Narrativa straniera Racconti di viaggio Un pellegrino ad Angkor
 

Un pellegrino ad Angkor Un pellegrino ad Angkor

Un pellegrino ad Angkor

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Ancora ragazzo, Loti scopre il maestoso tempio di Angkor su una vecchia rivista coloniale e ne resta affascinato. Anni dopo, nel 1901, una spedizione lo condurrà in pellegrinaggio nei luoghi dei suoi sogni d'infanzia. Durante l'avventuroso viaggio verso la mitica città khmer, lungo il corso del Mekong, i villaggi e le foreste cambogiane, Loti annota impressioni ed emozioni, ritraendo con vivide descrizioni la realtà che via via gli si svela. Le pagine di Loti, pervase dal sentimento di stupore e soggezione che la magnificenza delle antiche rovine suscita in lui, trasmettono la sua certezza di trovarsi in un paese dove sopravvive ancora una cultura preziosa e raffinata. Connotato da un forte potere evocativo, questo diario è ancora oggi in grado di far rivivere al lettore la meraviglia della scoperta.



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Un pellegrino ad Angkor 2015-05-05 08:00:51 Mephixto
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Mephixto Opinione inserita da Mephixto    05 Mag, 2015
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In viaggio con Loti

Come spesso si suol’ dire” non è la destinazione che conta, ma il viaggio” e in effetti Pierre Loti riesce ad affascinarci parecchio con il suo viaggio nella foresta tropicale sino-cambogiana.
Pier Loti al secolo Louis Marie Julien Viaud: fu un ufficiale della marina Francese, ebbe la fortuna di girare il mondo grazie a due cose fondamentali: lo spirito d’avventura e il fatto di riuscire a scroccare i viaggi alla madre patria; la quale lo trascinò a zonzo per le colonie Francesi, e oltre. Quindi il nostro Loti era un viaggiatore d’altri tempi,si ma… per quanto i tempi possano cambiare, l’ influsso che Angkor emana, non che la stessa via per giungervi, rimangono invariati oggi come allora.
Sono giunto a questo diario di viaggio grazie a Tiziano Terzani “Un indovino mi disse” ( E a CUB che neanche a farlo apposta a recensito e rammentato al sottoscritto ciò che si era ripromesso di leggere) che lo cita proprio in funzione del suo viaggio Angkor; il quale per giungervi si rende conto è giunto in questo luogo magico quasi nella stesso modo in cui Loti vi giunse un secolo prima.
Loti racconta di questo suo viaggio con semplicità e dovizia di particolari. Con un linguaggio azzeccato e fluente ci fa risalire la corrente del Mekong, il quale si snoda nella lussureggiante jungla siamese, calma, immutabile e viva. Il testo si compone di andata,ritorno e soggiorno e non ci ammorba con date o cronache di storia anzi, ci esorta a sognare e a ripercorrere quelle splendide e affascinanti usanze e tradizioni che furono il cuore pulsante del grande impero Khmer .
Il testo si compone di poche pagine: sinceramente le trovo giuste! ne poche ne tante. La narrazione in prima persona è avvolgente, ci trasporta in quest’epoca relativamente vicina, ma cosi remota in termini tecnologici e culturali. Loti dimostra una spiccato senso culturale e di apertura verso il diverso, ai miei occhi pare quasi d’ascoltare un viaggiatore moderno, che narra di un viaggio svoltosi un secolo prima. (Colpa della traduzione ? non importa il risultato è ottimo.)
In conclusione se anelate il caldo asfissiate tropicale, le torrenziali piogge monsoniche e il fascino di una natura quasi incontaminata, è il testo che fa per voi. Intanto io corro a imbarcarmi per un nuovo viaggio con Loti.
Buon viaggio , Viaggiatori !

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Un pellegrino ad Angkor 2014-12-30 17:28:14 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    30 Dicembre, 2014
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Tra i fichi delle rovine

Un viaggiatore ante litteram Pierre Loti.
“Un pellegrino ad Angkor” è un piccolo gioiello letterario che ci permette di fare un salto indietro nel tempo di oltre un secolo e passeggiare tra le splendide rovine cambogiane accompagnati dalle parole suggestive di Pierre.
Il francese fin da giovanissimo, sfogliando vecchie fotografie ingiallite riposte in soffitta, sognava ad occhi aperti di poter raggiungere un giorno quelle terre lontane.
E così fu, come documentano questa manciata di pagine culla di immagini talmente vivide da poter percepire gli odori della giungla che avvolgeva e avvolge ancora oggi le rovine come un abito.

