridotta all'osso ma si fa ugualmente notare per ciò che descrive ed è proprio in questo che sta il bello del libro, superata la sorpresa dello stile. Situazioni assurde, macabre, per lo più tragicomiche, quasi tutte con una con una morale finale. Due sindaci di Pisa e Venezia che volevano all'oscuro di tutti scambiare la torre di Pisa con il campanile di San Marco e che vengono alla fine rinchiusi in manicomio- ovviamente quello di Pisa a Pisa e quello di Venezia a Venezia, un pompiere che mentre era in servizio e assieme ad altri suoi quattro colleghi tenevano teso un telo per un tizio che si voleva buttare dalla finestra tira via di forza il telo quando l'uomo si butta con il risultato di un suicida sfracellato a terra e quattro gravi feriti, un ascensore gremito di persone che cadde giù dal sesto piano, turisti inglesi che delusi dall'angosciante panorama austriaco buttano nel burrone la guida locale per poi suicidarsi uno alla volta, etc...insomma domina l'assurdo e la tragedia messa in scena da commedia. Vi voglio fare due esempi, due racconti (interi) estratti dal libro:
1. Hotel Waldhaus
"Eravamo stati sfortunati col tempo e anche con gli ospiti seduti con noi a tavola, che erano ripugnanti da ogni punto di vista. Ci hanno fatto passare perfino la voglia di Nietzsche. Anche quando, avendo perso la vita in un incidente con la loro automobile, erano ormai chiusi nelle bare esposte nella chiesa di Sils, noi non abbiamo smesso di odiarli."
2. Un autore caparbio
"Un autore il quale ha scritto un unico lavoro teatrale che non doveva essere messo in scena se non un'unica volta in quello che a suo giudizio era il miglior teatro del mondo e soltanto da colui che, sempre a suo giudizio, era il miglior regista del mondo e soltanto da quelli che, sempre a suo giudizio, erano i migliori attori del mondo, si era appostato, già prima che si alzasse il sipario per la première, nel punto della galleria più adatto alla bisogna ma assolutamente invisibile al pubblico, e aveva puntato la sua mitragliatrice, espressamente fabbricata a questo scopo della casa svizzera Vetterli, e dopo che si era alzato il sipario aveva sparato un colpo immancabilmente mortale in testa a quello spettatore che a suo giudizio rideva nel momento sbagliato. Alla fine della rappresentazione erano seduti in teatro soltanto spettatori da lui mitragliati e dunque spettatori morti. Durante tutta la rappresentazione gli attori e il direttore del teatro non si erano lasciati distrarre neanche per un istante da quel autore così caparbio e da ciò che era accaduto per causa sua."
Ora che avete inquadrato lo stile, chi ha letto qualcosa di Bernhard riconoscerà in questi racconti le sue idee riprese in altri romanzi, questi racconti sono delle allegorie dei suoi pensieri. Come per esempio nel primo racconto: Bernhard è dell'idea che la morte non deve condizionare il giudizio che abbiamo di una persona, se prima la odiavamo bisogna continuare a farlo e non santificarla in qualche modo. Così anche nel secondo racconto: spesso Bernhard è stato vittima di accanimenti critici velenosi per aver detto e scritto scomode verità, non potendo contare su nessun sostegno in patria ma ripudiato da tutti. Quindi è proprio per questo che lo consiglio ai lettori navigati nelle acque bernhardiane, solo loro possono apprezzarlo e rendergli onore.
PS: Ho dato 3 stelline allo stile solo perché volutamente dall'autore, risulta essere semplice e distaccato, rispetto al suo stile usuale.