Narrativa straniera Racconti Il gaucho insopportabile
 

Il gaucho insopportabile Il gaucho insopportabile

Il gaucho insopportabile

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Il 30 giugno 2003 Roberto Bolaño, gravemente malato (sarebbe vissuto solo altre due settimane), volle consegnare personalmente al suo editore questo libro, che fu il primo ad apparire dopo la sua morte e rappresenta una sorta di testamento spirituale e letterario. Il lettore scoprirà cinque racconti tra i più belli dello scrittore cileno: la storia dell'avvocato bonaerense che abbandona tutto per andare a vivere nel deserto insieme ai gauchos, i bovari della pampa; quella del topo poliziotto (nipote della famosa cantante Josefine del racconto di Kafka) che si aggira nella rete sterminata delle fogne alla ricerca di un feroce assassino; quella dello scrittore argentino che va a Parigi per incontrare un misterioso regista che forse è il suo doppio, e si ritrova a far l'amore con una puttana «come se tutti e due non sapessero fare altro che amarsi» – per citarne solo alcune. Chiudono il volume due conferenze: nella prima Bolaño parla apertamente, e in modo struggente, della malattia e dell'approssimarsi della morte; la seconda è una definitiva resa dei conti, in forma di violento, sarcastico, a tratti irresistibile pamphlet, tra lui e quella «specie di Club Méditerranée» che sono gli scrittori (soprattutto sudamericani) la cui unica dote è la cosiddetta «leggibilità» – ed è al tempo stesso una veemente dichiarazione di amore per la letteratura.



Recensione della Redazione QLibri

 
Il gaucho insopportabile 2017-01-24 18:30:31 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    24 Gennaio, 2017
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E per cena... coniglio!

E sì, è proprio insopportabile questo gaucho insopportabile!
Non conoscevo Bolano e perciò non sapevo cosa aspettarmi. Il primo racconto è breve e molto carino e parla della fascinazione dell’amico Jim per i mangiafuoco. Fascinazione che porta a una situazione particolare e forse paradossale ma interessante. Segue il racconto che dà il nome alla raccolta. Sembrerebbe una storia biografica con la figura del protagonista, Pereda, padre di Bebe il letterato di successo, che il lettore immagina sia il padre di Bolano. La storia sembra vera e plausibile, ci sono anche riferimenti al famoso default argentino. Ci sono anche però elementi particolari. Per esempio la pampa dove va a stare Pereda è piena di conigli. Questi conigli sono creature curiose e non fifone come vorrebbe la loro fama. Corrono a vedere la vacca (non hanno mai visto una vacca), sembra che vadano incontro alle persone, sono più curiosi che spaventati, finiscono spesso in padella. Naturalmente la base dell’alimentazione della popolazione locale è il coniglio. Ma il punto che mi ha fatto scervellare sulla possibilità dell’esistenza di un simile coniglio, è quando Bebe porta nella pampa il suo editore a fare un giro a cavallo e un coniglio gli salta al collo azzannandolo e ferendolo in modo preoccupante compiendo un salto in alto di almeno un paio di metri.
Il racconto successivo è carinissimo, con un’indagine topo-poliziesca. Anche lì per capire che il poliziotto era un topo mi ci è voluto. Ho passato un po’ di tempo a meditare sulle strane abitudini poliziesche argentine e sulla stranezza di quei crimini ascrivibili quasi sempre a serpenti e predatori. Ma a parte il topo il racconto è molto avvincente così come l’indagine la cui conclusione temo sia legata a considerazioni sulla razza topina generali e non a semplice divertimento. Mi pare ci siano delle frecciate al sistema di polizia argentino distribuite in vari racconti. Come ci sono frecciate e anche sciabolate rivolte al mondo della cultura e dell’editoria. Cultura? Forse la parola non è appropriata. L’autore dà sfoggio di tutta la sua insopportabilità nella descrizione dei colleghi scrittori e del sistema editoriale.
“Gli scrittori attuali non sono più, come bene faceva notare Pere Gimiferrer, dei signorini pronti a fulminare la rispettabilità sociale e tanto meno un branco di disadattati ma gente che viene dalla classe media e dal proletariato ed è decisa a scalare l’Everest della rispettabilità, desiderosa di rispettabilità.
Sono biondi e bruni figli del popolo di Madrid, sono gente di classe medio-bassa che spera di finire i suoi giorni nella classe medio-alta. Non rifiutano la rispettabilità la cercano disperatamente. Per raggiungerla devono sudare molto. Firmare libri, sorridere, fare viaggi in posti sconosciuti, sorridere, fare i pagliacci nei programmi di cronaca rosa, sorridere molto, soprattutto non mordere la mano che dà loro da mangiare, presenziare alle fiere del libro e rispondere di buon grado alle domande più cretine, sorridere delle peggiori situazioni, fare la faccia intelligente, controllare la crescita demografica, ringraziare sempre.”
In fin dei conti è tutto folklore, l’uomo di cultura si è trasformato in opinionista scritturato dai talk show televisivi, il bene e il risparmio sono intimamente legati, la velocità delle immagini ha la meglio sulla durata e Borges è stato crocefisso. Viva Letelier e l’Allende e tutto il romanzo d’appendice!
“E’ nel romanzo d’appendice la salvezza del lettore (e tra parentesi, dell’industria editoriale). Chi l’avrebbe mai detto. Sempre lì a pontificare su Proust, sempre lì a studiare le pagine di Joyce appese a un filo e la risposta era nel romanzo d’appendice. Ah, il romanzo d’appendice. Ma siamo pessimi a letto e probabilmente faremo un altro passo falso. Tutto porta a pensare che non ci sia via d’uscita”.
Nel caso qualche editore volesse leggersi la raccolta, mi raccomando: cave coniglio. Non sia mai che ne saltasse fuori uno direttamente dalle pagine del libro per azzannarlo alla gola. Dopo questa lettura non mi meraviglio più di niente!

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