Annette e la signora bionda e altri racconti
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Recensione della Redazione QLibri
Una lettura leggera
Probabilmente perfetta per una lettura estiva, questa raccolta di racconti di Georges Simenon esce per Adelphi a estate ormai finita. A parte il racconto che dà il titolo alla raccolta, le storie che vi sono contenute sono brevi: non vanno infatti mai oltre le venti pagine. Non c’è mai moltissimo da dire per quanto riguarda i racconti: a meno che non si parli di raccolte che hanno un evidente filo conduttore o se a scriverli sono mostri sacri del racconto breve come Borges o Bradbury.
Le storie contenute in “Annette e la signora bionda” non hanno evidenti punti in comune, solo qualcosa che si può cogliere qua e là ma non si può considerare un tema condiviso. Oltre questo, non si può dire che siano racconti con importanti pretese letterarie, ma solo un modo per passare qualche piacevole ora di lettura. Un tema che secondo me è emerso (ma sempre in maniera superficiale) è quello del rapporto uomo-donna, anche se trattato dal punto di vista di un uomo che ha vissuto in un epoca non molto lontana ma comunque diversa dalla nostra. Quel che emerge più marcatamente sono proprio le differenze di genere più radicate, e devo dire che in un tempo come il nostro in cui si cerca disperatamente di annullarle (cosa giustissima riguardo ai diritti, più discutibile quando si vogliono negare le peculiarità che ci rendono diversi, non migliori o peggiori) è stato interessante riscontrarle e fare un paragone coi nostri giorni.
Paradossalmente, credo che il racconto più scialbo sia proprio quello che dà il titolo alla raccolta: certo, è possibile che il mio giudizio negativo sia dovuto all’avversione spropositata che ho per i personaggi femminili sciocchi e superficiali, quale è la nostra Annette (che tuttavia ha dalla sua la giovanissima età), ma devo dire che è quello che mi ha colpito meno. Mi sono piaciuti molto di più “La strada dei tre pulcini” e “La moglie del pilota”, che sono quelli che possono dare qualche spunto in più. Oltre questo, non c’è molto altro di cui si possa discutere e credo che la vera discriminante che debba convincere un lettore è in primis il suo gradimento nei confronti di Simenon. Se ci si sta approcciando la prima volta a questo autore, potrebbe tuttavia non essere il libro migliore con cui cominciare, perché credo che non vengano fuori le sue qualità migliori e si potrebbe finire per considerarlo un autore di non così grande livello: certo, non parliamo di Doyle né tantomeno di Dostoevskij, ma se le sue opere continuano a essere pubblicate a oltre tre decenni dalla sua morte, un motivo ci sarà. Nonostante questo, essendo lo stile molto fluido e intrigante, potrebbe essere preso in considerazione se si vuole conoscere l’autore “senza impegno”, con qualcosa di più leggero.
Riassumendo: se vi piace Simenon o avete voglia di qualcosa di leggero leggetelo; se volete leggere un libro più impegnativo e profondo o cercate un approccio all’autore che sia più indicativo, virate su altro.
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 1
Un soufflè sgonfiato
Simenon, lo sappiamo tutti, ha scritto molto, sempre mantenendo un livello qualitativo sufficientemente buono e pur tuttavia forse privo di quelle punte narrative che lo avrebbero reso uno scrittore ancora più grande. Questa raccolta di racconti conferma in fondo questa impressione: Simenon sa scrivere e lo fa bene, ha il senso della angolazioni, delle prospettive, asciutto senza essere sterile, trasparente senza essere scontato. Certo la Musa del racconto è un giudice difficile da accontentare e Simenon ne esce sì con stile, ma pure con qualche graffio. Nessuno di questi racconti, infatti, per quanto sempre gradevoli, ha la forza per restare impresso o aggiunge qualcosa a quello che Simenon ha detto nei suoi romanzi con molta più efficacia: partono bene, con incipit spesso molto riusciti e proseguono col rigore metodologico che è proprio dell’autore, ma verso il finale, nella fretta di chiudere l’arco della storia, si bruciano in improvvisi salti temporali, arditi tagli diegetici e si sgonfiano, proprio perché tradiscono quello spirito di cacciatore che è, a mio avviso, la qualità più sopraffina di Simenon. Come un cacciatore bracca passo dopo passo la preda, così lo scrittore belga pedina istante per istante la parabola discendente dei suoi personaggi, che pur provando a sfuggire nel fitto del bosco, vanno sempre incontro al proprio destino. Ecco il problema di questi racconti è proprio la loro pretesa di voler affrettare un destino chiaro, ma che non era ancora abbastanza maturo per accadere. E forse proprio il racconto che dà il titolo al libro, per quanto banalmente sentimentale, è quello più riuscito, perché è abbastanza onesto da essere solo quello che è: un bel passatempo.
P.s.: c'è un fastidiosissimo abuso di puntini di sospensione.
Indicazioni utili
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