Il bacio della strega
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Tredici fiabe per crescere una bambina femminista
Quasi quindici anni prima dell’esordio della serie TV “Once Upon a Time”, la Donoghue già anticipava il futuro successo dei retelling fiabeschi e, soprattutto, dell’intreccio tra più fiabe con la raccolta “Il bacio della strega”. Proprio come nel famoso drama statunitense, anche in queste rivisitazioni troviamo dei noti personaggi ricoprire più ruoli, nonché l’incontro tra personaggio presenti in diverse fiabe: i vari racconti risultano così uniti, come se fossero tutti ambientati nel medesimo mondo incantato.
Seppur le storie si mantengano all’apparenza diverse, sono indissolubilmente collegate alle protagoniste stesse; infatti ogni racconto viene narrato in prima persona e, al termine dello stesso, una nuova narratrice viene interpellata e concede alla sua predecessora di ascoltare la storia delle sue origini.
Abbiamo quindi Cenerentola pronta ad ascoltare il racconto della Fata Madrina, o Biancaneve quella della Regina Cattiva. Una particolarità di questa raccolta è infatti la scelta di non limitarsi alle storie delle principesse o delle eroine più convenzionali, ma di aprirsi anche a comprimarie o, perfino, ad antagoniste.
Il comune denominatore delle protagoniste rimane comunque il loro essere delle ragazze e delle donne decise e risolute, affatto pronte ad inchinarsi ad un destino già prestabilito. Nessuna accetta passivamente le scelte altrui o si piega alle convenzioni che vorrebbero le donne pie e pacate compagne.
Il libero arbitrio concesso ai personaggi è l’elemento che nella maggior parte dei casi varia il corso della fiaba classica; in alcune fiabe è presente invece il cambio nel genere di un personaggio, da maschile a femminile, o ancora una diversa ambientazione oppure un punto d’osservazione differente per raccontare le vicende.
Specialmente nell’epilogo, vari racconti virano verso una conclusione dai toni saffici, lì dove prima era presente la più convenzionale delle coppie principe - principessa; non per questo i finali risultano meno lieti, anzi personalmente li ho trovati decisamente più dolci e delicati.
Un particolare che l’autrice ha deciso di mantenere è invece la presenza di molti dettagli a dir poco macabri, dettagli quasi sempre omessi nei Classici Disney, ma che le fiabe popolari come quelli raccolte dai Fratelli Grimm non lesinavano di certo, a dispetto della giovane età del loro “pubblico”.
Questi elementi crudi permettono all’autrice di introdurre, sempre con grande delicatezza e garbo, alcune tematiche particolarmente difficili, come la violenza in famiglia e la malattia mentale,
La raccolta mantiene sempre un forte collegamento con le fiabe che l’hanno ispirata; in particolare, vengono ironizzati alcuni cliché tipici (come la madre della principessa che immancabilmente si ammala e muore lasciando la figlioletta orfana), ma si cerca anche di fornire delle spiegazioni razionali ad eventi “magici” o, semplicemente, inspiegabili.
Da notare come siano state scelte sia fiabe molto famose, sia poco note, inoltre i titoli delle stesse non vengono mai esplicitamente indicati, lasciando al lettore il divertente compito di individuare quali siano.
Questo compito è reso forse più ostico dai racconti stessi che, nella loro brevità, presentano solo gli elementi fondamentali delle fiabe, e in alcuni casi appena vaghi accenni, forse con l’intenzione di non annoiare il lettore riproponendo per intero delle storie in gran parte già conosciute.
Un paio di aspetti collegano infine questo volume al mio caro “Cecità” di José Saramago -sì, mi rendo conto di citarlo continuamente e, temo, a sproposito; in entrambe le opere si adotta il discorso indiretto libero, che in realtà rende un po’ ardua la lettura specie nel capitolo di Gretel per la sua difficoltà ad esprimersi, inoltre i nomi dei personaggi, seppur famosi, non vengono mai menzionati nel testo.
Indicazioni utili
c'erano una volta, le donne.
L'autrice riscrive, reinventa e reinterpreta tredici fiabe in modo originale e anticonvenzionale. Le protagoniste sono donne ben diverse da quelle descritte nelle fiabe tradizionali: non troviamo principesse sognanti il principe azzurro o messe in pericolo da streghe e matrigne cattive, ma donne "moderne" il cui lieto fine è la possibilità di auto-determinazione.
La lettura di queste fiabe, ci permette di pensare all'essere donna senza censure e senza stereotipi, ai cambiamenti interni che nel viaggio della vita trasformano e ci rendono quello che siamo, quello che abbiamo deciso o potuto essere.
Possiamo provare a indovinare le fiabe originali come Cenerentola o Biancaneve, che hanno cambiato titolo, forma e significato, ma che derivano da esse, come se le stesse protagoniste delle fiabe originali abbiano subito un cambiamento, una evoluzione, diventando più reali e quindi più complesse e, secondo me, più affascinanti.
"Il racconto della scarpa" affonda le sue radici nella fiaba di Cenerentola, che è stata reinterpretata in chiave introspettiva: è la descrizione della vita interiore di una figlia che si trova ad affrontare il dolore e il senso di solitudine e vuoto per il lutto della propria madre.
Così le cattive sorellastre diventano i "cattivi" pensieri legati al profondo senso di colpa che spesso è legato al lutto di una persona amata.
"le grida erano tutte dentro di me. Fai questo, fai quello, pigro ammasso di sudiciume", è così che si sente la nostra Cenerentola: un ammasso di sudiciume, come se sentisse che il suo mondo interno è crollato e si è sporcato con la morte della madre, madre che sembra persa per sempre, "cercavo la voce di mia madre, ma non riuscivo a sentirla in mezzo a quel clamore".
Solo immergendosi nel dolore e nel senso di solitudine, non sfuggendo ad esso cercando di non pensare, la protagonista sembra poter trovare una via di uscita, recuperando dentro di sè l'immagine materna, "l'albero della madre".
Così la fatina buona mi sembra rappresentare la capacità riparativa dei "buoni" pensieri, del ricordo della madre, che quindi non è perduta per sempre. Al ricordo della madre è legata la possibilità di ricostruire il proprio sè tramite la buona fatina: "come posso descrivere la trasformazione? il mio vecchio polveroso Io fu filato a nuovo. La donna mi rivestì di blu, danzavo su punte di cristallo". Il lieto fine non è determinato dal principe azzurro, ma da un movimento interiore che permette a Cenerentola di decidere di andare avanti, di vivere "come ballare un valzer senza avere il capogito".