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Letteratura straniera

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Questo libro è l'autoantologia in cui lo scrittore americano, prima di morire nel 1988, raccolse i suoi trentasette racconti migliori. Sono storie di uomini e donne comuni, di vite dolorosamente normali, storie senza suspence e senza colpi di scena, ma perennemente vibranti di tensione e commozione: la violenza, la disperazione, la solitudine, l'impotenza, la fine dell'amore, l'incomunicabilità, ma anche, a volte, la tenerezza, la condivisione e la pietà, vengono disegnate coi colori neutri e i tratti nitidissimi dei gesti apparentemente più banali, degli oggetti e dei luoghi della quotidianità. La scrittura, scarna e minimale, non offre distrazioni o trasfigurazioni, ci inchioda alle vite dei personaggi, e di quelle vite ci costringe a condividere la sofferenza senza pathos e con rare catarsi.



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Da dove sto chiamando 2016-08-11 20:35:42 Antonella76
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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    11 Agosto, 2016
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Istantanee di vita...



37 racconti asciutti, diretti, precisi.
Attuali.
Racconti che dicono tanto, eppure, ti lasciano sempre...in attesa.
Carver ti fa entrare dentro uno squarcio di storia, dentro un "momento" di vita, magari un attimo prima o un attimo dopo qualcosa di importante, ma mai durante...ti fa guardare da vicino dinamiche (perlopiù di coppia), piccoli dettagli, frammenti apparentemente trascurabili, e all'improvviso, proprio quando tu sei coinvolto, ti abbandona...ti lascia il tempo e lo spazio per elaborare ciò che hai letto, per dargli un senso, per prendere da ogni racconto quello di cui tu hai bisogno in quel momento.
Non esistono finali, né belli, né brutti...tutto è sospeso, ma di certo non manca una certa tensione di fondo.
I personaggi sono prevalentemente cinici, poco emozionali,...l'alcool è il comune denominatore di tutti i racconti, fa da sfondo a momenti di grande solitudine, disperazione, violenza, malinconia, rassegnazione...
Entri nelle case dei suoi proragonisti, ti siedi sul loro divano e ascolti i loro dialoghi, così essenziali eppure così densi di significati, spesso non detti, celati dietro frasi lasciate a metà o taciute del tutto.
Ci sono stati alcuni racconti che mi hanno fatto male (nel senso bello del termine, masochisticamente parlando), uno su tutti "Una cosa piccola, ma buona"...straziante nella sua compostezza...su quelle pagine ci ho lasciato un pezzettino di cuore.
E poi "Cattedrale"...meraviglioso: può un cieco insegnare a "guardare" a colui che gli occhi li ha buoni? Sì, può...Carver ci dimostra che può!
E poi una piccola chicca, "L'incarico", dove vengono ripercorsi gli ultimi giorni di vita di Cechov, attraverso lo sguardo di un giovane cameriere d'albergo.
Mi sembra di aver capito che questa raccolta sia composta da racconti selezionati dallo stesso Carver, nella versione originale, integrale, prima di passare sotto le forbici dell'editore.
C'è tutta una questione intorno al "minimalismo" di Carver e al suo rapporto con l'editor Gordon Lish, che tagliava per oltre il 70% i suoi scritti, snellendoli...e quanto questo non fosse gradito all'autore stesso.
Comunque mi piace, questo autore mi piace.
È come un fotografo delle piccole cose, non di paesaggi e orizzonti lontani, ma di particolari...non so come spiegare, ma leggendo i suoi racconti è come se visualizzassi delle istantanee: una ruota di bicicletta, un bicchiere su un tavolo, un vaso con una pianta avvizzita, un letto sfatto, un posacenere sporco, una vestaglia da camera appesa ad una sedia, una torta mai mangiata...
Così. E non è poco.

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Da dove sto chiamando 2013-07-30 07:05:56 ant
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ant Opinione inserita da ant    30 Luglio, 2013
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quotidianità romanzata


Trentasette racconti che narrano di vita quotidiana e senza personaggi particolari, la normalità dell'esistenza fatta diventare romanzo, raccontata con uno stile asciutto e senza fronzoli. Il lettore magari si ritroverà in uno dei tanti personaggi comuni descritti e ne resterà affascinato.
A me , ad es, è successo col racconto "la moglie dello studente" dove si narra di una donna che soffre d'insonnia e non ne capisce il perché.
Umanità varia è esposta in queste storie e grande abilità dell'autore nello spaziare attraverso argomenti molteplici, con un filo conduttore comune però: le priorità e le aspettative di ogni essere umano messe al centro della narrazione

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Da dove sto chiamando 2010-06-24 10:20:16 murasaki
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murasaki Opinione inserita da murasaki    24 Giugno, 2010
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Di cosa parliamo quando scriviamo di noi


"In genere scopro cosa voglio dire proprio nell' atto di dirlo"

Che cosa fa uno scrittore? Scrive. Scrive le cose che vede. Esse passano attraverso di lui; con le loro immagini penetrano nello scrittore e rifluiscono fuori. Così diventano la scrittura. lo scrittore non si cela ai suoi lettori, anzi si mostra e li rende partecipi del processo che le cose agiscono per sua mediazione. La scrittura fa parte di una giornata. La scrittura fa parte della vita.

