Il sogno di mia madre
Letteratura straniera
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OTTO STORIE DI DONNE
Quelle de “Il sogno di mia madre” sono otto storie di donne: donne che rappresentano tutte le generazioni, dalla dodicenne di “Ricca sfondata” alla nonna di “Salvate il mietitore”, e che, nonostante l’apparente eterogeneità dei racconti compresi nella raccolta, sono legate da una sorta di filo rosso che le accomuna in un unico destino, quello di donne per le quali le varie fasi della femminilità (l’innamoramento, la maternità, la vita coniugale) non sono mai acquisizioni istintive e naturali ma conquiste faticose, problematiche, piene di incertezze, tentennamenti e paure. Non sono mai personaggi anomali, quelli della Munro, anzi sono aspiranti musiciste, scrittrici o attrici, hanno una intelligenza precoce o una sensibilità fuori del comune, eppure essi non riescono a mettere la propria vita su quei binari che ogni lettore (soprattutto di sesso maschile) riterrebbe prevedibili e “normali”. Per carità, non c’è nulla di autenticamente sconvolgente, nessun tragico colpo di teatro (tutt’al più esso è sfiorato, come quando la cognata di Jill – nel racconto che dà il titolo al libro – si convince erroneamente che la figlioletta di quest’ultima sia morta soffocata durante la notte), e anche quando si perde il marito in guerra, o si subisce un grave incidente col fuoco (“Ricca sfondata”), o si consuma una irreparabile rottura familiare (“Le bambine restano”), il tono è quello di una prosaica e banale rottura della routine quotidiana. Lo strazio c’è, ma – sembra suggerire la Munro – fa ineluttabilmente parte della vita (almeno di quella del gentil sesso, perché gli uomini sono invece figure sfuocate, mediocri, chiuse nel loro ego, incapaci di grandi slanci e per lo stesso motivo al riparo da altrettanto grandi cadute), è un dolore che si consuma a ciglia asciutte e che viene metabolizzato in un’accettazione fatalistica che sovente è anche una epifanica presa di coscienza, anche se in negativo (come la protagonista di “Ricca sfondata”, la quale dal suo incidente viene fuori più matura e cresciuta, anche se irrimediabilmente sola). Spesso sono i rapporti tra le generazioni o tra genitori e figli a creare attriti (“Prima che tutto cambi”, “Ricca sfondata”), ma mai per vero e proprio antagonismo edipico, al contrario per una sorta di ontologica incomunicabilità (esemplare l’introverso rapporto tra il dottore che pratica gli aborti clandestini e sua figlia, la quale, dopo settimane di selvatica e taciturna convivenza, nel momento in cui accetta finalmente di “aprirsi” al padre non si accorge che, seduto allo stesso tavolo, questi è morto di un colpo apoplettico). Ma anche questi rapporti potenzialmente deflagranti vengono raffreddati dalla Munro in una sorta di volontaria implosione narrativa, così come gli elementi di mistero e i potenziali meccanismi da thriller (la morte del dottor Willens e il ritrovamento del suo corpo in “Una donna di cuore”, l’articolo di giornale letto al signor Gorrie sull’incendio avvenuto a Cortes Island molti decenni prima in “Cortes Island”, la convinzione di Sonje che il marito sia ancora vivo da qualche parte del mondo in “Giacarta”), i quali rimangono ad aleggiare lungo tutto l’arco dei racconti conferendo loro una strana enigmaticità. L’anticlimatica asciuttezza delle pagine della Munro è poi accentuata in alcune di esse (“Le bambine restano”, “Giacarta)” dal trascorrere del tempo, il quale stende un velo di malinconica ma asciutta nostalgia su avvenimenti osservati da un luogo molto, molto distante, e perciò al riparo da ogni residua emotività. Questi spostamenti, questi iati, queste fratture, queste epifanie, impercettibili o drammatiche che siano, sono il terreno in cui la Munro, da molti considerata la più grande scrittrice anglosassone di novelle brevi, si muove con disinvoltura, arricchendo con la sua profonda e vibratile sensibilità quel buco nero, indecifrabile e incomprensibile, che, agli occhi dell’altro sesso, è spesso considerato l’universo femminile.
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“Il mio pianto è un coltello..."
Racconta di donne, Alice Munro, e questo è ormai notorio.
Quello che non tutti sanno è quanto nella sua scrittura si eviti accuratamente ogni forma di sentimentalismo fino a spingersi, soprattutto in questi otto racconti, a non parlare mai d'amore se non in termini distaccati che rasentano il cinismo.
Degno di nota il primo racconto, “Una donna di cuore”, un crudo spaccato di provincia tinto di giallo con qualche sfumatura rosa nel finale, un rosa, però, che ricorda il colore del sangue.
C'è il sesso, poi, motore di ogni decisione, e sogni erotici turpi e inconfessabili quanto può esserlo il lato oscuro di ogni buona azione.
Ed è così che i tentacoli della perversione possono impaurire ed attrarre mentre la linea di confine tra bene e male, come spesso succede, si assottiglia fino a sparire.
I racconti della Munro si leggono con interesse non soltanto perché scritti con quell'attenzione ai dettagli propria degli scrittori di razza, ma anche perché lasciano dei sedimenti, degli spunti di riflessione che somigliano ad indizi su cui il pensiero si sofferma dopo la lettura.
L'ultimo racconto, che dà il titolo alla raccolta, analizza due aspetti estremi, un istinto materno isterico e uno pressoché inesistente.
