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Il libro degli esseri immaginari Il libro degli esseri immaginari

Il libro degli esseri immaginari

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Spinto da una inesauribile passione per le strane entità sognate dagli uomini – dalla Fenice, immagine dell’universo, al t’ao-t’ieh, «mostro formale, ispirato dal demone della simmetria a scultori, ceramisti e vasai» –, Borges ha perlustrato nel corso degli anni letterature e mitologie, enciclopedie e dizionari, resoconti di viaggio e antichi bestiari, scoprendo tra l’altro che la zoologia fantastica è percorsa da singolari, seducenti affinità: così, ad esempio, il Pesce dei Terremoti, un’anguilla lunga settecento miglia che porta il Giappone sul dorso, è analogo al Bahamut delle tradizioni arabe e al Midgardsorm dell’Edda. Non c’è del resto da stupirsi: «Ignoriamo il senso del drago, come ignoriamo il senso dell’universo, ma c’è qualcosa nella sua immagine che si accorda con l’immaginazione degli uomini, e così il drago appare in epoche e a latitudini diverse». L’esito di questa sterminata ricognizione è un manuale che il lettore è caldamente invitato a frequentare «come chi gioca con le forme mutevoli svelate da un caleidoscopio». Ritroverà così animali che già gli erano familiari, ma che ora tradiscono caratteri insospettati: come l’Idra di Lerna, la cui testa – sepolta da Ercole – continua a odiare e sognare, o il Minotauro, «ombra di altri sogni ancora più orribili». Imparerà a conoscere esseri che sembrano usciti dalla fantasia stessa di Borges: come la «gente dello specchio», ridotta a riflesso servile dall’Imperatore Giallo dopo aspre battaglie, o il funesto Doppio, suggerito «dagli specchi, dall’acqua e dai fratelli gemelli». E si imbatterà in creature di cui neppure sospettava l’esistenza: come lo hidebehind dei taglialegna del Wisconsin e del Minnesota, che sta sempre dietro a qualcosa, o la Scimmia dell’Inchiostro, che attende pazientemente che tu abbia finito di scrivere per berlo. E sempre aleggia, irresistibile e aereo, lo humour di Borges, il quale ci spiega compassato che la qualifica di contea palatina attribuita al Cheshire provocò l’incontenibile ilarità dei gatti del luogo – donde, con ogni probabilità, il gatto del Cheshire.



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Il libro degli esseri immaginari 2020-03-21 08:58:36 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    21 Marzo, 2020
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Cos’erano le Norne? E il Behemot?

Pare che il grande scrittore Jorge Louis Borges sia sempre stato attratto dall’improbabile, fantasiosa fauna che ha popolato tutta la letteratura umana dai suoi albori sino ad oggi. Così, anche per trovare un argomento di ricerca e studio che gli consentisse di lavorare assieme alla sua più recente innamorata (Margarita Guerrero), nei primi anni ’50 si mise a preparare questa specie di inventario nel quale sono elencati alcuni dei più famosi esseri che vivono solo tra le pagine dei libri o nelle leggende e nelle tradizioni dei vari popoli: dalle Arpie ai Lemuri, dall’Anfisbena allo Zaratan, passando per il Golem e il Minotauro. Negli anni e nel succedersi delle edizioni, il libro è stato integrato, emendato e ingrossato con nuove sezioni, ma inevitabilmente è sempre rimasto “incompleto”. In premessa è lo stesso Borges che avverte che il libro “potrebbe ammettere l’inclusione del principe Amleto, del punto, della linea, della superficie, dell’ipercubo, di tutti i termini generici e, forse, di ciascuno di noi e della divinità”. Quindi, vista l’impossibilità di essere omnicomprensivo, il manuale si è limitato a considerare solo alcune delle strane entità inventate dall’uomo, forse solo quelle che più hanno colpito la fantasia del poeta argentino.
Dunque, senza la pretesa di fare una catalogazione esaustiva e, neppure, una pedante ed esauriente trattazione per le singole voci, ne è nato una divertente lista di esseri improbabili, alcuni semplicemente inventati da qualche immaginifico scrittore, altri metafore dei nostri ideali o di concetti filosofici, morali o religiosi. Il libro è privo di alcuna organicità che non sia il mero ordine alfabetico con cui sono riportate le voci nell’odierna edizione di Adelphi. Inoltre non è idoneo neppure a una lettura consecutiva: più che altro, va consultato, come un dizionario enciclopedico.

Come Borges anch’io son sempre stato attratto dalla zoologia fantastica e, confesso, la mia fantasia mi ha suggerito spesso esseri che farebbero impallidire la più ardite invenzioni classiche. Così mi sono accostato al volumetto con curiosità e bramosia. Proprio a causa della voluta incompletezza dell’opera, però, sono rimasto parzialmente insoddisfatto dalla lettura. Avrei desiderato un maggiore approfondimento di alcune voci (che in genere non superano mai la facciata o due di testo) e una maggiore ampiezza del catalogo nel quale le lacune superano di gran lunga le scoperte di esseri a me ignoti. Tuttavia non posso negare che il garbato stile di Borges renda comunque piacevole la lettura delle singole voci, dove l’ironia si miscela all’erudizione, la citazione dotta fa da contrappunto alla strizzatina d’occhio al lettore, la simulata credulità con cui si narrano le storie ammanta di fascino lo scetticismo di fondo. Insomma la miscellanea è un piacevole ossimoro in cui perdersi in rapide incursioni.
La cosa che più mi ha divertito è scoprire che, in fondo, la fantasia delle leggende è assai meno fervida di quanto mi aspettassi: spesso, molto spesso, gli esseri immaginari, per il gusto di assecondare l’iperbole, alla fine rischiano di assomigliarsi un po’ tutti presentando gli stessi mostri fatti con un collage tra il noto e l’estrapolato. Ma soprattutto tendono tutti a ricalcare costantemente i contorni di quel aggrovigliato gomitolo spinoso che è lo spirito umano, venato di ansietà e aspirazioni, ambizioni e timori.
In conclusione, una lettura fuori dal normale, ma a tratti divertente e a tratti istruttiva.

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