I pascoli del cielo
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“They climbed stiffly from their seats and stood on the ridge peak and looked down into the Pastures of Heaven. And the air was as golden gauze in the last of the sun.”
C’è chi definisce quest’opera una raccolta di racconti, e chi ritiene si tratti invece di un romanzo.
“I Pascoli del Cielo” si compone di dodici parti: un’introduzione, un grappolo di storie, un epilogo.
Ciascuna delle vicende narrate nei ‘capitoli’ centrali del libro è in un certo senso autoconclusiva, e però, al contempo, legata a tutte le altre. Il punto di contatto tra queste storie è l’ambientazione: i Pascoli del Cielo, l’amena valle californiana che, abbracciata dai monti e bagnata dal sole, ospita le anime di una piccola (e pittoresca) comunità rurale, uomini e donne semplici alle prese con le gioie, le difficoltà e i dolori della vita quotidiana.
“I Pascoli del Cielo” è un’opera delicata eppure spietata, che contrappone, semplicemente accostandole, la placidità della Valle ai destini, malinconici quando non crudeli, dei suoi sventurati abitanti. Un’antica maledizione sembra infatti aleggiare sui verdi Pascoli del Cielo, a cui nessuno sembra essere immune.
L’espediente della maledizione consente a Steinbeck di sviluppare il tema, a lui caro in gioventù, del ‘pessimismo deterministico’: gli abitanti della valle, colpiti a turno da una propria, personale sventura, sembrano accettare di buon grado il proprio destino, con dignità e serenità, quasi abbracciandolo, come fosse un vecchio amico.
“Most lives extend in a curve. There is a rise of ambition, a rounded peak of maturity, a gentle downward slope of disillusion and last a flattened grade of waiting for death.”
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La valle dei nostri sogni
Correva l’anno di grazia 1776 quando un militare spagnolo, alla ricerca di alcuni indiani convertiti e fuggiti da una missione della California, s’imbatté, sulla strada del ritorno, in una valle rigogliosa, verdissima, popolata di cervi, che lo portò alla commozione, tanto era bella da essere mistica. Disse, allora: “Questi sono i verdi pascoli del cielo ai quali il Signore ci conduce!”. E’ da quell’epoca che quella valle viene chiamata Las pasturas del cielo, cioè I pascoli del cielo.
Terra assai fertile, di facile coltivazione, lontana dalla civiltà rampante, rimase libera, selvaggia, primordiale.
Questa valle è il tema dominante di una raccolta di racconti scritta da John Steinbeck e pubblicata con il titolo I Pascoli del cielo nel 1932.
Tradotta l’opera da Elio Vittorini si cercò forzatamente, per la matrice comune dei testi, di considerarla un romanzo e ciò per fini commerciali, perché stranamente da noi la prosa breve non gode di particolari favori.
Eppure, qui ci troviamo di fronte a un autentico capolavoro, una summa di quel che sono le indiscutibili qualità di Steinbeck, capace di dare risalto agli umili per la loro limpidezza, con una serie di storie di natura completamente differente. Si va così dal piccino stregato Tularecito, un diverso (e qui l’autore americano è uno dei primi a porre l’accento su chi per nascita è meno fortunato di altri) alle sorelle ereditiere di una terra ingrata che sopravvivono cucinando tortillas per i contadini dei Pascoli, dalla bella donna Helen, al cui piacevole aspetto fisico si contrappone la tragedia familiare di un sangue corrotto, al giovane Jiunius, fuggito dal posto di impiegato in citta per trovare la serenità in questa valle magica, quasi da Giardino dell’Eden, in cui pur tuttavia, eterna condanna, il male nasce e si sviluppa.
Sono piccole storie, di gente comune, ma di esseri pulsanti che reclamano una loro dignità e un posto ben preciso lungo la strada della vita, costituendo insieme lo specchio di un’umanità che brulica e s’affanna dall’alba al tramonto, dalla prima all’ultima stagione, dalla nascita fino alla morte.
Di questi protagonisti inconsapevoli John Steinbeck è il cantastorie, che osserva con pudore e tenerezza, e comunque senza mai giudicare, la società americana dei pionieri, teatro di poche grandi fortune, di illusorie speranze e di tante piccole, insospettabili e ignote miserie.
I Pascoli del cielo è qualche cosa di più di un bel libro da leggere, è uno specchio in cui immergersi per trovare un mondo perduto, un ritorno alle origini di cui l’uomo moderno non può più fare a meno.
La mano dello scrittore ci conduce a ricalcare i passi di chi ci ha preceduto, un viaggio dentro di noi da cui non si vorrebbe più tornare.
Leggetelo, immergetevi nelle sue atmosfere, e poi non potrete che convenire che si tratta di un capolavoro.
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un buon Steinbeck
Questo è il primo libro che leggo di Steinbeck e devo dire che la sua scrittura non mi dispiace neanche un pò.
è un libro interessante, che parla della vita di alcune persone che abitano in una valle californiana denominata "Pascoli del Cielo". è un libro leggero, veloce da leggere. Pittoresco è il paesaggio, proprio come sono pittoreschi anche i protagonisti: un libro apprezzabile. Le immagini sono nitide e si visualizzano in modo chiaro nella mente.
I racconti sono piacevoli, e se siete dei lettori molto assidui, non ve ne staccherete dalla prima all'ultima pagina.