"Le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste"

Carver credeva alla sua vita, a tal punto che spesso fu sul punto di abbandonarla: vita e scrittura si compendiano convivendo ed esprimendo un uomo che non si faceva illusioni sulla possibilità di cambiare il mondo attraverso la letteratura. Ma la letteratura in azione può far capire

"cosa serve veramente per essere del tutto umani, per essere qualcosa di più grande di quello che in effetti siamo, qualcosa di meglio"

Il racconto di Carver per me manifesto della sua poetica più estrema è Cattedrale, in cui un uono cieco insegna a guardare. Ed è questo, alla fine, ciò che ritengo sia il compito della letteratura. Chi scrive non ha alcun privilegio, anzi, chi sa qualcosa continua a commettere errori. Viene in mente, leggendo i gesti dei personaggi di Carver, il mito di Prometeo: lui dà il fuoco agli uomini ma veniva punito e soffriva. Non c' è alcuna vittoria e neppure nobiltà del gesto. C'è vivere. C'è scrivere.
Nel racconto DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO D' AMORE assistiamo (e siamo) a quello che vorrebbe essere uno scambio dialogico, un confronto tra due coppie.
Non si sa bene come accada, i personaggi si chiedono che cosa sia l' amore. E qui, se vi va, potete trovare tutti i pretesti che più vi piacciono. potete pensare che il tema emerga poichè tutti credono di vivere l' amore e si chiedono dove stia. E cosa sia.
"che te ne fai di un amore del genere?" si domanda un personaggio dopo aver raccontato che l' uomo con cui viveva "l' amava tanto che aveva tentato di ammazzarla di botte". Ognuno dice la sua; per qualcuno, quello non era amore.
E allora perchè mai, se non era amore, l' uomo tenta il suicidio? Perchè mette in gioco tutto quel che ha, il suo stesso corpo?
"Certo che la gente ne fa di cose strane!", dice Laura, uno dei personaggi. E ancora: "Al peggio non c'è mai fine". Laura si innamora di un altro ma quando l' uomo che l' ama, non più riamato si spara, lei va a vegliarlo in ospedale:
"Non aveva nessun altro (...) lui era disposto a morire per quell' amore. E in effetti ne è morto"
A questo punto, davanti a un fatto così evidente come la fine fisica, la fine del corpo -e dopo una sofferenza-, i quattro personaggi (e tutti vivono intanto le loro singole realtà, e reciproche) si preoccupano delle reazioni:
"Tesoro, stiamo solo parlando"
"Non devo essere ubriaco per dire quello che penso. Cioè, siamo qui a parlare, giusto?"
L' uomo che sta parlando, Mel, dichiara, in una frase, la sua intenzione di stare tranquillo, di non voler essere turbato.
Infatti: "oggi sono di riposo. Voglio solo ricordartelo. Oggi sono di riposo" . Il signore in questione fa di professione , guarda caso,
il cardiologo. Come non ricordare quella frase di Marguerite Yourcenar, in Fuochi:

"Il cuore. Una cosa piuttosto sporca, di competenza della tavola anatomica o del banco del macellaio. Preferisco il tuo corpo"

Ora, i personaggi si dichiarano il bene reciprocamente e Mel interviene, dopo una sospensione e un silenzio durante il quale tutti paiono pensare alle parole pronunciate:
"Vi volevo raccontare una cosa. Cioè volevo dimostrarvi quello che penso." e racconta di un fatto accaduto: un giovane ("con la vita davanti") provoca un grave incidente stradale. Lui muore e i due anziani investiti finiscono, assai malconci, in ospedale.
Passa la notte, e i due sventurati vengono sottoposti a tutto ciò che è possibile per salvare loro la vita.
A questo punto il racconto prende una di quelle che io chiamo "pause laterali", e si parla di cuochi, di cavalieri, di armature, e, in fondo, di limite del corpo. Si conviene finalmente che da allora non è cambiato granchè:
"...o per qualsiasi cazzo di cosa combattevano a quei tempi"
"le stesse cose per cui combattiamo oggi" disse Terri. Laura disse "non è cambiato niente" (...)
"Allora, i vecchietti?" dissi infine
"Più vecchi ma anche più saggi" disse terri. mel la fissò.
Terri disse: continua pure la tua storia, tesoro. Era solo una battuta. insomma cos'è successo?
"certe volte, Terri..." disse Mel
"E dai Mel, per favore" disse Terri.
"Non essere sempre così serio, amore. non sai stare allo scherzo?"
"Quale scherzo? disse Mel. Chiuse il bicchiere e guardò severo la moglie. "che cosa è successo?" disse Laura. mel fissò lo sguardo su Laura. Poi disse: "Laura, se io non avessi Terri, e se non l' amassi tanto, e se Nick non fosse il mio migliore amico, mi innamorerei di te e ti porterei via, tesoro"
Ma la compagna, leggera, o forse meno di lui, sta al lettore decidere, :
"Racconta la tua storia" disse Terri. "Così poi andiamo in quel ristorantino nuovo, va bene?"
Mel continua a raccontare e fino al punto in cui i due anziani, seppure malridotti, se la caveranno. Il marito però è depresso. Non per l' incidente, quanto perchè, a causa delle bende non può girare la testa e "vedere" la moglie. Ecco di cosa abbiamo parlato parlando d' amore.
"Capite quello che voglio dire?" chiese.

(recensione apparsa sulla rivista "Spigolature")

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Così parlò Zarathustra, Nietzsche
Racconti, Cechov
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