L'elefante scomparso e altri racconti
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Pillole di Murakami
Ho letto molto di HM, uno scrittore che apprezzo, più che per le storie che racconta, per il suo stile di scrittura: ricercato ma asciutto, evocativo senza risultare dispersivo. Incarna bene l'idea che ho dello scrittore contemporaneo, colto, conoscitore trasversale dell'arte e della cultura (musica, design, architettura), concreto ed assiduo lavoratore (la genesi dal "basso", la notorietà a suon di concorsi letterari). Leggendolo si ha la sensazione molto gradevole di arricchire il proprio vocabolario e la propria dialettica; quando mi immergo nei suoi libri, parlo e scrivo in modo diverso.
Devo riconoscere però che alcune sue opere (es. 1Q84), così oniriche e surreali, risultano a tratti impegnative vista la lunghezza. La piacevolezza dei suoi racconti posso dire, in modo grossolano, è decrescente in funzione del numero di pagine.
Ho pertanto amato particolarmente questa raccolta, dove, pur restando assolutamente fedele al suo stile, l'autore elargisce una serie di brevi pillole (una ventina di pagine per il racconto più lungo) che si leggono agevolmente e con piacere senza risultare mai indigeste.
I temi cari all'autore ci sono un po' tutti: gatti che spariscono, telefonate misteriose, sonni, sogni, insonnie, musica, donne sconosciute, donne tristi, donne sole, sensualità esplicita e appena suggerita, sigarette, alcolici, cibo giapponese, pieghe della realtà, anomalie, creature. Insomma, Murakami.
In alcuni casi il meccanismo narrativo funziona egregiamente consegnando un prodotto gradevole alla lettura. In altri la brevità unita alla grande carica surreale non permette uno sviluppo della trama , soggettivamente alcuni racconti mancano di profondità, come fossero visioni di qualcosa di più complesso in essi celato (o comunque da sviluppare). Ma anche questo fa parte della struttura del libro.
Raccolta che consiglio vivamente a chi voglia avvicinarsi all'autore.
Indicazioni utili
Tante sfumature di Murakami
L’elefante scomparso e altri racconti è una raccolta gradevole (non imperdibile) di storie di Murakami, in cui si possono cogliere singolarmente gli elementi più caratteristici della scrittura dell’autore: il rapporto con l’inconscio, le atmosfere fra sogno e realtà, il romanzo di formazione, la solitudine, il rapporto di coppia; insomma ce n’è per tutti. Uno degli ultimi racconti è addirittura l’incipit (quasi identico) del romanzo "L’uccello che girava le viti del mondo”.
Secondo me le capacità dell’autore si esprimono meglio sulla lunga distanza (“Kafka sulla spiaggia” resta il mio preferito), tuttavia questo volume può essere un buon test per avvicinarsi al mondo di questo scrittore e testare se vale la pena o no leggere altro. C’è infatti a chi Murakami piace tanto (come a me) per l’analisi dei personaggi, i "crescendo" che crea, le emozioni che ti trasmette, per come ti “smuove” dentro. E chi invece resta indifferente se non infastidito da questo lasciare il lettore sospeso, senza spiegazioni, talvolta senza un finale.
Murakami invece sta proprio qua, come bene spiega lui stesso in una recente intervista che mi piace citarvi:
«Credo che uno dei compiti più importanti di uno scrittore sia attivare quel territorio dello spirito che nella vita quotidiana non viene usato. Per farlo è necessario spostare in posizione On alcuni interruttori che si trovano sul pannello della coscienza. La leggera alterazione di certi dettagli, senza dare nell’occhio, prepara mentalmente il lettore all’arrivo di un “grande mutamento”. Se si riesce, quei territori di solito addormentati lentamente si risvegliano. I romanzi ? cioè i buoni romanzi ? hanno questo potere. E se tutto va bene, attraverso quel passaggio segreto che siamo riusciti ad aprire, possiamo mettere piede in un mondo che non siamo abituati a vedere. I miei romanzi mostrano il percorso per arrivare a quel mondo interiore, un percorso che è una metafora che provoca una reazione. Insomma, strutturalmente, ciò che viene narrato dentro il racconto è la sua funzione stessa».