Lo scritto di Loti rifugge dallo stampo diaristico inteso come narrazione in sequenza di tappe e luoghi; il francese va oltre, infondendo al suo racconto una potenza descrittiva degna della miglior penna, senza tralasciare una carica emotiva travolgente, fatta di stupore, di osservazione minuziosa con gli occhi, con le orecchie e col cuore.
Concordo con taluni critici che lo definiscono “un impressionista”, perchè il colore che imprime alle sue immagini è notevole.

Siamo agli albori del 1900, lontani anni luce dal turismo di massa, dalle comodità dei mezzi di trasporto e visitare il sito di Angkor può ancora definirsi un pellegrinaggio, un'esperienza ammantata di misticismo.
Quello descritto è ancora il regno del silenzio, luogo dì simbiosi tra mondo animale e vegetale.
Loti cammina in punta di piedi, con la consapevolezza di essere immerso in secoli di storia; ogni singola pietra trasuda ricordi di una civiltà che non c'è più ed egli riesce a captarne l'essenza più profonda.

Una lettura imperdibile per chi arde come viaggiatore e per chi ama porsi all'ascolto di un uomo che ha attraversato continenti diversi osservandone culture e tradizioni.

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Un pellegrino ad Angkor 2014-12-05 08:28:57 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    05 Dicembre, 2014
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In Cambogia, un secolo fa

Nato in Francia nel 1850, ufficiale di marina,  Louis Marie Julien Viaud noto come Pierre Loti viaggio' molto e dai suoi spostamenti nacquero altrettanti scritti. L'aneddoto che richiama il libro qui descritto ci riporta ad una giornata di ragazzo, quando nel suo rifugio resto' ammaliato, sfogliando una rivista, dalle immagini dei templi cambogiani.
Un fremito, un presagio, un desiderio, chissa'. 
Trentacinque anni dopo, nel 1901, in occasione di una spedizione nei mari di Cina, Pierre sfrutto' la lunga sosta della corazzata  a Saigon per avventurarsi finalmente nel Siam, presso le magnifiche rovine di Angkor Wat allora protettorato francese.

Strutturato come diario, la sensazione di frazionamento che spesso caratterizza il genere e' assente a favore del flusso continuo in monologo, riflessione, racconto di un itinerario che si focalizza piu' sui luoghi che non sul mezzo per raggiungerli. Non ci si sofferma tanto sull'avventura dell'uomo nella foresta - materia di certo puntigliosa vista la carenza di mezzi di trasporto e le febbri malariche poco compatibili con le difese immunitarie europee - quanto su una appassionata e dettagliata descrizione degli spazi e dei suoi abitanti .
Cio' che spicca incantevole in questo viaggio avvenuto piu' di un secolo fa e' certamente un'assenza. L'assenza del turismo di massa. 
Eccoci allora , scortati da un interprete e una guida , galleggiare inebetiti a bordo di una canoa di legno sulle acque del Mekong e a seguire, con un carretto trainato da bufali, giungere a Siem Reap e alle maestose torri di pietra grigia che svettano nel folto della foresta.
Ode al silenzio, allo stupore, alla contemplazione, alla solitudine, alla cantilena dei bonzi, al mormorio degli animali della giungla colossale, al fruscio di ali di piccoli insetti, al ticchettio delle gocce di rugiada e dell'umidita' che impregnano le vesti piu' della pioggia. 
Felci, humus e radici rivendicano il territorio, nelle orme di una civilta' millenaria ormai estinta la natura abbraccia rovine in un rigoglioso e impenetrabile intricarsi di verde, di linfa, di vita. L'uomo e' decisamente un intruso, questa e' la sensazione prevalente e preziosa che ci trasmette il volumetto.
Bella la penna e ottima la traduzione, una chicca breve ed intensa, uno dei pochi mezzi che ci restano per rivivere un sito nella sua completezza : Angkor Wat nel mistero, nella pace, nel rispetto dei suoi luoghi magici. Buona lettura, ma soprattutto buon viaggio.


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