Amori ridicoli
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Sette piccole perle
Penna da grande autore, piacevole leggerezza che non sfocia mai in banale superficialità, grande conoscenza dell'animo umano, sono le principali caratteristiche di questa breve, intensa, coinvolgente carrellata delle varie sfumature dell'amore, presentataci da un Kundera ancora acerbo ma in cui si intravedono già le principali caratteristiche dell'apprezzato scrittore che diventerà. Sette racconti, sette piccole perle diverse tra loro, accomunate dallo stesso argomento di fondo, l'amore, qui trattato non tanto come sentimento ma piuttosto come desiderio carnale, pulsione sessuale, voluttuoso appagamento. Se in “Che i vecchi morti cedano il posto ai giovani morti" ci troviamo di fronte al dilemma tra il rinascere di una passione giovanile e il casto rispetto per il consorte defunto, in “Eduard e Dio“ si torna sul tema, affrontando più in generale l'eterna diatriba tra il peccaminoso piacere carnale e il timorato rispetto per le morigerate e castranti regole religiose. Se in “Nessuno riderà“ il lettore viene messo in guardia dalle disastrose conseguenze delle menzogne, ne “Il Simposio“, a causa di un amore non corrisposto, si sfiora addirittura la tragedia. Ma anche un semplice e innocente gioco di ruolo può avere esiti negativi se non viene gestito bene, come ci insegna “Il falso autostop". La vanità, il bisogno di sentirsi sempre e comunque seduttivi, l'ostinata (e ostentata) ricerca della conquista amorosa sono invece i temi affrontati in “La mela d'oro“ e ne "Il dottor Havel vent'anni dopo. Storie diverse, in cui Kundera non si limita a narrare ma interviene attivamente nel racconto, spiegando i comportamenti dei protagonisti, ora giustificandoli, ora biasimandoli, avanzando pareri e riflessioni nei quali alterna severità e indulgenza, dando vita ad un meccanismo che porta il lettore a sentirsi quasi coinvolto in una sorta di dialogo tra sé e l'autore, in cui, tra una battuta e l'altra, si mette in evidenza quanto l'essere umano, di fronte a determinate circostanze legate all'amore, possa rivelarsi ridicolo.
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La vita, l'amore, il tragicomico
Questa raccolta di sette raccontì assolutamente spassosi e divertenti provenienti dalla sempre impeccabile penna di Kundera, mettono al centro dell’attenzione l’amore. Ma si tratta sempre di forme particolari d’amore, in quanto le vicissitudini narrate hanno tutte a che fare con situazioni paradossali, divertenti, nelle quali più che il vero amore si assiste a “scappatelle” (anche extra coniugali), brevi flirt, liason nelle quali l’attrazione fisica ed il desiderio sessuale prevalgono sul sentimento. Conseguentemente l’aggettivo “ridicolo”, come specificato nel titolo, risulta essere quello che meglio si abbina a queste forme di amore che potrebbero definirsi tragicomiche, nelle quali il “qui pro quo”, i malintesi e le dissimulazioni costituiscono un elemento portante della narrazione e nei quali si nota pur sempre il marchio di fabbrica dell’autore che si diletta con alcune riflessioni pseudo filosofiche sulla vita in generale (“Di colpo capii che era stata solo una mia illusione avere pensato che siamo noi a sellare le nostre avventure e a guidare la loro corsa; e che quelle avventure forse non sono affatto nostre, ma piuttosto ci sono state messe sotto dall’esterno”).
Si tratta di un libro del 1968 nel quale non si ravvisano le profondità di opere successive entrate di diritto nella storia della letteratura moderna, ma che in ogni caso si legge con assoluta gradevolezza in quanto nella loro apparente semplicità questi racconti lasciano intravvedere scorci di vita relazionale in cui di fatto la logica del “carpe diem” assume contorni evidenti e decisamente credibili, in cui il desiderio è un qualcosa che può scattare indipendentemente dall’eta anagrafica dei personaggi, come ad es in “Che i vecchi morti cedano il posto ai giovani morti”: ”Da cosa nasceva quel desiderio? Che se ne rendesse o no conto, gli veniva offerta un’occasione unica: la sua ospite rappresentava per lui tutto ciò che non aveva avuto, ciò che gli era sfuggito, ciò che lui aveva mancato”.
