Scompartimento n. 6
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Due mondi estranei e lontani
Siamo negli anni ottanta sulla Transiberiana, la leggendaria ferrovia che porta da San Pietroburgo sino a Ulan Bator in Mongolia, e traversa l'Europa orientale e l'Asia settentrionale impiegando oltre una settimana di tempo.
Nello scompartimento numero sei una ragazza finlandese timida e riservata, tormentata dai ricordi dell'amore con un moscovita entrato in manicomio, si trova a dover convivere per l'intera durata del viaggio con un estraneo, un rude e violento uomo russo sciovinista, misogino e sbevazzatore di vodka che si reca a destinazione per lavoro.
Ovviamente non sarà cosa facile, soprattutto per la giovane donna.
La sapiente descrizione dei caratteristici paesaggi e della taiga innevata che scorre fuori da quel finestrino è un potente propulsore che invita al prosieguo della lettura anche quando il 'nostro' personaggio maschile si renderà odioso, più di quanto già non sia, esternando e vomitando le sue folli teorie sulla donna e sulla vita in generale, per lui così come per tanti altri maschi nativi della grande madre Russia, piena di istinti brutali nel tentativo di sopperire alla disillusione e al vuoto circostante.
Tra queste righe si specchiano dunque le due realtà che muovono il mondo, quella femminile e quella maschile, attraverso crude verità che lasciano spazio a riflessioni.
Non solo, Rosa Liksom è abilissima nel restituirci l'idea della perenne nostalgia del popolo russo che vive costantemente nella disillusione e nella fierezza per il rimpianto del passato, come dire, in un eterno sogno cechoviano.
E se in alcuni passaggi la crudezza di certe desolanti realtà (oltretutto se lette da occhi femminili) intristisce quasi invogliando a mollare la lettura, l'ultima pagina ha il sorprendente potere di ristabilire equilibri volgendo verso un futuro più luminoso e positivo.
Quest'opera, finalista al Premio Strega Europeo e vincitrice del Premio Finlandia, è indicata – almeno a mio sindacabile parere – per un lettore che non sia solo amante del viaggio e di lande sconosciute ma anche particolarmente bramoso di tuffarsi nel cuore del patriottismo ormai rassegnato di un popolo che si vanta e si consuma nel continuo rimpianto dell'antica maestosità dell'Impero.
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Un viaggio nella rassegnazione
La Transiberiana è la ferrovia che attraversa l’Eurasia, che collega Russia europea, e la capitale russa, alle regioni centrali della Siberia e quelle orientali dell’l’Estremo Oriente russo. La sua lunghezza di circa 10.000 km ne fa la ferrovia più lunga nel mondo, rimanendo l’unica che percorre tali distanze dopo l’abolizione, in tempi recenti, del famoso Orient Express molto conosciuto e descritto in romanzi e avventure.
La vicenda ha luogo, appunto, lungo la tratta che collega Mosca a Ulan Bator, capitale della Mongolia, nella Russia degli anni ’80; due estranei si trovano a condividere lo stesso scompartimento: una studentessa finlandese, timida e riservata, e un proletario russo dal carattere rozzo e violento che è molto attaccato alla bottiglia di vodka. Un lungo in viaggio per mezzo della famosa o famigerata transiberiana con tutti i suoi pregi e molti difetti; la descrizione acuta e spietata della natura selvaggia, dei vari personaggi e dei luoghi che si incontrano immersi nella loro tradizione, miseria e crudeltà. Attraverso i finestrini si intravvede il lento disfacimento dell’Unione Sovietica propedeutico al successivo distacco delle tante repubbliche sovietiche dalla grande madre Russia; le soste forzate nelle stazioni sono inquietanti e inducono a una sorta di depressione: la convivenza dei due viaggiatori, caratterialmente così diversi tanto da creare costante tensione, fa riflettere sui ruoli di entrambi e su cosa cercano in un futuro incerto.
Il viaggio fisico si trasforma in spazio mentale che induce alla valutazione su un mondo diverso dai canoni occidentali ma che scorre comunque in avanti fino all'ineludibile arrivo.
Un romanzo che rappresenta, in maniera speculare, la società sovietica degli anni ’80 con tutti i suoi paradossi e contraddizioni, che anela a un altro modello sociale idoneo a una svolta epocale che abbatta tutte le sovrastrutture radicate sin dalla rivoluzione bolscevica del 1917.