Il primo travolge pateticamente una zitella, il secondo caratterizza una giovane madre assorbita dalla passione per la musica ed esasperata dagli strilli continui della figlia neonata:
“Il mio pianto è un coltello che taglia dalla sua vita tutto quello che non è utile. A me”.
Con stile asciutto si dipana la storia di una calda giornata estiva che per un po' assume i colori candidi della neve:
“... prese ad amarmi, perché l'alternativa era disastrosa”.
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Sogni, passioni, segreti e desideri
Quando mi accingo a leggere una raccolta della Munro mi devo preparare psicologicamente e materialmente: prendo carta e penna e mentre scorro le pagine annoto qualche appunto. Già, perché se non mi scrivo qualcosa, rischio di arrivare a metà di un racconto con la sensazione di non aver capito nulla, o quasi. Seguire i personaggi e gli intrecci di questa autrice per me non è un'impresa facile: deviazioni, digressioni, ellissi e salti temporali mettono a dura prova la mia attenzione: eppure è proprio questo il motivo per cui mi piace il suo stile e resto sempre affascinata dalle sue opere. Ammiro inoltre la sua capacità di trasformare la quotidianità in qualcosa di straordinario: la Munro ci parla di fatti apparentemente banali, di incontri tra persone semplici, di oggetti di uso comune. Tutto ciò che scrive va colto però con il massimo scrupolo perché nelle sue pagine nulla può essere dato per scontato, anche un dettaglio può nascondere un segreto o essere il sentore di un dramma che sta al lettore intuire e comprendere. Altra incredibile abilità di questa autrice è la sua capacità introspettiva: scruta la mente dei suoi personaggi e ne descrive i pensieri in modo talmente profondo che alla fine del racconto si ha la sensazione di essere entrati a far parte di quelle vite.
Tutte le storie di questa raccolta mi hanno molto emozionata, ma soprattutto quelle che hanno come protagoniste delle madri: donne che lottano tra sensi di colpa e doveri imposti dalla società in cerca di un equilibrio tra realtà e desideri, tra ciò che la vita impone e ciò che invece vorrebbero avere.
Per dare un'idea dell'opera faccio un accenno ai racconti che più mi hanno colpita. "Il sogno di mia madre" è l'ultimo e dà il titolo all'intera raccolta: è forse il più leggero, quello in cui si respira un tono ironico. Voce narrante della storia è una bimba che, appena nata, con il suo pianto mette a dura prova i nervi di sua madre in un climax di eventi tragicomici che si risolveranno in un lieto fine.
"Una donna di cuore" è invece il primo lunghissimo racconto che narra di una infermiera domiciliare che assiste gli ultimi giorni di agonia di un'ammalata che, poco prima di spirare, confida alla protagonista un terribile segreto mettendola nella condizione di non sapere come agire: rivelare o serbare per sé una tale confessione?
"Le bambine restano" racconta invece di una giovane madre, attrice per diletto, che si invaghisce del regista dell'opera che interpreta fino al punto di abbandonare tutto pur di seguire i suoi sogni e la sua passione.
Infine "Prima che tutto cambi", il racconto che più mi ha coinvolta e commossa: è la storia di una ragazza che torna improvvisamente a casa, da suo padre, medico vedovo ormai anziano. Il racconto è costruito attraverso una serie di lettere che la protagonista indirizza ad un destinatario misterioso che poi si scoprirà essere il suo ex fidanzato. Il lettore, in un crescendo di tensione e curiosità intuisce, pagina dopo pagina, le vere ragioni che hanno spinto la ragazza a lasciare gli studi, a rinunciare alle nozze e a tornare da un padre che esercita la sua professione su misteriosi "casi speciali" alquanto inquietanti. Dalle missive, che si fanno via via più esplicite, il lettore verrà a conoscenza di dolorosi eventi, ma anche di gesti di sorprendente umanità. Non posso dire altro: leggetelo.
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Animi femminili
Intima ricerca nell'animo femminile o ancora meglio nei vari animi femminili, perché noi donne siamo esseri compositi e complessi che si avviluppano intorno a mille sensazioni contrapposte.
8 storie di 8 donne che vivono o alle volte subiscono le loro vite, i loro amori genitoriali o passionali che siano, le loro compagne di avventura, che raccontano appunto questa ricerca nell'animo femminile con uno stile delicato e appassionante. Ogni storia dietro la sua apparente normalità nasconde una sorpresa, il più delle volte a tinte noir, che ti lascia a bocca aperta e in un paio di casi, senza voler spoilerare ma per me sono gli ultimi due racconti, contrariata perché non era quello che ti aspettavi, non era così che volevi che finisse, non era quella la scena che volevi leggere, ma non ti riesci a staccare anche nei tratti più crudi e quando il racconto finisce rimani con l’amaro in bocca perché vuoi sapere cosa accade a quei personaggi.
Ecco ogni racconto potrebbe benissimo essere l’incipit di un bellissimo romanzo ed è forse quello che amo meno dei racconti, quel rimanere sospesi a metà, l’assaporare una storia e poi rimanere sedotti e abbandonati.
Nonostante ciò, la Munro riesce magistralmente ad intessere delle storie che, anche se in poche pagine, possono fare invidia ai migliori romanzi. Probabilmente credo di non aver colto i significati di tutte le storie ed è forse anche questa la bellezza dei racconti della Munro.