Talvolta le riflessioni sono addirittura più inquietanti, con sconfinamenti nella psicologia, in quanto Kundera dimostra che un banale gioco di ruolo tra due (presunti) innamorati può scatenare meccanismi di corteggiamento che spogliano i protagonisti da qualsiasi inibizione dando sfogo al loro inconscio nascosto e triviale, come nel racconto “Il falso autostop”. O ancora Kundera ci ricorda quanto talvolta uno stato di necessità spinga l’individuo a simulare un interessamento amoroso nei confronti di una donna più anziana e non attraente che occupa però una posizione di potere, o addirittura spinga a fingere un fervore religioso pur di entrare invece nelle grazie di una donna che interessa come in “Eduard e Dio”, ponendo poi riflessioni sulla convenienza o meno nel mostrarsi sinceri (“Perché in fondo dire la verità? Cosa ci obbliga a farlo? E perché mai consideriamo la sincerità come una virtù?).
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Quanti amori
“L’uomo attraversa il presente con gli occhi bendati. Può al massimo immaginare e tentare di indovinare ciò che sta vivendo. Solo più tardi gli viene tolto il fazzoletto dagli occhi e lui, gettato uno sguardo al passato, si accorge di che cosa ha realmente vissuto e ne capisce il senso.”
La scrittura di questi racconti si nutre del respiro deciso e greve di un autore che mentre scriveva viveva ancora in Cecoslovacchia. L’arco temporale interessato è quello tra il 1959 e il 1969, sono gli anni di una pesante crisi economica e di Alexander Dubcek il quale iniziò un processo di liberalizzazione dal totalitarismo comunista attraverso l’applicazione di un “socialismo dal volto umano” al fine di restituire una garanzia minima dei diritti umani e una riduzione della persecuzione politica. L’adesione di Kundera a queste idee ne decretò il definitivo allontanamento dal partito dal quale era stato già scacciato, questa volta perdendo anche il lavoro e la patria.
La prima pubblicazione parziale di alcune di queste novelle produsse dunque l’effetto di fare di Kundera una voce scomoda. In effetti i racconti, raccolti successivamente in “Amori ridicoli”, restituiscono una rappresentazione ironica di una società pesantemente condizionata dal potere centrale. Si sente l’oppressione, si risente dello stato d’animo dei protagonisti abituati al rispetto dello scenario di facciata la cui etichetta va rispettata per evitare effetti tanto sgradevoli quanto indefiniti. Pare quasi che l’unico margine di libertà, vera, sia circoscrivibile alle scelte che l’individuo compie dentro i confini, anch’essi però stretti, delicati, pericolosi, dei rapporti amorosi o della vita sessuale non necessariamente inserita in un rapporto d’amore. I personaggi che si incontrano possono essere dentro una relazione canonica o incappare in un incontro fortuito, possono perdere o guadagnare tutto, rimangono in un modo o nell’altro invischiati in una situazione che supera il quotidiano, trascende il reale, apre una breccia momentanea in una dimensione di lucida comprensione per poi richiudersi nella dimensione del presente vissuto, carico ora di una nuova e sempre dolorosa consapevolezza.
Il primo racconto, dal titolo “Nessuno riderà” ne è un esempio bellissimo ed emblematico. La situazione rappresentata finisce col restituirci quel famoso “sentimento del contrario” che come teorizzò efficacemente Pirandello è la matrice di ogni umorismo.
Comico in questa accezione e di più ridicolo, è il primo amore ingabbiato da un’atmosfera di sospetto e di persecuzione a causa di un evento tanto fortuito quanto distruttivo. Un docente universitario, braccato da un ammiratore che gli chiede un parere favorevole al fine di spingere la pubblicazione di un suo scritto, non capace di rifiutarglielo esplicitamente- lo trova non tanto uno studio quanto uno scritto compilativo- crea una menzogna che sconfina in diffamazione generando un effetto a catena che culmina nella dissoluzione della sua vita di coppia. È il racconto per me più intenso e riuscito. Molto interessanti comunque anche gli effetti prodotti da “Il falso autostop” con il quale il narratore ci trascina dentro il gioco di una coppia di amanti che non riescono a gestire la farsa da loro messa in scena il primo giorno di vacanza. Il rapporto d’amore è fragile, gioca su delicati equilibri e inevitabili accomodamenti, non sfugge al tema della doppiezza umana e della conseguente maschera. A questa percezione si accompagnano via via che ci si addentra nella lettura, piacevolmente incuriositi, i temi che poi avranno uno sviluppo ben più argomentato nel suo romanzo più famoso: fugacità della vita, irripetibilità di ogni suo attimo, incapacità umana di capire il presente, affermazione dell’io ( maschile e femminile) tramite la sfera sessuale, ricerca costante di affermazione individuale. Gli esiti non sono sempre corrispondenti al mio gusto personale ma la lettura è gradevole e consigliabile.